PISTOIA. Un folto gruppo di commentatori e analisti aveva scambiato l’isolazionismo di Trump per non-interventismo. E oggi, all’indomani del bombardamento effettuato dalle navi americane sulla base di Al Shayrat, balbettano assurdità e non sanno dove battere la testa.
La verità e la realtà oggettiva è una soltanto: gli Stati Uniti sono tornati ad essere i gendarmi del mondo pronti a tirare le orecchie a chiunque osi varcare la linea che separa le azioni lecite da quelle illecite. E un attacco chimico è ben oltre quella linea immaginaria che un inutile Obama aveva tracciato nel 2013 dopo i mille morti causati dalle solite armi nel solito territorio.
È evidente che i cinquantanove missili Tomahawk siano stati lanciati solo dopo l’avviso partito dalla Casa Bianca e diretto a Putin e Assad, altrimenti non si spiegano i soli quindici morti. E questo numero esiguo di vittime dice tutto e spiega ogni cosa: si è trattato di un’azione puramente dimostrativa, per far sgranchire le gambe alla superpotenza mondiale che da troppo tempo, con un Medio Oriente in disordine, rimaneva dormiente, capace solo di infime scaramucce con gli amici russi..
Perché i russi rimarranno tali anche dopo questa dimostrazione di forza, è ovvio, e solo i complottisti e gli ingenui possono pensare che The Donald sia così idiota e avventato da scatenare un conflitto contro un’altra superpotenza che, per altro, è sua alleata nel combattimento contro il terrorismo islamico. E non solo.
È bene ricordare anche che Assad, nonostante sia un feroce dittatore e che l’intelligence israeliana lo definisca psicopatico in senso tecnico, è vitale che rimanga in sella sulla sua Siria per evitare un vuoto di potere che potrebbe essere riempito da una delle sigle del terrorismo islamico che stanno insidiando il rais dall’interno del suo Paese, avendo creato addirittura, nel caso dell’Isis, uno Stato dentro lo Stato. Non ci sono dunque alternative al dittatore, poiché gli americani in primis sanno bene quanto sia impossibile esportare in quei Paesi il concetto di democrazia.
Torna quindi il vecchio detto “il nemico del mio nemico è mio amico”, e quel sano principio di realtà che ci costringe a buttar giù bocconi amari accettando il male minore.
E il male minore di oggi si chiama Assad, come ieri si chiamava Gheddafi o Al Sisi, tutti soggetti poco garbati ma che col pugno di ferro sapevano tener lontano dal potere l’estremismo islamico, divenendo per questa ragione nostri amici ed alleati. Our son of the bitch, come il generale egiziano Al Sisi veniva definito da George Bush.
Il secondo messaggio subliminale che deve essere compreso, riguarda la smentita che questo bombardamento rappresenta: Trump, è evidente, non è né un idiota né una marionetta nelle mani di Putin, come invece i suoi detrattori volevano rappresentarlo.
È il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America, di conseguenza mostra i muscoli quando qualche pazzerello supera il confine da lui, e da lui soltanto, imposto. Evitare stupide guerre non significa non intervenire se necessario, tanto per collegarci col concetto iniziale.
E difatti tutti noi dobbiamo la sconfitta del nazifascismo e poi del comunismo, all’interventismo e ai muscoli di quella grande democrazia che sono gli Stati Uniti, i quali, dopo otto sciagurati anni di presidenza obamiana, tornano a vegliare su tutti.
Insomma, il presidente degli Stati Uniti d’America non deve ambire per forza al Nobel per la Pace.
[Lorenzo Zuppini]