IL CAPPOTTO DEL MARESCIALLO ALLA ‘CASA DI ZELA’

Il cappotto e la valigia
La valigia

QUARRATA. [a.b.] Il museo della Civiltà Contadina e degli Antichi mestieri presso i locali della “Casa di Zela” nell’area naturale di interesse locale della Querciola da qualche giorno ospita tra gli oggetti pazientemente raccolti da Ernesto Franchi nell’arco di oltre 50 anni anche il cappotto del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Pecorini, di origini quarratine, che dopo avere rifiutato l’arruolamento nelle truppe tedesche venne internato nel campo di concentramento di Brema.

Si tratta di una gentile donazione da parte delle figlie del maresciallo, Luciana e Carla. Un cappotto che ha accompagnato il maresciallo per cinque lunghi anni. Ispirato a questo capo di abbigliamento la pistoiese Laura Vignali ha pubblicato per le edizioni Del Bucchia il libro “Il cappotto del babbo”.

La lettera della Croce Rossa
La lettera della Croce Rossa

Dopo quasi due anni di prigionia, nell’aprile del 1945, Pecorini iniziò, a piedi, un viaggio di cinque mesi per tornare a casa. Al suo ritorno pesava 45 chili e indossava ancora lo stesso cappotto. Alla famiglia Pecorini non volle mai rivelare niente dei suoi anni a Brema, solo recentemente le sue figlie hanno ritrovato per caso il suo diario, con il racconto della sua prigionia nel periodo compreso fra l’8 settembre 43 e il maggio 44.

Il cappotto è ora visibile a tutti a futura memoria. Sul retro si legge ancora la scritta: Imi (Internati Militari Italiani). In seguito alla liberazione da parte degli americani, la Croce Rossa italiana inviò alla famiglia che non aveva più sue notizie da ormai troppo tempo la lettera anch’essa esposta nelle teche del museo quarratino.

Si tratta di oggetti che si trascinano dietro le loro storie. All’interno della struttura di proprietà del Comune di Quarrata il museo racconta la vita e il lavoro delle generazioni che ci hanno preceduto. “Quelle attuali – si legge in una delle presentazione del museo – non sanno pressoché nulla di com’era la vita quando ancora la tecnologia non era arrivata, consapevole di questo fatto il museo nasce con lo scopo di salvaguardare e trasmettere le memorie che stanno dietro a questi oggetti, i cui proprietari purtroppo stanno scomparendo, portando con sé storie, racconti, aneddoti sulla vita di un tempo.”

Una camera da letto alla Casa di Zela
Una camera da letto alla Casa di Zela

Sono presenti circa 5.000 oggetti raccolti in più stanze, ognuna delle quali rappresenta un diverso aspetto della vita di allora: c’è la cucina, la stanza dei giochi, la stanza dedicata al lavoro delle donne, la camera da letto e infine la “stalla alta” della Casa di Zela, in cui sono collocati oggetti legati ai più svariati mestieri, quelli che hanno fatto la fortuna dell’Italia e che oggi stanno scomparendo o sono già scomparsi.

Il museo non è statico. Per cercare di dare spazio all’intera collezione di Ernesto Franchi (in continua evoluzione) gli oggetti vengono ruotati, in questo modo i visitatori possono trovare pezzi diversi la volta successiva, alimentando la loro conoscenza. Conoscere il passato fa apprezzare il presente e aiuta la costruzione del futuro.

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