SATIRA ED IRONIA SONO SORELLE:
RIDONO PUR, MA FAN VEDER LE STELLE!
PURTROPPO quelli che io chiamo non social, ma troyal (battuta stra-sessista, ma fortunatamente me ne frego, cari budini molli del politicamente corretto), scassano non solo i cogliomberi, ma prima ancora i cervelli – e molto spesso li svuotano fino all’ultima goccia.
Non dire cazzate, non dire puttanate, non dire merdate sono tutte espressioni fortunatamente poco corrette, che però indicano subito il concetto a cui si richiamano.
Conte decide tutto salvo intese: ed è come la famosissima barzelletta dei due ottantenni, uno T e uno NT (uno trombante e uno non trombante: tanto per essere chiaramente ed esplicitamente sessisti) che si scambiano commenti sulle loro condizioni cazzuali.
Il primo, NT, è fuori gioco da un bel po’. L’altro, al contrario, dice all’amico inservibile che lui «si alza e scopa; fa colazione e scopa; prende il caffè delle 11 e scopa. Poi sospende per l’ora di pranzo e la pennichella, e altre quattro volte ri-scopa dall’ora del tè alla mezzanotte quando va a letto”.
E quando l’amico inservibile gli chiede da quanto faccia una vita così cazzuale e impegnativa, il trombante risponde: «Inizio da lunedì prossimo».
La stessa cosa il sindaco Benesperi fa con la battutina del cartello – spropositata, per lui – aromatizzata al sapore di ironia. Su Conte deve tacere, anche perché il sindaco di Agliana ha una preparazione avvocatizia, pur non esercitando.
Il sindaco del cambiamento, sorretto da ambo i lati da due stampelle, da un assessore che ultimamente s’è ammosciato, e da una segretaria che fa troppa politica, mette un asterisco alla battuta e rimanda al *salvo intese finale.
Meglio se rimandava, invece che alle intese, a un Salvo Montalbano (il giovane, con quella bellissima Livia dal viso dipinto da un Beato Angelico, Sarah Felberbaum); a un Salvo Randone, gesuita e papa nero nel film In nome del Papa Re; a un «salvo complicazioni per la giunta aglianese»; a un Salvo D’Acquisto, che seppe salvare altri, rinunciando a salvare se stesso.
Alzare il bicchiere per brindare a una Agliana unita e forte (ma che non sa infilar le porte), per chi osserva da fuori è una infelice battuta: proprio per l’asterisco, che segue; quella stellina che rimanda il sorriso a fighetto al salvo intese dell’inettissimo Conte (di Caglio[n]ostro).
Ma… quali intese e con chi, sindaco? Con quelli di casa o con quelli di fuori? Con gli affidabili o con gli inaffidabili? Con chi – come da Sodalizio Mvschiato – dice di «averti tanto nel cuore, ma di andarti beatamente nel culo»; oppure con chi, proprio perché non ti va nel culo, ti tratta con carta vetrata e gocce di limone e sale negli occhi perché non intende circuirti?
Insomma, quel salvo intese è una battuta o una «confessione di armistizi e di sottacordi annunciati»? Come la dobbiamo intendere?
Hai fatto il liceo classico, perciò vorrei ricordarti che c’è una bella novelletta di Esopo (con l’accento così: Esòpo; non, come dicono tutti, Èsopo), in cui una volpe si imbatte per caso in una maschera tragica da teatro ed esclama: «È òia kefalè, kài enkèfalon ùk èchei», che si può tradurre, con disinvolta contestualizzazione: «Che bel fighetto, ma non ha cervello!».
Sempre – s’intende – *salvo intese…
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Libera critica in povera Agliana
Ricordati, Luca, di quando cestinavi la falce e il martello* – * salvo intese!