PISTOIA. Erano anni che piazza del Duomo non pullulava così di persone. Ci sono voluti i Negramaro, vero, ma se i soldi non hanno odore, figuriamoci le persone. Soprattutto in un regime democratico come il nostro, dove due imbecilli, nel segreto dell’urna, valgono non solo il doppio di un normodotato, ma anche di uno intelligentissimo.
E non ha alcun senso nemmeno storcere il naso e la bocca, perché i sei ragazzi della provincia di Lecce sono un fenomeno poprock insindacabile; non solo a Pistoia, non solo in piazza del Duomo. Ieri sera, gli oltre settemila spettatori, le loro canzoni, le sapevano tutte a mente e le hanno intonate tutte, ma proprio tutte, con Giuliano Sangiorgi, la voce della formazione, quello che quindici anni fa, con un gruppo di amici d’infanzia (Emanuele Spedicato, Ermanno Carlà, Danilo Tasco, Andrea Mariano e Andrea De Rocco) della zona compresa tra Copertino, Nardò e Veglie, tutte nel Salento, decise di mettersi all’anima la nascita della band, i Negramaro appunto, un nome che non tradisce alcun ammiccamento al fascino statunitense, ma che rappresenta un vero e proprio ringraziamento, lautamente ricambiato, ad uno dei più pregiati vitigni della loro terra.
Anche il teatro Manzoni, ad onor del vero e contemporaneamente, era pieno, ieri sera, in ogni ordine di posti, proprio mentre i salentini inneggiavano alla vita. Sul palco, Mark Lanegan, un fratello più piccolo di Tom Waits, cantava la morte, edulcorata dal fascino grunge che è un abito senza tempo e per ogni stagione che indossano, quasi sempre, tutti i crooners.
Questo per dire che la nuova edizione del Festival Blues, addirittura bifronte, come Giano, nonostante abbia ignorato, letteralmente, l’aggettivo specificativo che fa parte della definizione, ha raccolto un successo, anzi, due successi straordinari. Quelli che hanno popolato il Manzoni mai e poi sarebbero andati in piazza del Duomo a sentire i Negramaro; quelli di piazza del Duomo, del concerto in programma al Manzoni, non ne sapevano nulla e Mark Lanegan, poi, siamo pronti a scommettere, ignorano chi sia.
E i sofisti del blues, categoria della quale siamo forse i portabandiera, ora che cosa possono aggiungere? Giunti alla conclusione, sentenziata sulle pagine di questo Portale proprio ieri, che condividiamo, a conti fatti, i principi di Silvano Martini (Festival Blues era e tale deve restare), non resta che sfogliare i nomi degli artisti che animeranno le prossime sei serate e capire, tra memorie personali e qualche sbirciatina, quale possa essere l’appuntamento in scaletta che più soddisfi i nostri desideri. Perché è profondamente inutile fare i soliti distinguo su cosa sia deontologicamente corretto e scorretto, per piazza del Duomo. Per lo stesso analogo principio, nelle stagioni del Manzoni, a qualche presunto artista dovrebbero imporre il veto; e invece, succede spesso che i pienoni li facciano registrare attori e personaggi che i sapienti dei palcoscenici guardano con occhi titubanti.
L’ideale forse sarebbe quello di fare incetta di pubblico e guadagni con il Festival Blues e risomministrare parte degli utili in qualche spettacolo invernale, casomai al chiuso, compensando in questo modo l’indignazione estiva dei puristi.