PISTOIA. Se fosse chiesto agli italiani di votare tramite referendum se vogliono vivere o no, e venissero avvertiti che l’umanità sulla Terra provocherà danni ambientali incalcolabili, probabilmente la maggioranza voterebbe per la soppressione dell’intero popolo italiano, perché madre natura ha la precedenza su tutto e tutti.
Battute a parte, così avvenne col referendum contro il nucleare dopo l’esplosione della centrale nucleare a scopo militare di Chernobyl, e allo stesso modo all’indomani del maremoto che investì la centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi. Eventi che non riguardarono in alcun modo l’Italia, ma che fornirono agli ambientalisti la scusa per scatenare le solite campagne a scopi politici contro il progresso e il buon senso, in questo caso contro l’energia nucleare.
Il 17 aprile voteremo per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le dodici miglia dalla costa italiana. È utile sapere che il comma 17 del decreto legislativo 152 già vieta nuove trivellazioni entro le dodici miglia, ma concede agli impianti già esistenti di proseguire il lavoro di estrazione fino alla data di scadenza della concessione.
Si deve sottolineare che la maggior parte degli impianti di estrazione si trova oltre le dodici miglia dalla costa, e se vincerà il sì verrà chiusa la gran parte degli impianti coinvolti tra quindici anni, mentre solo tre impianti entro cinque. Senza dimenticare che i quattro quinti del gas che viene prodotto in Italia viene estratto dal mare, così come un quarto di tutto il petrolio estratto in Italia. Per dare un’idea delle dimensioni di questo settore, solo nella zona di Ravenna settemila persone lavorano nell’estrazione di gas e petrolio. Abroghiamo anche loro?
Antonio Padellaro ha affermato che voterà per il sì, convinto che questo referendum possa mettere in difficoltà il governo Renzi che all’ex direttore del Fatto Quotidiano non piace per niente.
Quindi questo è il punto: voteremo per decidere se dare una sonora gomitata al governo Renzi o no.
E non importa essere un renziano per capire che è pura follia tentare di disarcionare un governo pervertendo l’istituto del referendum abrogativo, senza prendere in considerazione le conseguenze nefaste che deriverebbero dalla vittoria del sì.
Faziosi e irresponsabili. Altri termini non mi vengono in mente.
[Lorenzo Zuppini]
Noto che purtroppo Zuppini fatica a dare un filo logico ai propri articoli, preferendo sparare nel mucchio con argomentazioni pretestuose che, una volta smascherate, dimostrano tutta la propria fallacia. In questo articolo si mescola di tutto un po’, da Chernobyl a Fukushima al referendum sulle trivelle. Ma qual è il senso di mettere nello stesso calderone Chernobyl con Fukushima, le piattaforme petrolifere, energia nucleare e fossile? Possibile che questioni complesse e fondamentali come la politica energetica italiana e la salvaguardia dell’ambiente possano essere liquidate con accostamenti sempliciotti e un pizzico di sindrome NIMBY (not in my backyard)? Anche la riflessione sul pensiero di Padellaro mi lascia un po’ desiderare. L’articolo a cui si riferisce Zuppini mi ha effettivamente fatto storcere il naso. Per quanto mi riguarda, certe questioni tecniche non dovrebbero lasciar spazio a calcoli politici. Però c’è anche chi decide di sfruttare pragmaticamente certe possibilità per perseguire un fine che ritiene “nobile”; in questo caso, la caduta di Renzi. Considerando che Weber non ha tutti i torti nel dire che la politica si addica maggioramente ai navigatori che ai santi, il punto è chiedersi se il gioco valga la candela. Il SI avrebbe conseguenze nefaste? E, in caso di risposta affermativa, queste “perdite” sono accettabili se servono a disarcionare Renzi? Purtroppo, da questo articolo, non si riesce a rispondere a queste domande. Zuppini inserisce solo qualche dato senza citare nemmeno una fonte, il che è inutile dato che nella settimana prima del referendum sono state enumerati dati e cifre così divergenti fra loro e, anch’essi, forniti senza una fonte che ne certificasse l’autenticità. Insomma, anche in questo aspetto, Zuppini non cerca di distinguersi dalla maggior parte della carta stampata italiana, la quale spara nel mucchio ed elenca dati a caso, facendo di tutto per convincere il lettore, ma veramente poco per informarlo.