LE IMPROVVISAZIONI DELLA “FONDAZIONE TRONCI”

Guy Frank Pellerin e Matthias Boss
Guy Frank Pellerin e Matthias Boss

PISTOIA. Il volo del calabrone, ma di quello al quale i proprietari dell’appartamento dove ha costruito il proprio nido si sono messi all’anima una ristrutturazione che ne ha sconvolto la simmetria domestica. O gli elefanti rosa, della Walt Disney, che volano, ma solo perché le sostanze stupefacenti assunte dai protagonisti sono state decisamente abbondanti.

Altrimenti, la colonna sonora, mai utilizzata, da Dario Argento, in una delle sue prime pellicole. Il treno che procede lentamente sui binari vivi per i morti che termina il viaggio al cancello di un campo di concentramento.

Ce ne sono ancora una miriade di affratellamenti sintattici e umorali suggeriti, ieri sera, 9 ottobre, dalle improvvisazioni acustiche regalate alla ridottissima schiera di pubblico (undici spettatori, compresi Luigi e Damiano Tronci, i padroni di casa) dal violino di Matthias Boss e dai vari strumenti a fiato imboccati da Guy Frank Pellerin Che per omaggiare la solita impagabile ospitalità offerta alla coppia strumentale si è anche cimentato nell’uso, didascalico, di alcuni gong Ufip, che riposano abitualmente nella Fondazione Tronci, in corso Gramsci, dove si è svolta l’esibizione, ama che ieri sera non si sono limitati al rituale ruolo di suppellettili.

Alle 21:30, senza attendere nessun altro in platea e senza ricorrere ai soliti stratagemmi del quarto d’ora accademico, i due musicisti hanno iniziato a comporre. Lo hanno fatto dopo la solita brevissima, stavolta, presentazione di Luigi Tronci, bretellato come al solito, ma con la camicia senza nemmeno una patacca, nella circostanza, che ha concesso attenzione e luce solo per loro. Che dopo aver ringraziato, si sono messi a raccontare cosa sia successo loro in tutti questi anni che i più ne ignoravano l’esistenza.

Si sono guardati negli occhi, per un solo attimo, prima di ogni composizione: durante l’esibizione, Guy Frank Villerin, professore di matematica e fisica alla Sorbonne, che ha guidato la rivolta parigina, ha preferito serrare gli occhi, isolando la propria memoria e le proprie emozioni dal contesto, offrendo comunque al pubblico i suoi ricordi. Matthias Boss invece, alpinista incanutito che non si vuole arrendere all’idea che certe pareti, alla sua età, sono decisamente sconsigliate, è restato vigile, anche se lo sguardo, più che nel dettaglio, era rivolto alla parete nord del Cervino, quella segnalata dalla guida altoatesina per la discesa a valle.

Al resto ci ha pensato l’atmosfera che si è venuta a creare e nella quale ognuno degli undici presenti alla serata ha deciso di orientare a suo gusto e pericolo. Per esigenze nicotiniche, abbiamo assistito a due canzoni dal giardino della Fondazione, fuori dalla sala del concerto.

E da oltre il perimetro, con il vento minaccioso alle spalle che portava in sala il fumo della sigaretta che aspiravamo con il gusto che si compete, sono arrivate a destinazione un’altra moltitudine di suggerimenti, probabilmente diversi e lontani da quelli che avremmo ricevuto se non fossimo stati tabagisti impenitenti o se avessimo scelto di resistere alla tentazione fino al termine dell’esibizione.

I piccoli vagiti del violino si sono perfettamente incastonati nelle tubazioni aeree del clarino e della tromba, che parevano macchine da scrivere, tipo Olivetti, quelle care a Indro Montanelli, quando fare il giornalista aveva un senso. E una missione.

Dopo un piccolo bis, i due vecchi amici del nord, hanno ringraziato e si sono volatilizzati nella Fondazione, lasciando perdere le proprie tracce a chi avrebbe voluto e volentieri complimentarsi con loro. La musica, la loro musica, è rimasta lì e lì si stancherà per lungo tempo.

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