E COME ogni 8 marzo, comincino le banalità di foto sfocate di mimose, con scritte in “comic sans” per fare gli auguri alle donne (nella speranza, per gli uomini che postano queste nefandezze, che qualcuna, apprezzando il pensiero, si conceda).
Ma comincino anche le frasi del tipo: “ogni giorno è la nostra festa” oppure “io festeggio ogni giorno la mia donna” o anche foto di casalinghe distrutte accompagnate da antistoriche esclamazioni da femministe anni 70.
Senza dimenticare di postare foto di ragazzi muscolosi e depilatissimi a cui rispondere con frasi, spesso ipocrite, del tipo “a me piace l’uomo con un po’ di pancetta!” pregustando il sushi che stasera mangeranno direttamente dagli addominali scolpiti di uno spogliarellista, raccontandosi cose che farebbero arrossire un camionista.
E via anche con gli interventi intellettuali, e magari radical chic, sui motivi di questa festa, gli uomini lo ricorderanno – sempre nella speranza di una regalia – da parte di chi apprezzerà la sensibilità dimostrata, le donne per dimostrare di essere vere intellettuali dedite al movimento di emancipazione del sesso debole.
Gli indiani agli incroci faranno un po’ di soldi a nero dopo aver passato la notte a disboscare piantagioni di mimose, i locali aspetteranno a gloria orde di donne in minigonna ma con grandi banconote (niente pagamenti tracciabili, please!).
Qualche tardona si concederà a qualche volenteroso, prezzolato e viagrato cameriere che voglia arrotondare in tempo di crisi.
E così anche quest’anno si compirà la festa delle donne. Donne a cui non faccio gli auguri ma a cui mi limito a chiedere, a nome del genere maschile (!), comprensione e amore, che dichiaro vero sesso forte, appiglio solidissimo in tutte le burrasche, generose insostituibili compagne di vita.
[Angelo Fragliasso]
______________________
È UN RICORDO
TRISTE, malinconico. Alberto Manfredi, maestro e docente all’Accademia di Firenze, era con noi quell’8 marzo 1997.
Eravamo soli, io e l’amico Domenico Ventura, gallerista di Quarrata, in mezzo a orde di donne a cena al Faro di Tizzana. Lui prese un carboncino e buttò giù questo schizzo.
Non è una presa in giro: è la ribellione al consumismo mentale del nostro tempo. Superficiale e scontato.
Un giorno all’anno per le donne? C’è poco da essere allegri, cari compagni (e, soprattutto, compagne).
La mimosa – scrisse lui – va bene dappertutto…
Chiaro, no?
e.b.