PISTOIA. La retorica, in questo caso, è tentata di chiedere scusa a se stessa, ma affidare la chiusura del sipario di un’edizione, la decima, per l’esattezza, della stagione concertistica Sinfonica – grandi solisti – a Uri Caine, Paolo Fresu e i Virtuosi italiani, è davvero una provocazione. Irresistibile.
E nessuno, ieri sera, al teatro Manzoni, ha saputo resistere. Poco meno di due ore in compagnia di un nugolo di professionisti straordinari, i Virtuosi italiani, diretti dal primo violino Alberto Martini, che ha recitato, alla perfezione, il ruolo del direttore, anche se il resto degli strumentisti, tanti violini e un contrabbasso semplicemente stratosferico, non ha certo bisogno di qualcuno che diriga loro sound, tonalità, emozioni.
A questo poi, bisogna rigorosamente e piacevolmente aggiungere che la serata, ieri, prevedeva due ospiti d’eccezione, due mostri sacri, anche di umiltà e simpatia, oltre che di professionalità: lo statunitense Uri Caine e il suo piano che gira come fa un’esperta massaia con un calzino prima di stirarlo e il sardo Paolo Fresu, alla tromba e il flicorno, un illusionista.
Il resto lo fa, lo ha fatto e lo farà, al di là degli interpreti ai quali vengono affidate le interpretazioni, la musica, quella indelebilmente scritta da alcuni dei contingenti protagonisti della serata pistoiese e altri intramontabili precursori di armonia e fede, da Richard Galliano a Claudio Monteverdi, Giannelli e Brahms, Colombo e Nyman. Un viaggio incantevole, incantato, nelle praterie emotive dei ricordi, della memoria e delle velleità che ancora possiamo ambire a soddisfare; un concerto sottotitolabile, in considerazione del fatto che la vista, nella circostanza, è parsa davvero un senso inutile, alla stregua degli altri tre rimanenti dei quattro.
Ieri sera bastava ascoltare evitando di parlare al conducente, anche semplicemente per sapere dove fosse diretto. La sala, non proprio gremitissima (ma questo è dipeso dal prezzo, oggettivamente e onestamente poco popolare), ha comunque percepito al meglio il nesso e la funzione mistico-religiosa dell’avvenimento sonoro, rispettando rigorosamente le avvertenze non scritte, ma consigliate, a bassa voce, dall’anima di ognuno degli spettatori.
Curiosità: al singolare, una soltanto, insomma; per tutta la durata del concerto, a parte due piccoli impercettibili gracchi, non s’è udito colpo di tosse ferire. D’accordo, la serata non era nel cartellone degli abbonamenti del Manzoni, ma è anche vero che siamo in piena fluorescenza e le allergie, di questi tempi, abbondano.
Ci impegniamo a prendere la briga di approfondire l’arcano e darvene, quanto prima, lumi.