SERRAVALLE-CASALGUIDI. È accaduto l’irreparabile: il consiglio comunale di Serravalle non ha fatto in tempo a discutere la cancellazione della cittadinanza onoraria al duce. Benito, dunque, resta ancora.
Non si sa per quanto, ma per ora non se ne va. Se il sindaco Lunardi volesse, potrebbe tenercelo ancora quanto i comunisti di prima: altri 75 anni almeno.
Ed ecco la cronaca dell’evento scritta da un evangelista apocrifo:
Venuta l’ora tarda, si era fatto buio su tutta la terra fino all’ora più tarda ancora. E all’ora più tarda la Simona gridò a gran voce: “Pierì, Pierì, mannà ggiiattì?”, che tradotto significa: “Piero, Piero, perché non mi hai accontentato?”
E alcuni dei presenti al Consiglio, udito ciò, dicevano: “Vedi! Chiama il capo del centrodestra e lo accusa!”. Allora, un tale, andato di corsa a inzuppare di cloruro di vinile una spugna nei pozzi di Casale e Cantagrillo, e avendola posta sull’asta della bandiera, dava da bere alla Simona dicendo: “Lasciatela stare! Vediamo se Pierì fa discutere la sua richiesta sul duce”.
Ma la Simona, pur emettendo una gran voce, restò senza fiato e senza risposta. E allora il velo del Consiglio si squarciò in due dall’alto in basso. Sicché, il segretario comunale, che era presente di fronte a lei, vedendo che restava senza fiato e senza risposta, e temendo il peggio, disse: “Veramente la cittadinanza del duce sarà rimandata al prossimo Consiglio!”.
In quel momento Renzó le Mokó smise di «bugliare la polenta nel paiolo» e si mise a sussurrare alle automobili rotte, mentre la terra iniziò a tremare e fu sùbito chiaro che la seconda galleria dei treni del Serravalle stava crollando per la vergogna che il duce potesse ancora rimanere cittadino onorario della capitale dell’antifascismo più viscerale e ciggiellino.
Alcuni, andando a letto dopo il Consiglio, si stracciavano le vesti e si strappavano i capelli urlando: “L’Usl Centro Toscana deve dare disposizioni a Renzo Berti di aprire un ambulatorio da quarantena tipo Cogliona-virus ai circoli Milleluci e Masotti, o saremo tutti travolti dall’epidemia della peste nera che rimane!”.
Ma, prima che il gallo cantasse tre o quattromila volte svegliando tutti, la Caterina Benini aveva attaccato un pippone smodato sul deposito degli oli esausti accanto al Comune, sostenendo che era una vergogna per il palazzo, ma scordandosi, come Ponzio Pilato, che quella cisterna ce la avevano piazzata i suoi compagni di partito e non Pierì, Pierì, mannà ggiiattì…
A nessuno venne comunque in mente di dire alla Benini che gli oli esausti piazzati lì potevano far comodo all’uomo che sussurrava alle auto rotte o che potevano essere opportunamente riciclati dallo Scelta per lubrificare i cavi di rame da treni della Breda.
E dalla mattina successiva tutti gli abitanti di Serravalle giravano con la maschera antigas per salvarsi dal Cogliona-virus, divenuto contagioso dopo una fase di incubazione di 75 anni di sinistra.
Sembra, comunque, che Simona Querci, con questo suo gesto, atto a liberare il popolo dai guai, si fosse guadagnata una candidatura in Regione, donde – dai banchi del Consiglio – gustare preziose e purissime acque minerali sterili e senza dover respirare i fetori e i tanfi del Cassero, dono grandioso ai serravallini da parte del suo augusto partito democratico.
[dal Vangelo apocrifo di un secondo Luca, quello che viveva nella buca (delle fate)]
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C’è ancora il delitto di satira o Bonafede e la Lamorgese stanno lavorando per le sorprese?
Sorge il sole e canta il gallo:
Mussolìn prova a levàllo…!