PISTOIA. Ancora nel 2014 il nostro Paese si trova senza una vera politica energetica e, cosa altrettanto grave, si mette a rincorrere improbabili piani di trivellazioni petrolifere al largo delle coste del belpaese (vedi), proprio quelle al largo delle quali non si vuole inspiegabilmente installare le pale eoliche off-shore, ormai diffuse in tutta Europa.
Umberto Mazzantini, redattore di Greenreport, il quotidiano dell’economia ecologica, a margine delle tappe in Mozambico, Angola e Congo del premier italiano, Renzi “il Bomba”, per la stipula di accordi energetici sui giacimenti gasieri scoperti dall’Eni, così scrive: «La visita di Renzi in Africa sembra più quella di un piazzista dell’Eni che quella di un premier di uno Stato democratico, e la “tecnica” utilizzata sembra ormai essere quella “cinese”, adottata anche da democrazie che poi si scoprono “selettive” se si parla di Ucraina o Gaza: accordi e pacche sulle spalle con tutti e nessuna domanda sui diritti umani e le libertà di opinione».
Non aggiungiamo altro e lasciamo spazio alle considerazioni di Fabrizio Geri, già consigliere comunale dei Verdi:
Innanzitutto preciserei che solo in Italia l’ambientalismo è rimasto al palo: nel resto d’Europa troviamo prassi virtuose e ottimi risultati raggiunti. L’Italia colleziona ben 27 procedure d’infrazione alla legislazione comunitaria in campo ambientale, segno che da Bruxelles non abbiamo imparato niente. La risposta sarebbe scontata ma merita di essere approfondita, analizzata circostanziata con nomi e fatti, eloquenti e chiari. Mi dilungherò un po’ più del dovuto ma preferisco svolgere due ordini di considerazioni: nazionali e locali, calando in maniera semplificata l’ecologismo nella quotidianità e facendolo toccare con mano anche ai non addetti .
L’ambientalismo, e lo dico da ambientalista ed animalista non certo dell’ultima ora, da noi è stato sempre ridotto ad una marionetta, ad un espediente per sciacquarsi la bocca. Dal referendum sul nucleare del 1987 abbiamo avuto un totale declino, non per incapacità di chi si occupava di ambiente come i Verdi, ma per la prepotenza dei tanti che hanno ignorato e boicottato l’ecologia. I peggiori in assoluto sono stati i politici del cosiddetto centrosinistra, coi governi Prodi e D’Alema.
Ieri Ds e oggi Pd o comunque renziani. Il ministro Bersani, con i Verdi al governo, reintrodusse di nascosto il famoso Cip 6, cioè gli incentivi, per inceneritori e prodotti petroliferi ad alto tenore di zolfo e carbonio che il ministro Pecoraro Scanio aveva ragionevolmente bloccato. Infatti da noi la politica sui rifiuti si fonda su quest’assurda droga che assimila i cancrovalorizzatori alle fonti rinnovabili e ciò spiega in parte il gap con l’Europa.
Non è vero, come dice qualcuno in mala fede dandoci pure di impresentabili, che i Verdi dicevano solo di no a tutto: è vero proprio il contrario, i vari governi, nazionali e regionali, hanno avuto i numeri per affossare i nostri programmi, scientificamente ed economicamente supportati. Prova provata è il disastro-Campania, dove Bassolino e Iervolino fumarono centinaia di milioni di euro di tutti senza venire a capo dell’emergenza. Noi chiedevamo di attivare la separazione della frazione organica e degli imballaggi, per avviarli agli impianti di riciclo: così, non ascoltandoci ma accusandoci, le varie maggiorane condannarono il paese.
Centrodestra e centrosinistra hanno perseguito una politica industriale di rapina e di assistenza a finti imprenditori privi di capacità, spesso concessionari di settori strategici, senza spingere le industrie a riconvertire apparati manifatturieri ottocenteschi e a puntare su innovazione tecnologica, come invece è successo altrove.
Le storiche e tradizionali industrie del made in Italy sono state rilevati da gruppi stranieri o sono andate all’estero. Tranne rare e lodevoli realtà, che hanno investito spontaneamente comprendendo il vantaggio, anche per loro, di prodotti e processi puliti, i risultati sono sotto gli occhi di tutti: inquinamento ambientale e relativi disastri sanitari delle tante terre dei fuochi, come Taranto, che preferiamo non vedere.
Ma che hanno conseguenze costosissime per la sanità. Abbiamo così avuto in Parlamento superstiti di grandi tragedie, utili solo per le tornate elettorali. È il caso della TyssenKrupp: condizioni lavorative e produttive da terzo mondo, proprio dove governavano Chiamparino e la Bresso, mentre Fassino e la Turco, piemontesi, erano ministri.
Sono state poi create illusorie aspettative che hanno fatto credere a tanti che l’ambientalismo scientifico fosse un freno alla ricchezza e al benessere. Sempre con l’obiettivo di creare consenso elettorale, dare appalti e consulenze, sono state finanziate grandi opere inutili e cattedrali nel deserto su cui ormai si possono scrivere enciclopedie.
E purtroppo è la stessa direzione in cui prevalentemente va l’attuale decreto Sblocca Italia del signor Bean: un decreto che vuole concedere tutto a tutti ma che esclude categoricamente le priorità del paese. Mentre infatti si danno soldi ai vari Mose, Expo, Orte-Mestre … l’Italia si allaga: tanto nella piana pistoiese, dove poche ore di pioggia hanno saturato il reticolo idraulico minore, quanto nel trevigiano, colpito dal consueto “evento eccezionale”.
Tanti strizzano poi l’occhio all’ambientalismo e ne diventano sostenitori quando subentra la sindrome del Nimby: ricordo che nel 2011, nel periodo dei 4 referendum, tra cui acqua e nucleare, i presidenti delle regioni del Nord, motore economico nazionale, cioè Formigoni, Zaia e Cota, dichiaravano che il nucleare era giusto e andava fatto, ma non nelle loro regioni, già sature di centrali elettriche, bensì in Slovenia, paesi dell’ex Jugoslavia e Albania.
Il solito teatrino all’italiana, dove ovviamente la responsabilità è tanto dei politici quanto degli elettori che li appoggiano continuando a votarli e a credere al lupo cattivo.
Veniamo a Pistoia. Potrei limitarmi a elencare scelte scellerate e di chiusura alla modernità, come il previsto Parco delle Tre Limentre, cestinato dall’allora presidente Venturi, che oggi poteva essere un importante volano per la nostra montagna.
Dopo l’alluvione in Lunigiana in Consiglio Comunale si discuteva se era opportuno consentire la vasetteria nelle stepping stones: nonostante che anche i tecnici comunali (Agostini, Bragagnolo) suggerissero di lasciare quella aree per il vivaismo a pieno campo per non impermeabilizzarle, la maggioranza volle imporre la vasetteria, pensando all’interesse di breve periodo del settore economico trainante e non alle possibili conseguenze. Ricordo anche che l’assessore Tuci e la maggioranza del CC bocciarono le mie proposte dei cassonetti a scomparsa nelle nuove urbanizzazioni (a Firenze addirittura l’ebetino le ha fatte …) e la raccolta degli oli vegetali di frittura.
A Prato, in Valdinievole e a Quarrata questi ultimi vengono raccolti e inseriti nei circuiti della green economy, Pistoia si conferma invece eternamente al contrario. Proposi poi una moratoria sulle nuove costruzioni: si avevano dati di migliaia di alloggi vuoti ma ugualmente si andò dietro al mattone, col risultato che qualche impresa ci ha battuto la testa. Peccato non aver ascoltato le ragioni dell’ecologia, oggi quelle imprese avrebbero potuto essere in piedi e in salute e magari lavorare demolendo il vecchio e ricostruire.
Ma la peggiore figura la politica locale l’ha fatta abdicando alla propria funzione, lasciando cioè a soggetti privati di disporre arbitrariamente della città e farne scempio. Così è successo con la marchetta pagata a Tvl dell’amico Luigi Bardelli, a cui si è concesso di devastare l’ultimo spazio verde di via Desideri, dove sono da poco ripresi i lavori dell’ecomostro della Fondazione Maria Assunta in Cielo.
Addirittura noi consiglieri fummo invitati alla posa della prima pietra prima che venisse votata quell’abominevole costruzione: in comune furono portati i ragazzi disabili e le telecamere di Tvl a riprendere la votazione. Neanche nei film di Totò.
Ugualmente è successo concedendo alla “chiesa” di occupare territorio, come a Capostrada, con la canonica nel deserto, o a Valdibrana, col faraonico centro mariano fermo da anni e l’area archeologica/parcheggio che non c’è. Tutto senza capo né coda e con business plann inesistenti che sarebbero stati invece richiesti ad un normale cittadino o imprenditore che si rivolge alle banche.
E infine è successo così con la Fondazione Cassa di Risparmio, cui si è concesso di devastare una pineta eccezionale a ridosso del Ceppo: lo osservò sgomento Pierluigi Cervellati, dicendo a me e ad Andrea Fusari che giudicava un’idiozia abbattere un parco del centro. Per poi farci un padiglione di emodialisi artistico, appena prima che si realizzasse il nuovo ospedale creando l’handicap già denunciato della doppia dialisi.
Del resto l’ordine del nuovo presidio, in un’area vincolata come il campo di volo, era partito da Roma e da Firenze e il comune doveva solo ratificare.
Alla Fondazione e alla Misericordia, ulteriore marchetta, si è permesso anche di fare le palazzine al parco della Vergine, polmone della zona che ospitava la festa dell’amicizia.
Martino Bianchi, che lo donò a Pistoia, si rigira nella tomba.
E per finire, sempre la Fondazione si appropria di un giardino e ci mette le sue belle statuine, quando invece la politica dovrebbe indirizzarla su esigenze vere, come il Villon Puccini. Il consigliere e amico Tomasi ha scoperto che per le belle statuine le spese ammontano a più di 890mila euro e non a 700mila come a suo tempo stigmatizzai.
Morale della favola è che comune e politica sono prostrati come donzelle di Arcore a Fondazione, Publiacqua, Asl e simili. Questi enti, scientemente creati, sono i veri centri di potere, che muovono soldi ma purtroppo tirano l’acqua al loro mulino, non a beneficio della comunità ma ad esclusiva utilità dei loro membri e sodali. Lo si vede anche dallo scandalo della discarica di ceneri sotto l’inceneritore di Montale: Asl e Arpat sono informati ma tutto tace e nessuno si muove per disinnescare la bomba ecologica. Idem con i pesticidi nella acque di falda e superficie a Quarrata.
L’unica speranza è che i vari cani sciolti ed i cittadini che credono nella partecipazione attiva possano impegnarsi per riportare il primato dell’interesse generale laddove si prendono le decisioni, il che equivale a dire mettere in pratica le ricette dell’ambientalismo, utili per la collettività e vincenti nel medio e lungo periodo.
Fabrizio Geri
Vedi anche:
3 thoughts on “PERCHÉ L’AMBIENTALISMO RESTA SEMPRE IN MINORANZA? – 6”
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