NON CERCARE LA VOCE NEI PESCI
NÉ LA VIRTÙ NEI MALEDUCATI
Plutarco
AGLIANA. Non sarà mica che ad Agliana càpitano, più spesso che volentieri, elementi poco ossigenati che non connettono perfettamente i loro neuroni?
Il Comune, con il Pd al timone, ne ha viste e fatte d’ogni colore, perché ha avuto segretari poco attenti o addirittura assenti cambiano solo tt e ss). Ma la Piana centrale deve essere perseguitata – credo – dalla maledizione del primo sculo, quello di avere avuto sempre comunisti alla guida. E ora che vi racconto cos’è capitato di fresco stamattina, capirete chiaramente perché.
In uno dei nostri articoli iniziali su Linea Libera, avevamo addirittura dato il benvenuto alla qualificatissima dirigente in attesa di conoscerla di persona e di presentarci a lei.
Non è, purtroppo, andata così. I segni di ostilità della dottoressa Aveta e una sua solerte familiarizzazione con alcuni dei funzionari dell’ex regime sovietico aglianese, onestamente non c’erano piaciuti. E per questo avevamo insistito con una Pec:
Gent.ma Dott.ssa Paola Aveta
Segretaria Generale del Comune di Agliana
Pistoia, 3 dicembre 2019
e p.c.
Al Sig. Prefetto di Pistoia, Dott.ssa Emilia Zarrilli
Al Signor Sindaco di Agliana, Dott. Luca BenesperiGentilissima Dottoressa, buon pomeriggio.
Nell’esternarLe tutto il nostro compiacimento per la sua recente nomina, firmata dal Sindaco Benesperi, e nell’augurarLe un buon lavoro a favore della collettività aglianese, saremmo lieti di poterLa incontrare – anche con la presenza di Sindaco e Giunta – per conoscerci meglio e parlare di quello che potrà essere il nostro rapporto professionale negli anni a venire.Le chiediamo pertanto cortesemente di volerci fornire una rosa, sufficientemente ampia, di possibili date d’incontro, a cui abbiamo invitato anche il legale del nostro quotidiano.
In attesa della Sua gentile risposta, voglia gradire i nostri più cordiali saluti.
A presto.
Dott. Edoardo Bianchini
Giornalista Professionista
Direttore del quotidiano https://www.linealibera.it/
La lettera è stata spedita il 3 dicembre scorso, ma, nonostante sia stata ricevuta e acquisita al protocollo, la dottoressa non si è neppure degnata di farsi sentire per cortesia, anche semplicemente per dire: sono molto impegnata, ci sentiremo in séguito.
Non lo ha fatto e le cause potrebbero essere molteplici. Per esempio:
- non sa rispondere a una lettera nonostante tutte le sue qualifiche professionali
- non ha tempo per farlo (magari perché deve correre dietro agli animali della sua fattoria che spesso e volentieri scazzano gli atti, abituati come sono a produrli a ciclostile con il copia e incolla, ma senza capire cosa stanno copiando e incollando
- non vuole proprio rispondere (denegata ipotesi, ma non tanto) perché ha in istintivo, sembra, innato senso di repulsione nei confronti di Linea Libera – e lasciatemi dire che questa terza considerazione è – secondo la mia opinione – l’ipotesi più plausibile; ancorché non la peggiore, ma la pessima.
Spiace dover constatare che la Signora Aveta non conosce l’articolo 21 della Costituzione e tantomeno il 54, che la obbliga ad applicare le leggi dello stato e le norme della Costituzione con lealtà, terzietà, efficienza e trasparenza. Cosa che non ci pare che stia facendo: e, se non ci pare, non ci pare.
A noi non importa che sia un genio della legge – fra l’altro il mio maestro del liceo mi ha sempre detto che quelli che fanno giurisprudenza sono come i politici, hanno un’idea molto soggettiva dei contorni morali, abituati come sono a spostare continuamente i confini come i montanini tra un castagneto e un altro quando vogliono fare i ganzi.
A noi interessa solo che l’Aveta si mantenga nei limiti della giusta distanza da noi: libera di non stimarci e di pensare che dovremmo essere querelati ogni tre per due; ma che si arroghi il diritto di sparlare di noi alle nostre spalle, questo no: lei non ha ancora capito che ad Agliana c’è già il prete, don Tofani, che inveisce contro Salvini (di cui io non sono elettore e tutti lo sanno) e ama i palestinesi (e fin qui va bene), ma non sopporta gli ebrei, anche se, magari, la Segre gli fa un gran comodo per rompere i coglioni alla Lega.
Ed ecco l’uovo fresco di giornata o – se preferite – un nuovo ovosodo bollito dalla dottoressa Aveta.
Stamattina infatti, di preciso non so a che ora, ma, credo, prima delle 10, la segretaria generale intollerante e partigiana (canta forse anche lei Bella ciao da don Biancalani?) doveva incontrare un avvocato di Firenze-Pistoia per decidere sui danni da richiedere a un altro brillante funzionario del Comune, il dottor Andrea Alessandro Nesti, una povera vittima che però, in più modi, ne ha fatte in technicolor in 15 anni di comando.
E invece l’incontro è stato brevissimo, perché la segretaria sembra che prima si sia inquietata per un ritardo di mezz’ora dell’avvocato (se ci dovessimo inquietare noi, che paghiamo loro gli stipendi milionari, dei loro ritardi, sai che pipponi!), poi pare che si sia rivolta in maniera poco formale all’avvocato stesso. Il quale, dal suo punto di vista, si è sentito smeleggiato e perciò si è alzato e ha detto «non accetto l’incarico». E ha tagliato la corda.
Ma la signora Aveta dicono che sia uscita fuori del suo ufficio e che, nel corridoio, lo abbia apostrofato dicendo: «Avvocato lei ha dei problemi?». Cosa rispondereste a chi si rivolge così a voi? Una finezza, no? Un modo di rapportarsi assolutamente conciliativo in sentore di Kgb!
Un carissimo amico della antica nobiltà napoletana, mi ha scritto, proprio in questi giorni, lamentando che dal Meridione, dopo l’unità d’Italia, sono saliti e si sono diffusi al Nord «aggiotatori di potere» che riempiono le maglie dell’amministrazione pubblica e della burocrazia, e che combinano molti guai, perché, una volta sullo sgabello, giudici, avvocati, funzionari, presumono (in maniera del tutto errata) che la barchetta loro affidata sia una loro proprietà personale ed ereditaria per grazia di Dio e volontà della nazione.
E ragionano male (ne abbiamo avuto prova, da fatti accertati, con la Preside Flamma di Avellino [«la scuola è mia, comando io e vi monto in testa quando mi pare» diceva] e l’attuale Preside dell’Agricoltura-Pacinotti, Concetta Saviello di Salerno, che di recente ha minacciato i suoi dipendenti che non possono che parlare bene del loro istituto o altrimenti, in compenso, si avranno cazzi acidi, non esattamente né buoni né salutari come lo yogurt.
Ora questa «risacca» autoritaria sembra che stia capitando anche con la dottoressa Aveta: solo che tutta la sua scienza accumulata dovrebbe farla riflettere e soprattutto, se possibile, farle capire che, magari, questi sistemi possono funzionare a Scampia-Gomorra, a casa di Saviano: non qui, da noi, toscani di carta vetrata e grandi individualisti (perlopiù) che mandano giustamente a fanculo la gente che rompe le palle pisciando fuori dal vaso.
E lei, una segretaria generale, dovrebbe capire anche un’altra cosa: che noi siamo di qui; viviamo, campiamo e moriamo qui; ci facciamo seppellire qui: mentre lei è volatile e precaria come qualsiasi segretario riformato dopo i demenziali Decreti Bassanini che permettono ai partiti di scegliere il proprio controllore – ovviamente con il rischio di rimanerne controllati per sempre.
Un’ultima, appropriatissima raccomandazione: ci rispetti, l’Aveta, se vuole essere rispettata, perché non abbiamo paura, se non lo fa, d’invitarla a cambiare mestiere con un gustoso piattino di sushi a base di pesci-pène. In Toscana non leggiamo La smorfia, preferiamo Il Vernacoliere di Livorno.
E ora non vada a fare indagini illecite e a cercare troppo l’origine delle nostre fonti. La stampa è – a volte – un miracolo come il sangue di San Gennaro che liquèfa, dicono a Napoli. O la Madonna di Pompei, che mio nonno teneva appesa sul suo letto. Del comportamento spocchioso dell’inesistente pretetto – la dottoressa Zarrilli, che esige di essere sempre chiamata Eccellenza e strilla da assordare tutti – ci occuperemo un’altra volta.
Buon fine settimana, si puedes, signora Dottoressa Aveta! E occhio, perché… Ha da passa’ ’a nuttata.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
I «Tre Tre», napoletani, prima di concludere le loro scenette con un «A me m’apare na’ strunzata» erano soliti anche dire: «Non siamo noi che siamo razzisti: sono loro che sono napoletani»