PISTOIA. Virgilio e Columella raccontavano che il contadino, per valutare la resa potenziale e scegliere quello adatto, doveva assaggiare il terreno, filtrandolo con dell’acqua attraverso un colino da vino e bevendone il distillato.
I terreni migliori non erano salati né acidi, ma dolci e morbidi come il profumo della terra fertile che torna ad aprirsi in primavera.
Noi non pensiamo che al Comune di Pistoia debbano arrivare ad assaggiare i terreni dei parchi pubblici, né tanto meno tappezzare gli uffici con pagine di estratti dal De re rustica o dalle Georgiche per appurare lo stato di incuria e sofferenza del suolo in alcuni spazi del verde pubblico cittadino.
Nemmeno serve la formula della pedogenesi del più grande conoscitore dei suoli, Hans Janny, per attivare quanto prima alcuni interventi nei parchi urbani, dove il terreno, inaridito, costantemente calpestato e magari con poca luce, avrebbe bisogno di un minimo di trattamento rigenerativo.
Sono anni, anzi è da sempre, che il suolo di alcuni giardini pistoiesi aspetta lavori di ripristino, che dovrebbero competere all’ufficio ambiente, anche se, almeno fino all’anno scorso, dipendevano dall’ufficio lavori pubblici.
Forse sarebbe maturo il momento per invitare a Pistoia William Brayan Logan, il decano degli arboricoltori, magari a presentare Dirt. The Skin Ecstatic of the Earth, tradotto in italiano come La pelle del pianeta. Storia della terra che calpestiamo, o, meglio ancora, per mostrargli il modo peggiore in assoluto di gestire il verde urbano (vedi)!