“CATARTICA”, VENTI ANNI DI ‘ROCK ALTERNATIVE’

I Marlene Kuntz al Pecci
I Marlene Kuntz al Pecci

PRATO. Quando si riesce a stare per oltre venti anni sulla cresta dell’onda del mercato e del gradimento musicale, un motivo, anzi, più d’uno, dovrà pur esserci. La storia dei Marlene Kuntz, che ieri sera, venerdì 31 luglio, hanno catechizzato l’anfiteatro Pecci di Prato con il loro Catartica, cade a proposito.

Finite le scorpacciate non certo popolari di Pistoia e Lucca, con il Festival Blues e il Summer Festival, Prato si fa avanti per riempire il vuoto di spettacoli d’agosto e propone una rassegna di un dio minore.

Si inizia però con la band cuneese che è diventata, con il tempo e le prestazioni, uno dei punti di riferimento del rock alternative, uno stuolo di strumentisti e musicisti che dal 1990 ad oggi si sono alternati attorno al gruppo storico della formazione, ispirata alla diva cinematografica tedesca, Dietrich e al brano, Kuntz, appunto, dei Butthole Surfers.

Alla batteria, proprio come allora, Luca Bergia, così come alla chitarra, Riccardo Tesio: le new entry, nuove si fa per dire, sono Cristiano Godano all’altra chitarra e soprattutto alla voce e Luca Saporiti al basso, un sessionista che i MK tengono in debita considerazione. Prima di loro, l’organizzazione ha deciso di concedere le premesse della serata ad un quartetto senza nome, perfettamente sintonizzato attorno alla chitarra e alla voce, incomprensibile, del bandleader, Giancarlo Onorato, personaggio kafkiano, o semplicemente elemento prezioso dell’entourage di Cetto Laqualunque, se non vogliamo scomodare la psicanalisi.

Il martirio è durato cinque sei brani, poi, dopo un’ulteriore immotivata pausa, i quattro ragazzi piemontesi hanno fatto il loro ingresso. E fino ad una falsa chiusura, in scaletta, tutti i brani di quel Catartica, l’incisione che, nel 1995, fece spiccare il volo ai Marlene Kuntz, accompagnata, con imbarazzante fedeltà, da buona parte del pubblico, che oltre che cantare, perfettamente memorizzati, i brani dei loro beniamini, si sono anche protratti in sforzi titanici con la sintonica oscillazione del capo e l’estensione, verso il cielo, delle braccia, una complicità-condivisione che sembra non potersi scindere dal magma concertistico delle rockband di qualsiasi rango e tenore.

Cristiano Godano dei Marlene Kuntz
Cristiano Godano dei Marlene Kuntz

Silvano Martini, l’uomo-sicurezza ovunque, presente anche ieri sera, con negli occhi e sul telefonino ancora vive le emozioni per il concerto, gustato da spettatore, stavolta, di Lenny Kravitz, pensava, forse, che dopo le scampate fatiche di concerti decisamente a più alto rischio, ieri, al Pecci, la serata sarebbe scivolata via senza patemi, scossoni e stati improvvisi di allerta, pensando di poter circoscrivere i propri compiti alla sola logistica: ricordare ai fotografi al seguito dell’evento di non usare il flash e di limitarsi al bombardamento di clik nei soli primi tre brani, invitare il pubblico a non salire sulla mezza luna rialzata del palco e, in particolare, a non occupare, indebitamente, le vie di fuga.

E invece, Silvano e quelli dello staff security hanno dovuto fare ricorso a tutte le alchimie della pazienza, contenuta in sole raccomandazioni solo perché dopo trent’anni di concerti, i polli delle notti live li conoscono bene e sanno come metabolizzare i loro scomposti entusiasmi.

Anche Cristiano Godano, ad essere onesti, terminata la prima parte del concerto-omaggio dei propri trascorsi, ha invitato i propri fans a continuare a seguire il concerto come si trattasse di un semplice evento mondano.

Le parole del santone hanno sortito gli effetti desiderati; la seconda parte del concerto è scivolata via con maggiore disinvoltura: stanchezza e cervicale hanno abbassato i decibel adrenalinici della fetta più disallineata e dopo la proposta di altri sette brani che appartengono ai Marlene Kuntz terzo millennio, la serata ha chiuso i battenti.

Parecchi spettatori li abbiamo ritrovati, poco dopo, al Bar della Repubblica, la pasticceria che apre i bandoni alle 22:30, restando aperta tutta la notte: il saccottino appena sfornato alla cioccolata e il cappuccino sono state la vera alternative di una serata musicalmente così poco memorabile.

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