UNA PROPOSTA PER LA SFILATA STORICA DI SANT’JACOPO

La sfilata della Giostra dell'Orso
La sfilata della Giostra dell’Orso

PISTOIA. Riconoscendo a priori la buona volontà e la dedizione con cui il Comitato Cittadino Giostra dell’Orso si impegna nella sfilata in occasione del 25 luglio, debbo segnalare la totale discordanza con quanto accadeva realmente a Pistoia quattro o cinque secoli fa nella prossimità della ricorrenza del Santo Patrono.

Ecco come si svolgeva realmente la sfilata secondo quanto riferito, con dovizia di particolari, dal Prof. Alberto Chiappelli nel suo libro Città e terre mistiche. Pistoia, pubblicato nel 1923 da Libreria Editrice Fiorentina. Volume che chiunque può consultare in biblioteca naturalmente.

Città e terre mistiche, Alberto Chiappelli, 1923
Città e terre mistiche del Chiappelli

Il corteggio della processione religiosa, che dalla chiesa di San Francesco moveva, attraverso le vie della città, per riportare la reliquia di San Jacopo alla Cappella del Santo nella Cattedrale, era disposto nella seguente maniera:

I banditori del Comune ed una squadra di militi del Potestà erano a capo della processione. Dopo di costoro seguiva una schiera, il più spesso maschile ma talora anche femminile di suonatori di ventura, chi di liuto, chi di arpa, chi di organetti, chi di tamburi, chi di piffari, chi di trombetti, chi di baldese. Il più spesso costoro erano italiani, ma talora anche tedeschi o francesi.

Al seguito di costoro venivano istrioni, danzatori, atteggiatori e spiritelli accorsi a Pistoia per la ricorrenza della festa e che l’Opera di San Jacopo remunerava perché figurassero nella processione. Essi suonavano, cantavano, motteggiavano, danzavano ed imprimevano una nota assai gaia e singolare alla processione religiosa.

Gli abitanti della città e sobborghi non ascritti alle arti, venivano dopo due a due, con cero in mano, ed erano preceduti dai vessilli dei rispettivi quartieri. I maestri prima, poi i discepoli delle undici arti venivano di seguito ed ogni arte era preceduta dal pallio, che doveva essere offerto al Santo.
Seguivano poi nel corteggio le rappresentanze numerose dei comuni del contado e distretto coi pallii da offrirsi, ed erano con loro trombettieri e suonatori di tamburelli e cennamelle.

Un momento della giostra
Un momento della giostra

Di seguito alle rappresentanze pistoiesi procedevano quelle dei comuni, città e Signorie d’Italia, precedute ed accompagnate da araldi, da trombettieri, da sonatori di vari strumenti e da buffoni o atteggiatori.

Dopo di loro venivano i rappresentanti delle istituzioni pubbliche pistoiesi di carità portanti un cero acceso in mano, il Potestà di Pistoia colla sua corte e il suo seguito recante il pallio da offrirsi.

La rappresentanza del Comune di Pistoia veniva dopo il corteggio del Potestà ed era preceduta dal gonfalone, dagli araldi a cavallo, dei quali metà era vestita di rosso e metà di bianco con vesti dipinte, come pure erano dipinte le gualdrappe dei cavalli.

Agli araldi succedevano i trombettieri, i suonatori di nacchere e di cornamuse con tutti i loro strumenti decorati con ricchi pendenti.

I famigli del Magistrato Civico, nei loro particolari abbigliamenti, portavano seco il suntuoso pallio che il Magistrato donava al Santo. L’altro pallio ricchissimo da contendersi nella corsa dei cavalli del giorno seguente, nel quale ricorreva la festa patronale della città, era sostenuto da un araldo a cavallo in sfarzoso abbigliamento, per metà rosso e per metà bianco.

Dietro al Magistrato Civico ed ai palli seguivano le milizie, poi le religioni dei frati, i rettori delle chiese di città e di campagna, i beneficiati, il clero, il Capitolo della Cattedrale ed il Vescovo di Pistoia, nei loro speciali sfarzosi paramenti.

Dopo il clero ed il Vescovo stavano i due o tre carcerati destinati ad essere restituiti in libertà, appena che fosse stata fatta l’offerta loro all’altare di San Jacopo nella Cattedrale. Questi carcerati erano coperti di una veste di color verde, che li faceva distinguere dalle altre persone formanti parte del corteggio della processione. Il loro numero poteva variare d’anno in anno e potevano essere tanto gli uomini come le donne prescelti per la liberazione.

Al seguito dei prigionieri sotto un ricco baldacchino e sopra un altare portatile appariva il reliquario artistico di San Jacopo, circondato da varie diecine di fanciulli recanti torchi di cera accesi. Chiudeva il corteggio una squadra di milizia e dietro ad essa il popolo devoto.

Non mi pare di aver mai riscontrato nulla di simile nelle sfilate sin qui organizzate. Questa descrizione impone ovviamente una ricerca accurata, sui costumi dell’epoca, sulle armi dei militi e sugli strumenti musicali impiegati in quel tempo. È chiaro che cose simili non possono essere improvvisate né tanto meno affidate solo all’impegno, pur encomiabile, di volenterosi, ma richiedono uno studio, una ricerca e soprattutto una regia adeguata.

Sarebbe l’ora di cominciare a cambiare qualcosa considerando che molti stranieri giungono in città provvisti di guide come quella che ho appena citato ma che i pistoiesi sembrano ignorare. Vista poi la facilità con cui, pochi anni or sono, alcuni registi sono stati capaci di far ripiombare rapidamente la piazza del Duomo al medioevo con effetti a dir poco straordinari, potrebbe essere un’idea consultare Ugo Pagliai, cittadino pistoiese doc, abitante sulla Sala, per avere almeno indicazioni su chi potrebbe essere il regista di una sfilata all’altezza del nostro passato storico?

[*] – Lettore, ospite

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