LAGO NERO-MONTAGNA. Si sale con la funivia della Val di Luce su fino al Passo di Annibale e mentre mi godo il panorama mi chiedo, giocando a prendere sul serio una leggenda, come facessero a camminare su quei sentieri gli enormi pachidermi, gli elefanti di Annibale. Chissà…
Mentre saliamo provo a immaginare e sorrido. Sorrido anche per il sole, per la bella giornata, per il verde dei mirtilli che velluta i fianchi delle Tre Potenze, e per i boschetti e poi… lassù, ecco il Passo. Un anno che non ci torno. E ora via per il Lago Nero, passando dal Lago Piatto che è argenteo nel sole che lo illumina di striscio, brilla come diamante a quest’ora del mattino.
Il passo è sostenuto per noi, lento forse per chi, più giovane, ci passa vicino e ci sorpassa.
Al Lago Nero vado quasi ogni anno dal 1960 (o era il ’61?). Una visita di affetto, di memorie, di bellezza per quel luogo incantato, fermo nel tempo, con il suo lago, i suoi tritoni, il suo rifugio che tante volte mi è stato rifugio alla stanchezza, al freddo, alla notte, ai canti con gli amici.
Dal sentiero in alto guardo il Lago. È sempre più piccolo per le piante infestanti, ma ancora bello nella magia di quella piccola valle, e poi guardo il rifugio, il suo tetto nuovo, le pareti che hanno sostituito il colonnato dell’ovile.
È aperto il rifugio. I due anni precedenti ci siamo arrivati e poi ripartiti, con gli amici, in piena nebbia. Quest’anno entro subito nel “sempreaperto” che fino all’anno scorso era un “semprechiuso”. Rimango di stucco: una piccola stanza pulita, attrezzata con due letti a castello (!) e un tavolo smontabile per cedere spazio.
La sorpresa è quanto mai piacevole. Entriamo nel rifugio, io un po’ arretrata mi siedo in disparte, e mi sorprendono le novità dall’anno scorso. Lo spazio è stato razionalizzato benissimo. Sembra triplicato dal tempo dei miei lontani ricordi. C’è una grande pulizia, alle pareti e dove è possibile quadri, stemmi, gagliardetti, che raccontano storie, e poi preghiere al vento e altri segni di amore per il buddismo.
Mi piace, mi concilia con l’ambiente, dà subito un segnale di pace e di serenità. Mi si avvicina un ragazzo sorridente che subito mi chiede se desidero un caffè o qualcosa da bere o da mangiare. Ringrazio e declino. Ammiro la sua gentilezza e il sorriso. Dopo poco facciamo amicizia. Ci raccontiamo cose, mi presenta il resto del rifugio: la camerata, i gabinetti. Sono davvero, davvero meravigliata, in maniera positiva, e penso al lungo lavoro che è occorso per fare tutto questo e per tenerlo così accogliente ed efficiente.
Penso ai finanziamenti della Fondazione Cassa di Risparmio che hanno per l’ennesima volta, dato possibilità di crescita e di sviluppo nella bellezza. Penso a tutti i soci Cai che hanno dato il contributo negli anni in presenze e lavoro.
Mi colpisce soprattutto la pulizia. Forse perché è tutto nuovo? Non credo. È pur sempre abitato da un gruppetto di ragazzi volontari che tengono il rifugio aperto, che certo mangiano, dormono sporcano, bevono, cantano. Che passano i loro tre mesi estivi al Rifugio a tagliare pane, salame, formaggio per i passanti, a offrire sciroppo di sambuco e crostate fatte da loro a turisti a volte vocianti e sbracati che entrando lì dentro e abbassano il volume della voce e imparano il silenzio dell’accoglienza.
Grazie a te che eri presente quel giorno e ai tuoi amici che non conosco, per la vostra bella disponibilità.
Grazie per questo Bivacco così efficiente e così spartano allo stesso tempo. Non ho notato niente che fosse un di più per una filosofia dell’essenziale quale è quella che ci insegna la via maestosa e semplice della montagna.
Mi hai detto che ci sono state anche critiche negative, così prima di scrivere me le sono andate a leggere. Mi hanno fatto bene. Ne è nato questo diario di un giorno di un’estate calda in cui ho trovato per l’ennesima volta ristoro nel Bivacco del Lago Nero: un amico, tenuto in vita dall’amore degli amici del Cai di Pistoia.
Lucia Focarelli