UN “WEEK END” NON CERTO INDIMENTICABILE

Brenno Placido, Margherita Di Rauso e Giulio Forges
Brenno Placido, Margherita Di Rauso e Giulio Forges

PISTOIA. È claudicante, la professoressa Ida (Margherita Di Rauso): un piccolo incidente, una grande tragedia adolescenziale. Peccato, perché è piacevole, interessante e con gli uomini è davvero procace.

Questa piccola, grande disabilità però le perfora la vita: se ne sta chiusa in casa, in attesa, fuori orario scolastico, di dare ripetizioni di italiano al figlio (Brenno Placido) sprovveduto di un’amica, anche se la mattina, dietro la cattedra, insegna inglese e francese.

Il tempo e le voglie, represse, soprattutto da una famiglia vecchio stampo meridionale, se le toglie appena può: basta l’idraulico (Giulio Forges Davanzati), un avvenente ragazzone, ma anche il giovane ripetente; anzi, con lui è meglio, perché la prof. ha la fortuna, l’abilità e l’onore di svezzarlo.

Ma qualcosa, in Week end, in scena ieri sera al Manzoni per la prima delle tre rappresentazioni, non convince. Molto, crediamo, dipenderà dal testo, terribilmente datato, quando a buttarlo giù ci pensò Annibale Ruccello, autore post-moderno napoletano prematuramente scomparso nel 1986, giovanissimo, agli inizi di una carriera che pareva scintillante.

Di questa opera, se ne era detto, universalmente, un gran bene: noi non ci allineiamo al plebiscito, però. Alcuni stereotipi ci paiono lontani, superati, addirittura invertiti; le pause e le preparazioni sceniche sono esageratamente lunghe: nessuno, dei tre, riempie spazio e umore; Margherita Di Rauso non sa fumare ed è davvero assurdo che ogni cinque minuti, invece, accenda una sigaretta, che non aspira.

L’epilogo surreale è uno di quelli che ai tempi della stesura, 1983, mentre incombeva la televisione-spazzatura ed iniziava, inesorabile, il riflusso, avrà anche riscosso il suo successo. Oggi, trent’anni dopo, stona un po’: occorrerebbe ridisegnarli, alcuni dettagli, che non sono quisquilie. Ci potrebbe pensare Luca De Bei, il regista, che però scrive di essersi attenuto alla volontà dell’autore. Un po’ troppo: Ruccello, se potesse, plaudirebbe ad una poderosa rivisitazione del suo fine settimana.

E poi, Margherita Di Rauso si sveglia tardi: resta nel torpore fino a quando vorrebbe sporcarsi le mani di ben due omicidi e rinfaccia alla sua terra e alla sua gente la sua disabilità, più culturale che fisica: è quando è in preda alla disperazione che si ricorda e ricorda soprattutto al pubblico di che pasta sia fatta e cosa sappia fare.

Li rimandiamo a settembre: se studiano, tutti, possono fare meglio.

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