MONTECATINI — PISTOIA. Lo abbiamo intervistato grazie a un traduttore della lingua tigrigna l’unica che conosce.
In Italia dal 6 Novembre, spaventato, disorientato e confuso dalla traversata nella quale ha perduto una sorella minore. Si chiama – nomen omen – Solomon e infatti è proprio “solo”, ma anche abbandonato.
Solomon si lascia avvicinare facilmente dagli italiani e rifugge dai consimili che teme.
Deve averne prese di botte in Libia! È sicuro, che nei suoi stimati 25 anni (non sa dire quante primavere ha visto), non ha mai fatto linguacce né un bagno in piscina e non è mai stato in uno studio televisivo.
Sembra – anzi certamente è – in lutto dopo che ha avuto la notizia della morte della sorellina, certamente oltraggiata da chissà quali angherie prima di precipitare in un naufragio.
Il suo atteggiamento è di chiara indolenza alle normali sollecitazioni di mangiare, bere, curarsi e, dunque proteggersi da eventi di pericolo. Ci riferiscono che non ha il senso dell’orientamento urbano, che si smarrisce facilmente e che è molto probabilmente afflitto da una svogliatezza patologica dovuta a una sindrome psichiatrica.
Accolto nello Sprar per “richiedenti asilo” viene affidato alla cooperativa Gli altri nella quale il nome è anche quì un presagio visto che sono “altri” che pagano le rette giornaliere (nello staff ci troviamo per caso Morena Sepiacci, quasi omonima del Presidente Moreno Sepiacci della Co&So).
La cooperativa lo alloca (termine brutto ma appropriato) in una residenza di Montecatini insieme ad altri due profughi.
Lì riceve la visita di un connazionale che lo assiste nell’acquisto di beni alimentari ai quali lui non sa provvedere, assicurandogli il minimo essenziale di sopravvivenza.
Solomon sa di avere un fratello in Germania e – incompetente, ingenuo e ignorante delle procedure di accoglienza – viòla i regolamenti perdendo ogni protezione.
Lascia la cooperativa e insieme a un gruppo di altri compagni di sventura, parte in treno affidandosi alla casualità, subendo una serie di traversie che lo vedranno riconosciuto dalle forze di Polizia per il riconoscimento e così rimesso in strada per il rientro più fortunoso, verso Pistoia.
Sempre più confuso e disorientato, riceve accoglienza di fortuna dalla rete degli eritrei pistoiesi che ci hanno chiamato per fare un appello alla comunità extra-istituzionale: la Prefettura (che dice di non poter fare più nulla), le cooperative e case di accoglienza laiche.
Ieri è stato provvisoriamente consegnato alla mensa della casa di Don Sirio Butelli dove la direttrice Caterina ci dice sarà espulso nelle 36 ore, non potendo provvedere ad alcuna ospitalità oltre a quella di emergenza.
Ci riferisce che sarà la Caritas diocesana a prendersi cura di lui e dunque, facciamo un appello definitivo al direttore Marcello Suppressa: potrà la carità provvedere, là dove la burocrazia non arriva?
[Alessandro Romiti]