PISTOIA. Ultima puntata della chiacchierata/intervista con Fabrizio Geri.
– Spostiamoci un attimo sull’emergenza immigrazione. I profughi sono profughi delle nostre guerre: Finmeccanica è una delle poche in salute anche perché rifornisce di armi, direttamente o meno, Paesi da cui provengono i disperati. Però se non lo facesse Finmeccanica ci penserebbero altri, tanto vale smettere di dire “non vendiamogli più le armi” direbbe qualcuno…
Ma io prima faccio un altro ragionamento: investire massicciamente sulla cooperazione. Intendo dire che serve più andare nei Paesi caldi del medioriente e dell’Africa e realizzare là, con loro, scuole, ospedali e agricoltura biologica. Insegnandogli a pescare, non regalando il pesce e via.
Se là formiamo persone e classe dirigente, evitiamo gli esodi biblici. Lo ha capito e detto anche l’editorialista del giornale fondato da Gramsci, l’unità, l’evergreen Vittorio Sgarbi: lo possono capire anche i politici, così come si sono resi conto, con ritardo, dei cambiamenti climatici. Si dirà che mancano da noi gli ospedali, vabbè, ma la cooperazione non segue logiche finanziarie, creare scolarizzazione e presidi di civiltà in quei Paesi rimane l’unica soluzione per non avere sbarchi così come li vediamo oggi.
– Veniamo alla Fondazione: tanti i temi. Dalla successione all’indiscusso Paci, che ha patrimonializzato l’ente in maniera ineccepibile, al punto che i titoli Fresh non hanno fatto sentire grosse ripercussioni, fino ai non pochi aspetti da rivedere. Tipo il cosiddetto evento culturale Dialoghi sull’Uomo, un copia e incolla del Festival della Mente di Sarzana. Secondo molti non ha proprio senso e forse, visto il deficit di cultura scientifica e tecnologica, si dovrebbe guardare a altre esperienze come il Festival della Scienza di Bergamo, oppure eventi su sostenibilità, economia circolare e smart city. Anche perché, ripetono tanti altri, come contenuti lascia a desiderare: Afrodisiaka, la rassegna erotica di Montecatini, con i dibattiti su “omo-transfobia” ed “eros&disabilità”, ha offerto paradossalmente stimoli di riflessione più complessi e attuali. Infine si parla di una rassegna che rimane al di sotto dei festival simili, come il Festival della Filosofia di Modena o Vicino/Lontano di Udine…
Dunque, proprio a Udine ha insegnato Giorgio Petracchi, illustre luminare, di cui ho iniziato a leggere l’ultimo libro: “1915. L’Italia entra in guerra”.
Parliamo di un pistoiese di spessore europeo, che però non mi risulta abbia fatto sentire troppo la voce all’interno della Fondazione, magari per spingere un cambio di passo o per invitare a piantarla con i Monologhi sull’Uomo.
È palese, certo, che si tratta di un evento autoreferenziale, buono per avere applausi, masse festanti e sprecare mezzo milione di € a botta. Samuele (Bertinelli – n.d.r.), che è un filosofo, lo sa perfettamente e ne farebbe a meno, ma è costretto ad accettarlo altrimenti dal califfato chiudono i rubinetti e non ci sono più soldi per scuole e altre emergenze. Il bilancio andrebbe sotto e il Comune sarebbe commissariato.
Il mio ragionamento è semplice: siccome in Italia ci sono minimo 5mila laureati in conservazione del patrimonio e dovunque è pieno di monumenti da recuperare, la Fondazione dovrebbe finanziare restauri e soprattutto proposte per gestire il nostro petrolio.
Voi di Linee Future avete mostrato quello pistoiese su cui bisognerebbe agire quanto prima. Quindi: staccare subito la spina a spese spot (Monologhi) e lavorare sodo: molti maggiorenti della nostra pavida città mi confermano in privato che è giunta l’ora di aprire una nuova fase… Immagino comunque che per la successione al califfato del mitico Ivano ci saranno silenziosissime lotte senza quartiere, ovviamente nell’indifferenza dei più.
Recentemente sono entrati nel Consiglio Generale della Fondazioni nuovi nomi di comprovate capacità professionali o accademiche, penso a Marco Cei, a Elisabetta Meacci e a Giovanni Capecchi…
Questi innesti sono la mia speranza per un’autentica svolta della Fondazione, una svolta ambientalista, che guardi alla scienza, al patrimonio e al buon senso, abbandonando ammiccamenti al mattone (vergognosa cementificazione del giardino della Vergine, ex Martino Bianchi) e certi strani intrecci con la cosiddetta arte moderna.
– In effetti la Fondazione ha più o meno direttamente raso al suolo la corte-giardino del palazzo storico Buontalenti, il vecchio Monte Pio; e non basta certo un lodevolissimo giardino volante per rifarsi la verginità. Visto che l’ente di palazzo De’ Rossi, con la nota vicenda dell’acquisto del garage di un suo consigliere (a sua insaputa, ipse scripsit), l’Avv. Bujani (vedi anche qui), si è addirittura reso protagonista della distruzione un altro giardino che sul piano Cervellati figura ancora come vincolato e da preservare: quello di Via Abbi Pazienza sul retro di San Biagino. Insomma un salto di qualità sarebbe per tutti fondamentale…
Venendo a concludere, ti vedo sparare a zero, ma con elegante ironia e leggerezza, su quella “caricatura vivente che in un qualsiasi bar toscano sarebbe “zimbellato” come il bischero del paese, mentre in Italia de lo troviamo come premier” (citazione.). Così come spesso non risparmi i “paninari avvizziti e le droidi vuote” del Pd renziano, che, leggendo Linee Future, hanno generalmente un travaso di bile…
Ecco, lo posso dire oltre ogni sospetto e a testa alta: già nel 2006 scrissi a Greenreport, quotidiano dell’economia ecologica, una lettera (Lettera Geri greenreport) aperta, pubblicata, a quello che allora era un ebetino come tanti, finito non si sa come a fare il presidente della provincia di Firenze.
Capii che non era solo un dilettante allo sbaraglio, la cui manifesta incapacità inizia solo ora a essere toccata con mano.
Si tratta, e si è visto anche con la tentata epurazione di Crocetta (che non difendo, lungi da me) tramite intercettazioni, di un pericolo per la democrazia, qualcosa di profondamente immorale e di cui vergognarsi.Molti se lo faranno ancora piacere per opportunismo, altrimenti dovrebbero davvero andare a casa.
Personalmente mi limito a esporre opinioni costruttive, autocommiserarsi usando, magari la crisi come giustificazione di tutto, serve solo a peggiorare la debole economia locale e nazionale, che andrebbero invece ringiovanite con idee fresche.
Sì ho più di cento motivi per essere incazzato e se volessi andar via dall’Italia immagino che tanti si offrirebbero di pagarmi il biglietto di sola andata. Ma è più giusto rimanere e mettere alla berlina questa società malata con la speranza di cambiare qualcosa.
Vedi anche:
Mi riesce più facile “polemizzare” con Fabrizio, persona alla quale riconosco una non comune acutezza nell’osservare e commentare le vicende del nostro paese. E allora, dando seguito ad un’altro post che ho preferito abbandonare, nella speranza che Fabrizio voglia affrontare il tema della caccia con un briciolo di obiettività, provo ad affrontare l’argomento.
Piaccia o non piaccia nel nostro paese, come in tutta Europa, l’attività venatoria è legale pur essendo disciplinata da leggi e regolamenti basati su principi completamente diversi rispetto agli altri paesi dell’unione. Gli animalisti se ne debbono fare una ragione, il che non significa che la legge Italiana non sia migliorabile, anzi. È evidente però che, se la soluzione all’incremento degli ungulati presenti sul territorio passa da proposte a dir poco “amene” come la cattura e la sterilizzazione o la cattura ed il trasporto in zone da ripopolare, significa voler affrontare il problema da posizioni di pregiudizio. Delegare al Corpo forestale dello stato peraltro in dismissione) il compito di abbattere gli animali in sovrannumero non credo soddisfi le coscienze animaliste. Un cervo abbatuto è un cervo abbattuto, indipendentemente da CHI lo ha abbattuto. O sbaglio? Preso atto, credo tu sia d’accordo, che il numero di ungulati presenti sul territorio ha raggiunto una quantità critica, dobbiamo provare a gestire e mantenere nel modo migliore le corrette densità agro-forestali e biotiche. A mio parere la caccia di selezione rappresenta la soluzione, a rigor di numeri addirittura insufficiente, per mantenere il numero di ungulati presenti sul territorio entro soglie compatibili con l’ecosistema e con gli interessi, legittimi, degli agricoltori senza gravare sulle tasche dei contribuenti già, più che sufficientemente, stressate. La nuova legge che riguarda la caccia agli ungulati attualmente in corso di presentazione in Regione, non è stata promossa e sostenuta per soddisfare i pochissimi cacciatori di selezione (che, ripeto, non riescono a raggiungere quasi mai le quote assegnate), ma piuttosto per soddisfare le pressanti richieste pervenute dalle associazioni degli agricoltori i quali lamentano consistenti danni alle colture che, puntualmente, non vengono rimborsati. E su questo tema mi piacerebbe aprire un confronto serio: perché non consentire agli agricoltori di affittare i propri terreni per l’esercizio venatorio, come avviene peraltro in quasi tutti i paesi Europei? Cambiamo l’impianto della Legge nazionale, si caccia sui terreni privati solo con il consenso del proprietario che può legittimamente farsi pagare per concedere il permesso. Le polemiche sui ripopolamenti, sul presunto sterminio da parte dei cacciatori di lupi e orsi vorrei lasciarle coltivare a chi segue e frequenta i talk show televisivi.
Waidmannsheill!