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lucignoli, pinocchi & presidi. DE DOMINICIS: «IL MESSAGGIO EDUCATIVO AI MIEI STUDENTI NON È QUELLO DELLA RICERCA DELLA PERFEZIONE CHE NON ESISTE ED È INUTILE»: ARGOMENTO DA TESI-COVID CON… 110 & GODE
lucignoli, pinocchi & presidi. DE DOMINICIS: «IL MESSAGGIO EDUCATIVO AI MIEI STUDENTI NON È QUELLO DELLA RICERCA DELLA PERFEZIONE CHE NON ESISTE ED È INUTILE»: ARGOMENTO DA TESI-COVID CON… 110 & GODE
DURA VITAE LEX. Chi sa fa, chi non sa insegna, chi non sa insegnare insegna agli insegnanti e chi non sa insegnare agli insegnanti fa politica: cioè fa il preside dirigente scolastico che è una mera appendice della volontà di chi fa politica
CHE SIA CONCAVO O CONVESSO
QUESTA È SCUOLA DI SU CESSO!
Omero il tablet non ce lo aveva, ma non era più scemo dei ragazzi di oggi, neppure se cercava la perfezione…
Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca coi suoi dolci compagni sull’erba che l’invita; i suoi compagni sono: una ghiandaia rôca, un micio, una bertuccia che ha nome Makakita…
G. Gozzano
ECCO UNA LETTERA della Dirigente scolastica del comprensorio A. Frank di Pistoia con la quale intende ringraziare genitori ed alunni per non aver fatto niente da marzo ad ora, nemmeno un ritrovo a fine scuola che sarebbe… testuali parole: «una pallida imitazione del giorno di fine anno scolastico».
Mi viene in mente al riguardo, parafrasando Socrate, che, in effetti, gli alunni dimenticati in questi mesi hanno avuto la consapevolezza di sapere che oggi nelle scuole, vale la regola del “non sapere”. Che sia la rivoluzione dei precettori sui sofisti? Ai futuri ignoranti la sgrammaticata sentenza.
Un padre perplesso
Ai Genitori Agli Alunni Ai Docenti Al Personale ATA
Margherita De Dominicis [da Il Tirreno]
Cari Genitori, Studenti, Docenti e Personale ATA, mi trovo, come amata prassi e consuetudine, a scrivere la mia lettera di saluti e ringraziamenti di fine anno scolastico.
Quest’anno lo faccio con una ulteriore consapevolezza del mio e del Vostro ruolo, ma non senza difficoltà. Un bilancio mi è doveroso.
Banale sarebbe ringraziarvi per la preziosa e fattiva collaborazione, in questo anno scolastico così speciale… sì speciale perché l’emergenza epidemiologica non ha cambiato solo la didattica, ha influito sulle nostre menti, sui sentimenti, sui rapporti umani e lavorativi.
Uso l’aggettivo “speciale” nel senso più profondo del termine: mi interessa e piace guardare le cose positive di questa esperienza… sono tante, davvero tante.
All’improvviso, all’inizio del secondo quadrimestre, nel pieno e al culmine dell’attività didattica, le aule sono state chiuse, i libri anche lasciati sotto i banchi, i parcheggi deserti, il telefono squillava a vuoto prima della risposta della segreteria telefonica.
I primi giorni sono stati di disorientamento per tutti, dolorosi, ma la gente di scuola sa di avere un grande compito, una vera missione e lo fa con cuore e passione veri. In breve ognuno ha dato il suo contributo e per i nostri alunni tutto è ripartito, anzi, è proseguito, anzi credo che la didattica non si sia mai fermata.
L’organizzazione è stata diversa, certo, ma la scuola ha continuato ad essere parte importante e determinante della vita e della crescita dei nostri ragazzi. È entrata anche un po’ di più nelle Vostre vite, genitori a casa, è entrata nelle Vostre case… è stata scuola un po’ per tutti.
Dice che la perfezione non esiste…
Io sono fiera. Fiera di tutto e di tutti. Certo si può migliorare e perfezionare ma il messaggio educativo ai miei studenti non è quello della ricerca della perfezione che non esiste ed è inutile, è la ricerca di se stessi, del proprio dovere, della propria personalità. Vorrei insegnare ai miei ragazzi a dare il meglio di sé, questo conta, apprezzare ogni esperienza. Questo è quello che tutti noi abbiamo cercato di fare, ognuno nel suo ruolo, io come Preside, gli impiegati amministrativi che tanto hanno dovuto fare a distanza tra tante difficoltà e soprattutto i docenti. Grazie, davvero grazie. E bravi… bravi tutti.
Con queste parole voglio “festeggiare” la fine dell’anno scolastico (la scuola in realtà non finisce mai, è parte di noi, per sempre).
Certo quest’anno non ci saranno gli applausi dell’ultimo giorno, i baci, gli abbracci. In tanti anni di scuola ho vissuto sempre con emozione (e qualche lacrima) l’ultimo giorno: vedere i ragazzi uscire dal portone felici ma emozionati, consapevoli. Che bel mestiere il nostro… sempre accanto ai nostri bambini che sono il nostro futuro… mi sembrano così belli… così intelligenti… così invidiabili.
Non ho comunque alcun rammarico per non poter fare altrimenti. Da donna di scuola so che qualunque altra pallida imitazione di quel giorno sarebbe umiliante per noi e per loro.
Per quest’anno niente dolcetti, niente canti e feste in giardino, niente cenoni. Appena ripartiremo, però, sappiatelo cari ragazzi, che le Vostre scuole sono pronte ad accogliervi ancora, nelle stesse aule e negli stessi giardini per festeggiare insieme non la fine ma l’inizio dei nuovi percorsi scolastici.
Così voglio augurare a tutti salute e vacanze serene… in attesa di nuovi insegnamenti e ringraziarVi con l’affetto di sempre.
La Vostra Dirigente Scolastica Prof.ssa Margherita De Dominicis
FANTASTICANDO SUL NULLA
ARMANDO…, Margherita…, Armando…, Margherita… (Spartacoooo…): mi è venuto in mente questo video; guardatelo anche voi insieme ai vostri figli, perché è molto più educativo di tre mesi di puttanate con il tablet in mano.
Non vorrei essere troppo cattivo, ma non posso che rispondere come risposi a un allievo che mi chiese perché lo fossi, e si sentì dire: «A essere cattivo mi diverto di più!».
La Margherita De Dominicis, mia allieva al ginnasio, ha deciso di vendicarsi delle mie cattiverie di un tempo sbolognandomi, sia pure per interposta persona, attraverso un genitore dei suoi, una soluzione zuccherina supersatura per endovena, proprio a me che soffro di diabete. Per superare la crisi iperglicemica, cazzo!, mi sono dovuto fare cinque iniezioni di insulina e 12 pillore (in campagna si dice così) di Metforal 500 mg.
La capisco anche perché, per due anni due, le ho rotto le scatole tirandola giù per un piede dalla mezz’aria dove di solito viveva e dove – mi par di vedere – sta ancora vivendo sospesa.
Certo con delle minestre della pubblica d-istruzione come abbiamo avuto e ci teniamo, l’ovvietà più conforme che possa esistere, ce l’abbiamo a portata di mano. L’istruzione (ma se parlasse Guido Ceronetti nei toni della sua Musa ulcerosa: istronzione, un misto di sapere e di merda) l’istruzione del politically correct c’è tutta e con tutto il residuo dei metalli pesanti (come certe teste vuote) che non lasciano sviluppare lo spirito critico dello studente, ma gli inculcano i principi preconfezionati non pur del conformismo, ma della assoluta conformità. Perché così va fatto, questa è l’educazione, così vuole il Pensiero/partito Dominante.
Modello Scuola Media
Margherita, se la scuola crea bimbini che stanno sempre a succhiare Ciucciotti Haribo e non riescono a crescere, col cavolo che la scuola fa nascere i cittadini! Tira su dei dementi senza personalità e, come dici tu, la cercano di continuo non perché l’hanno persa, ma perché credevano di averla non sapendo di non averla mai avuta.
La funzione della scuola (e da qui si vede che della didattica conosci solo il manuale di don Milani: Passate, fratres!) non è tranquillizzare e serenizzare i ragazzi, ma quella di problematizzarli, farli ragionare e crearli (perché no?) anche ribelli: perché nella ribellione nasce il seme dell’antitesi, cara Marghe. E l’antitesi si contrappone alla tesi spingendoci a una sintesi.
Al contrario, voi, grandi presidi-dirigenti scolastici, perlopiù presuntuosi e gonfi del fatto che avete vinto (pardon: che vi è stato fatto vincere) un concorso; filologi che il più delle volte interpretate le circolari e le disposizioni, che vi impartiscono, con la stessa demenza dei loro contenuti; voi cullate i vostri cocchini fino al punto di cambiar loro (se fosse possibile) il pannolino merdoso in classe, perfino sulla cattedra. Temete i genitori e scassate i maroni a chi insegna: specie a quelli seri e preparati, perché – direbbe la Cisl fiorentina – col loro impegno fanno passare per somari inetti e sbuccioni tutti i docenti che non hanno voglia di fare una beata minchia.
E lo fate a condizione che… A condizione che questi agnellotti da proteggere per non avere grane genitoriali, si conformino al vostro pensiero, vi sorridano e vi facciano l’inchino.
Negli anni (penosi) del mio insegnamento, in cui ho visto stadi interi di studenti impreparati, non certo per colpa loro, ma grazie a molti docenti politicamente corretti e barbianesi incalliti, mi si sono sempre rizzati i capelli in testa quando (e sono stati tanti) i miei studenti mi hanno chiesto, durante il compito d’italiano in classe, «ma di questa frase, posso dire cosa penso?».
Spero che tu sappia ancora leggere un po’ d’italiano, Marghe. Perché questa domanda ha un solo significato: «chi mi ha portato fino a questo punto, non gradiva che noi esprimessimo il nostro punto di vista, il nostro pensiero». Tanto basta per dire che la scuola italiana, dalla distruzione della riforma Gentile in poi, è stata un vero e proprio Afghanistan.
Ai ragazzi va fatto capire con chiarezza – e non è mia opinione, ma pensiero e dottrina di psicologi e psichiatri indiscutibili – che il mondo di fuori non è quel giardino di rose senza spine, a cui tu ti riferisci nella tua calligrafica letterina in cui elogi tutto e tutti perché quello che è stato fatto (cioè cosa? Un cazzo o un troiaio da dilettanti analfabeti allo sbaraglio?) è fatto bene ed è un capolavoro.
Il mondo di fuori è un tritacarne, cara professoressa De Dominicis. E i ragazzi vanno confezionati fornendoli di corazze da Robocop, non rendendo loro mencio il guscio che potrebbe formarsi e non si forma perché, con tutto il bravismo e l’entusiasmo politico, che l’istruzione materializza in “tutti promossi”, quella corazza di burro diventa polpa di granchio spiaccicabile perfino con una modesta calcagnata.
Pangloss = Margherita. Ovvero la più bella scuola del mondo possibile
Una cosa mi ha colpito nel tuo angelico discoro alla Francesco Bergoglio: «il messaggio educativo ai miei studenti non è quello della ricerca della perfezione che non esiste ed è inutile».
Hai già detto, contemporaneamente, tutto e troppo. La prima osservazione è: vallo a raccontare a Leonardo, a Michelangelo, a Raffaello, a Dante, al Bernini, a Bach, a Mozart, a Sant’Antonio da Padova o, se preferisci, a Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, asini inclusi.
La seconda osservazione è che quest’idea, particolarmente “comunistica”, nell’affermare l’inutilità della perfezione, innesca un principio di un “tutti uguali per legge” che fa onestamente vomitare: perché nessuno di noi è uguale a null’altro che a se stesso.
Solo per questa affermazione, a mio avviso, se fossi al posto di quella tizia che vuole riempire imbuti, andresti sospesa dal servizio e posta sotto osservazione o messa a passare carte, ma dove non si fanno danni, non in mezzo a mille ragazzini.
La vita, l’educazione e la scuola non sono affatto quelle cose di cui tu parli: quelle sono il tuo punto di vista. Ma per un dirigente scolastico creato apposta da un Partito Democratico come il Covid-19 nel laboratorio di Wuhan; e allevato unicamente per impartire alla materia informe gli algoritmi della conformità all’obbedienza, questo non è facile da capire. Il pre-condizionamento ha già svolto ciò che, in termini medici, si potrebbe definire l’infezione.
Il famoso Zio Itle del Vernacoliere
Cara Marghe, il nazismo non è stato niente – per paradosso, lo sai vero cos’è? – in confronto alla “conformità” dei comunisti. Lo Zio Hitle (come dice Il Vernacoliere e tu, Livorno, mi pare dovresti conoscerla…) ne ha fatti fuori 50 milioni. I governi di Napolitano & Mattarella ne hanno fatti fuori 60 milioni (pur se biologicamente vivi) nella sola Italia.
Finché non vedrai (e non vedrete, voi dirigenti scolastici) la storia da questo punto di vista, hai voglia a farci iniezioni di fiducia e di miele! L’unico effetto che puoi ottenere è scatenare la diarrea intellettuale dinanzi alla quale anche l’Imodium fa solo cilecca!
Dammi retta: entusiasmati meno e cerca di pensare di più.
Cerchiamo di essere chiari, preside: già la scuola dal 74 al 2000 era un parcheggio di gente arruffata. Figuriamoci oggi. Per cui: chiudetele, le scuole così; è meglio. All’università mi sono arrivate delle “mucche da corridoio” di Bersani che non sapevano né leggere né scrivere né probabilmente fare di conto. E non ce le avevo mandate certo io sin lì, ma (secondo te) chi…?
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