NON ABBIAMO ANCORA IL DONO DELL’UBIQUITÀ

Il bandleader dei Lumineers
Il bandleader dei Lumineers

PISTOIA. Spesso, genitori e figli, dissentono sui gusti. E quasi sempre, entrambi, hanno spesso ragione. Ieri sera, ad esempio, non è da escludere che intorno alla mezzanotte, nel salotto di una casa qualsiasi di una famiglia medio borghese, si siano ritrovati, papà, mamma e prole a discutere sul primato dei loro beniamini andati ad ascoltare in città: i grandi al Bolognini, ad assistere al concerto del giovane talento Jonny Lang; i piccoli, 14 e 16 anni, in piazza del Duomo a vedere e ad ascoltare The Lumineers.

I primi avrebbero sardonicamente accusato i secondi di essersi persi un gran bel concerto; i secondi avrebbero sorriso rintuzzando i primi con le stesse identiche ragioni. Sarebbero andati a dormire, entrambe le generazioni, convinte quanto fosse inutile, parlarne. Ma ieri sera, ve lo assicuriamo, si sarebbero sbagliati, tutti.

Vero, The Lumineers sono un effetto giovanile, così intricante che anche una nota azienda italiana se ne è accorta, sonorizzando una dei suoi più indovinati spot pubblicitari con una delle loro canzoni, puntualmente rappresentata ieri in piazza del Duomo nel primo martedì del Festival. Jonny Lang e i suoi strumentisti al seguito, invece, sono una bellissima realtà del panorama rock blues mondiale e seppur giovanissimo, il bel Jonny, ha già tutte le carte in regola per andare lontano.

Certo, lontano andranno probabilmente anche i ragazzi di Denver; anzi, ci sono già andati perché le loro canzoni sono già un must tra gli adolescenti e qualcuno dei loro fratelli maggiori. Ma ieri sera – ed è di questo che vorremmo parlarvi – è stata l’organizzazione del Festival a fare male, malissimo, i conti. Soprattutto alla luce della philosophia che sembra dover trainare la manifestazione fino alla sue nozze d’oro.

Ci siamo lasciati ragionevolmente convincere che questo Festival Blues ha una serie infinità di opportunità musicali e che non può, in nome dell’aggettivo che lo caratterizza, incartapecorirsi su se stesso, rischiando di inabissarsi. Ieri sera c’erano tutti gli ingredienti per far convivere, in scaletta, il sacro con il profano, anche perché, inferno e paradiso, poco dopo le 23, avevano entrambi spenti i propri riflettori, riposte le proprie casse e chiusi i portoni.

Jonny Lang
Jonny Lang

Noi, che facciamo parte della generazione dei padri, abbiamo dato la precedenza a quel giovanissimo mostro di Jonny Lang, ma prima di lasciarci incantare dalla sua musicalità, ci siamo divertiti, e non poco, a ciondolare capo e gambe trascinati dal folk rock dei Lumineers. Con il risultato, scontato, che avremmo desiderato essere in piazza ascoltando Jonny Lang e saremmo voluti essere al Bolognini mentre The Lumineers intonavano le loro ballate.

Ci sarebbe stato tutto il tempo, ieri sera, per dividere il palco con entrambi, senza scomodare, né tanto meno offendere, proprio nessuno. Soprattutto perché così, intorno alla mezzanotte, in quel salotto di quell’appartamento di quella famiglia borghese, genitori e figli avrebbero vicendevolmente convenuto come i loro rispettivi gusti musicali fossero, tutto sommato e decisamente, gradevoli ad entrambi.

Sarebbe stata insomma una gran bella occasione per far scendere i genitori dallo scranno delle loro convinzioni e convincere i figli, contemporaneamente, che papà e mamma, con la musica, non sono poi così all’antica.

Peccato, peccato perché ci è mancata l’ubiquità, dote della quale, anche con tutta la buona volontà e confidando nei mastodontici progressi della scienza, non riusciremo mai a dotarci.

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