PISTOIA. Un’opera che nasce dall’esperienza dell’autore nelle carceri campane di Bellizzi e Carinola, in un intreccio tra l’esperienza diretta e le relative riflessioni: è il libro di Giuseppe Ferraro “L’innocenza della verità. Corso di filosofia in carcere” per le edizioni Filema, presentato anche a Pistoia alla libreria, galleria e sala da tè “Lo Spazio di via dell’Ospizio”, con la partecipazione dello scrittore, di Giuliano Capecchi dell’associazione Pantagruel, da anni impegnata sul fronte carcere con attività di volontariato quali colloqui, sostegno ed attività culturali e dell’avvocato penalista Alessandro Mencarelli.
Il volume porta nella sua lettura al riconoscimento di come la verità interiore sia sostanzialmente innocente, avvicinando le parole innocenza e carcere, presenti entrambe indicativamente nel titolo dell’opera ed apparentemente inconciliabili.
Con quest’opera l’autore continua il percorso culturale intrapreso per una filosofia fuori le mura accademiche, iniziato appunto con il libro “Filosofia in carcere” scritto con i detenuti minori di Nisida.
«Se la filosofia si occupa di questioni estreme – sostiene Ferraro – allora è sui luoghi estremi che occorre portarla per capire cosa ha da dire e se tace, se resta senza parola e non fa mondo dove non c’è mondo, bisogna lasciarla perdere come un suppellettile inutile. È da quel giorno che sono venuto qui, quando ho cominciato a portare la filosofia fuori le mura dell’accademia, fuori come espressione di un modo e di un metodo».
Il volume esprime una critica alla struttura carceraria così com’è. Se la salute di una democrazia si misura nelle sue zone di confine e il carcere è una di queste, allora per lo scrittore bisogna indagarla, non emarginarla.
Se polis vuol dire legame tra i molti che hanno cura della stessa cosa, che scelgono di stringere legami perché la cosa di tutti sopravviva, illegale è chi non ha sentito il sentimento del legame con le regole, di un legame di verità con le regole osserva Ferraro. “Legami” assieme a “legalità” dunque per l’autore, entrambi indispensabili, perché la legalità è affettiva prima ancora che giuridica, con la filosofia unica disciplina che racchiude la parola filìa ovvero amore nel senso di cura.
Nell’opera anche esercizi tenuti dai detenuti ed alcune loro lettere testimonianti il disagio della reclusione ma anche l’urgenza di modificare la visione carceraria, affinché il carcere non sia più solo luogo di detenzione e privazione.
Giuseppe Ferraro è docente di Filosofia nel dipartimento “A. Aliotta” dell’Università di Napoli “Federico II” ed al Philosophisches Seminar della Ludwigs Universitaet di Freiburg in Germania, ha pubblicato studi di fenomenologia, leopardiani e nietzscheiani, occupandosi anche di educazione ai sentimenti.
Tra le sue opere “La filosofia spiegata ai bambini”, basata su un’esperienza didattica in un paesino “a rischio” della provincia di Caserta ed appunto “Filosofia in carcere” relativa invece ad un’esperienza didattica dei sentimenti tenuta tra i ragazzi del carcere minorile di Nisida.