PISTOIA. [l.c.] Il criterio direttore della sostenibilità economica, ambientale e sociale appare troppe volte disgiunto dalle scelte dei governi nazionali e dei diversi attori della sfera economica.
Cerchiamo di capire, oggi con un contributo di Giuliano Ciampolini, perché l’ambientalismo, anche se avanza proposte utili, resta in minoranza e per quale motivo al mondo politico manchi la consapevolezza che un quadro normativo rispettoso dell’ecosistema permetterebbe, non solo e non tanto alle generazioni future, ma a quelle attuali, di poter disporre di una indubbiamente maggiore qualità della vita, come ormai riscontrabile in ogni episodio di cronaca, locale o globale, settoriale o complesso.
Dal mio punto di vista sarebbe impossibile – come per chiunque – rispondere alla domanda opposta, cioè su come possiamo far diventare maggioranza una piena consapevolezza ecologica che porti a cambiare radicalmente (tramite un governo democratico del nostro Paese, come dell’Europa e del mondo) le logiche naturali del libero mercato, dello sviluppismo, degli affari, dei profitti e degli egoismi individuali.
È assai più facile provare a rispondere alla domanda sul perché l’ambientalismo (scientifico, cioè quello serio) è minoranza.
Negli ultimi 50 anni (assai più che nei secoli passati) è stata vissuta una concezione del progresso e della modernità che consisteva in una stretta identificazione del benessere con un crescente consumismo individuale: cioè, il benessere è stato concepito come conseguenza della capacità di guadagnare il massimo possibile per acquistare i beni ed i prodotti che la grande macchina (strutturale e sovrastrutturale) dell’economia di mercato ha offerto e continua ad offrire; quindi la quasi totalità delle persone ha finalizzato la propria vita non alla “qualità” ma al denaro (ovviamente quanto ciascuna persona aveva la possibilità e la capacità di “guadagnare”) necessario ad acquistare quanto desiderava tra le molteplici offerte del “libero mercato” (che, nella sua logica, ignora totalmente i diritti umani e ambientali e si orienta in base ai molteplici desideri di chi possiede denaro per realizzarli).
Insomma, a mio parere, la mega macchina del libero mercato e dei conseguenti egoismi individuali ha formato la coscienza individuale di quasi tutte le persone e certo non poteva e non può essere questa megamacchina a far prendere consapevolezza alle persone che il modello di sviluppo quantitativo dell’economia, del denaro e degli egoismi individuali avrebbe provocato conseguenze devastanti:
- – sulla qualità dell’aria, delle acque, del suolo (cioè delle condizioni primarie per la salute e la qualità della vita);
- – sulle materie prime che la terra ha accumulato in miliardi di anni e che si stanno rapidamente esaurendo (a partire dal petrolio);
- – sull’equilibrio ecologico che aveva determinato varie tipologie di vita in varie parti del pianeta terra, che stanno subendo drastici cambiamenti (effetto serra, ecc.).
Solo la politica, una politica diversa, non subalterna alle logiche del libero mercato e quindi al servizio del “bene comune” e dei “beni comuni”, può contribuire a far acquisire una crescente consapevolezza ecologica in tante persone e può cercare di ridurre le conseguenze drammatiche che provocano le logiche del capitale e del libero mercato tramite i loro governi, i loro mass media ed i loro eserciti.
Chi ha cercato di far vedere in anticipo le conseguenze drammatiche dello sviluppo quantitativo imposto dalle logiche naturali dell’economia di mercato (il Club di Roma, Laura Conti, Giorgio Nebbia, Enrico Berlinguer con il discorso sull’austerità, gli scienziati che hanno realizzato studi per l’Onu, Gorbaciov nel discorso del 1989 all’Onu, ecc. ecc.) si è trovato del tutto controcorrente rispetto alla gigantesca megamacchina del libero mercato e quando si è controcorrente è inevitabile trovarsi in minoranza nella “condivisione culturale” e in piccolissime minoranze tra chi cerca di mettere in pratica quotidiana la propria consapevolezza.
Il mio ragionamento (non essendo di tipo ideologico/utopista) ovviamente non pensa che sia possibile (in un orizzonte vedibile) sostituire il “libero mercato” con un sistema economico che funzioni in base al bene comune di ogni comunità (locale, nazionale, europea e mondiale) e quindi il far diventare maggioritaria la consapevolezza ecologica ed i conseguenti cambiamenti nell’economia, nella finanza, nei comportamenti quotidiani: penso sia impossibile e “la parte possibile” la vedo affidata solo ad un cambiamento culturale provocato in parte dai disastri che sta provocando il sistema quantitativamente sviluppista sulla salute delle persone e in parte al prendere coscienza che, in alternativa al denaro per alimentare il modello di vita individualista/consumista, può esserci un’altra concezione del ben-essere che si basa anch’essa sul diritto al lavoro per guadagnare quanto è necessario per una vita qualitativamente diversa, ma anche sulla rinuncia volontaria a tanta parte del consumismo, a vantaggio dello sviluppo dei “beni comuni” da cui dipendono i diritti umani fondamentali e a vantaggio anche il tempo libero dal lavoro per dedicarlo a tante relazioni umane e passioni che finora sono state trascurate anche per assenza di tempo (sarebbe già un cambiamento enorme se tante persone iniziassero a dare meno valore al denaro necessario per il consumismo e più valore al tempo libero necessario per coltivare le passioni e le relazioni umane che quasi tutte le persone trascurano nel corso della propria vita).
Siamo sicuramente molto lontani dal far uscire le proposte ecologiste da una condizione minoritaria: lo evidenzia il fatto che quasi tutta la politica (della destra e anche del Pd renziano) propone di uscire dalla crisi economica rilanciando la crescita (economica e consumista) che abbiamo avuto fino al 2007 e quasi nessuno prende in seria considerazione le proposte programmatiche realistiche (per uno sviluppo qualitativamente diverso e per stili di vita qualitativamente diversi) promosse da oltre 15 anni dalla campagna nazionale ”Sbilanciamoci!” promossa da tante Associazioni (che, in parte, correggerebbero le conseguenze disastrose provocate dallo sviluppismo senza limiti che propone/impone il libero mercato).
Io vedo in Sinistra Ecologia Libertà il soggetto politico più seriamente vicino alle proposte programmatiche di Sbilanciamoci! (il gruppo di economisti e associazioni che discute, analizza criticamente l’economia proponendo gli approfonditi rapporti Sbilanciamoci e le famose controfinanziarie – n.d.r.), ma è chiaramente un soggetto politico assai inadeguato, non solo per le inevitabili contraddizioni (tra i dirigenti, i militanti e gli elettori di Sel), ma anche perché è talmente piccolo da non poter esercitare un “peso politico” nelle Istituzioni democratiche dove vengono decise alcune scelte che potrebbero correggere, sia pure in piccola parte, le tendenze naturali/sviluppiste del libero mercato, destinando il denaro pubblico alla realizzazione delle proposte di Sbilanciamoci!
Quindi, su come far crescere la consapevolezza, la partecipazione ed i consensi elettorali per chi propone una politica diversa, democratica, socialmente più giusta ed ecologicamente più sostenibile nel nostro Paese (di conseguenza sarebbe il nostro contributo al futuro del pianeta terra), non saprei davvero come possiamo riuscirci.
Giuliano Ciampolini, ex operaio tessile
P.S. – Anche tra gli operai tessili mi sentivo un “marziano”: mi sono sempre accontentato del poco salario che mi dava l’orario minimo contrattuale: ho sempre lavorato più a corsa di altri per evitare che mi venisse chiesto di fare straordinari, mentre la stragrande maggioranza degli operai volevano fare gli straordinari perché davano valore ad un salario più alto (indubbiamente utile anche per necessità primarie) e pochissimo valore al tempo libero e alla qualità della vita (che poi, a pensarci bene, io ho utilizzato solo per la mia passione per la politica, per un’altra politica alternativa a quella vincente… che ora pretende persino una torsione autoritaria della Costituzione Repubblicana per imporre le scelte della megamacchina del libero mercato con minori ostacoli, lacci e lacciuoli).
Vedi anche le opinioni di: Pier Luigi Palandri, Mauro Banchini, Carlo Dami.
4 thoughts on “PERCHÉ L’AMBIENTALISMO RESTA SEMPRE IN MINORANZA? – 4”
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