quarrata, gioie & dolori. «IL NOME DELLA ROSA» DÀ FASTIDIO A TUTTI QUELLI CHE, DAL COMUNE E DA FUORI, HANNO STRAVOLTO VIA DI LECCETO? PAZIENZA! 4

Alcuni “comunali” non tollerano che si raccontino gli episodi dell’assurdo scappati da un romanzo di Kafka o dalle cartelle cliniche di Basaglia & Pirella. È vero: i due luminari della psichiatria fecero chiudere i manicomi, ma agirono, forse, solo per rendere “manicomio” la vita di tutti da tutte le parti. Querele a iosa in arrivo? E chi se ne frega? Ricordate che siamo solo all’inizio…

 

Personalmente, domani, 3 agosto 2020, farò istanza al “Romitino”, assessore ai lavori pubblici; all’ingegner Iuri Gelli, capo del Genio Utc del Comune di Quarrata; e al comandante Marco Bai, della Gestapo quarratina, di provvedere all’installazione immediata di un autovelox su via di Lecceto, onde rassicurare tutti sul severo rispetto dei limiti di velocità ed evitare danni e pericoli da Ponte Morandi

CORRI PUR, MA PIANO: E SPÈRA

D’UN FINÌ DRITTO ’N GALERA!

In greco si dice «spèude bradéos!», cioè «corri piano!»


 

A PROPOSITO della “Guerra dei Roses” in via di Lecceto, mi è giunta voce che i pezzi pubblicati stanno facendo un grosso polverone in Comune a Quarrata anche perché stai facendo nomi e cognomi. Poco fa mi hanno fatto intendere che qualcuno (dipendente del Comune di Quarrata, forse lo stesso … ) stia meditando una denuncia. Aspettatela… [Messaggio WhatsApp delle 14:44].

 


 

Processo Pacciani. Quando il postino Vanni minacciò Paolo Canessa in aula…

 

RIPETO quello che ho scritto ieri: Non c’è niente di peggio di un uomo se non un uomo stupido e di uno stupido che esercita il potere senza comprendere ciò che fa.

C’è da rispondere solo in un modo a certi buzzurri che minacciano e fanno arrivare le minacce trasversalmente; come rispose Paolo Canessa in aula quando, al processo Pacciani, Vanni il postino gli augurò di morire di cancro, e il pm, senza scomporsi più di tanto, chiosò con un significativo «mi tremano le mutande».

Nonostante che Quarrata mi abbia avuto tra i coglioni per 73 anni; nonostante che Marco Mazzanti sia stato a scuola da me in prima media; nonostante che la gente del Comune (Oliviero Billi, Franco Fabbri, Giorgio Innocenti, Fiorello Gori & altri) sappia bene che non cedo a compromessi e non l’ho mai fatto nei 4 anni in cui ne sono stato dipendente; nonostante che abbia fatto il cronista, prima su Quarrata e poi su Pistoia, per ormai 53 anni: il cervello di certa gente è così vuoto, che ancora non ha capito che, se avessi avuto paura della mia ombra, sarei rimasto a lavorare in Comune.

Infatti a Quarrata avevo vinto tutti i concorsi a cui avevo partecipato: da impiegato semplice, a vicecapufficio, a capufficio di ottavo livello; e ad Arezzo mi ero preso (1975) anche l’idoneità a caporipartizione (cat. A/2, si diceva allora: lo stesso livello che a Quarrata aveva l’avvocato Ferruccio Ghelardini, il vicesegretario, figlioccio del Dc Vittorio Amadori, che lavorava, di pomeriggio, nello studio Turco di Pistoia, quello di cui, oggi, è titolare la signora Cecilia.

La Dc lasciò il Comune di Quarrata dopo 25 anni

Lasciai il Comune di Quarrata perché – nonostante che il segretario, il dottor Giuseppe Guggino, mi volesse un gran bene e avesse già pensato di mettermi al suo fianco in un ufficio accanto al suo e con porta comunicante, per affidarmi tutta la segreteria –, al momento di decidere se scegliere il Liceo Forteguerri o la caserma da cui il cervello va lasciato fuori, preferii (e ciò dispiacque, e non poco, sia al segretario che al sindaco Pci Luciano Caramelli, all’inizio mio grande nemico, ma poi forte estimatore della mia personale competenza) scegliere la libertà di parola, di pensiero, di critica e di satira, come previsto dall’articolo 21 della Costituzione, un testo che gli asini legati a certe campanelle non conoscono.

Perciò – e l’ho anche scritto nei giorni scorsi – cari signori comunali, di sicuro non colleghi miei, fàtevene una ragione: nessuno mi mette il sale sulla coda, come si fa coi passerotti per prenderli. La paura non è la mia dimensione: non lo fu quand’ero giovane, tanto meno lo sarà oggi.

Siete incazzati perché sto facendo nomi e cognomi e non gradite? Se siete incazzati – si diceva quando, negli anni 50-60, la legge era una cosa seria e rispettabile – scendete dal cazzo e andate a piedi.

Il pubblico dipendente, nella sua veste, ha più doveri e più delicati di un semplice cittadino qualunque.

Nessuno viene a scrivere con chi scopate e come: anche se, per esempio, scandali di questo genere non sono mancati, nel tempo, nel comando di polizia municipale – vergogne finite sul giornale e opportunamente ricoperte come la merda di gatto, senza l’adozione di alcun provvedimento da parte di chi avrebbe dovuto, invece, scoperchiare il bottino e usare la clava di Ercole per rispetto nei confronti dei cittadini di Quarrata.

«Non mettere la macchina al muro, sennò mi sciupi la casa e poi chiamo il Bai che ti fa la contravvenzione!». E così fu. Tenete d’occhio questa foto: nel pezzo di domani ve la spiegao meglio e con tutti i particolari in cronaca…

Nessuno vi conta – con nome e cognome – quante volte vi scaccolate quando siete fermi all’incrocio degli Olmi o (come ho visto personalmente e con testimoni) passate col semaforo rosso con l’auto di servizio; e magari fate un culo come un paiolo a qualche poveraccio distratto o che attraversa con il giallo.

Dal pubblico dipendente, da cui si esige di più, si pretende anche, come dovere assoluto, un’umiltà che, il più delle volte, non avete perché non pochi di voi sono al posto in cui si trovano solo perché hanno una tessera di partito; e se non la hanno, lambiscono il culo di un partito: qualcuno di voi, come fu-non/collega, l’ho visto partire democristiano focato anticomunista e finire, tra ninnoli e nannoli, in quel porcaio che si chiama catto-comunismo conseguente al compromesso storico Pci-Dc di Stefano Marini, peraltro caro amico nonostante la diversa visione del mondo, e che non si è mai permesso di minacciar tuoni, fulmini e saette neppure con il solo suo pensiero!

Il pubblico dipendente non è un Faraone: al massimo è un pollastro. E non può avere il diritto di farsi ritrarre in statue di granito nella postuta di «Ce n’ho le palle piene!»… Le palle piene ce le hanno i cittadini

Abituatevi ai vostri nomi on line: è il nome che vi identifica, infatti avete cartellini attaccati al petto con nome e cognome.

Ma riflettete anche sul perché venite messi on line. Non chiedetevi se la cosa vi spacca le palle, ma se quello, in cui venite rappresentati e coinvolti, è un atto in commedia che avete recitato.

Ed esaminate come lo avete recitato: magari accontentando qualcuno, ma finendo con il rendere ingiustamente un inferno, la vita di altri.

In un commento WhatsApp, un lettore mi scrive: «Non hanno nemmeno il coraggio e la dignità delle loro azioni. Perché, allora, se non vogliono essere nominati non cercano di fare perbene il loro lavoro?» (1° agosto, ore 16:42).

Vi dico subito che voi siete, almeno, per ora, il primo gradino di questo “sistema marcio” che ci ammazza tutti quanti.

Ma vi garantisco che, andando avanti, sarete in buona compagnia. Non saranno solo i vostri nomi a rifulgere come stelle in un firmamento nero come l’inferno: avrete l’onore di trovarvi in compagnia anche di solerti magistrati, che hanno messo la loro firma su atti da vomito: i cani di mia figlia li avrebbero confezionati con maggiori scienza giuridica & dignità umana.

La vera democrazia è questa: dire, fare, baciare, lettera e testamento. Non è servirsi di Luca Lotti o di Luca Palamara; non è far carriera a schiocco perché sei affine di Matteo Orfini o perché la Maria Elena Boschi ti salva il culo da Palazzo Chigi/ciuchi-bigi.

Mattarella e Palamara: c’eravamo tanto amati… E io ci credo, vero? Uno è non-presidente e l’altro è ben altro…

La democrazia è dire in faccia a tutti, Mattarella compreso: «Caro Sergino, tu sei presidente della repubblica né più né meno di come Bergoglio è papa».

Vivere da superprotetti e credere che, per una vita intera, si possano fare i cazzi propri alle spalle di chi paga le tasse, è troppo facile.

Oggi, 2020, dopo 12 anni di casini, spregi e sfregi di ogni sorta, signori cari: la dovete piantare, la dovete fare finita di fare e/o lasciar fare come cazzo pare.

Dico solo questo: che se dovessi fare una brutta fine, i responsabili vanno cercati certo tra voi. In Comune, in Tribunale, nell’Ordine dei Giornalisti, fra tutti quei dominatori istituzionali-seriali, gonfi come una vescica di porco, che – comunque si chiamino, qualunque ruolo abbiano, qualsiasi stipendio prendano – sono solo dei massoni in senso lato e complessivo.

La chiarezza, gentili signori, è il mio mestiere e la missione del giornalista che si rispetti. Volete denunciare? Avanti, c’è posto! Vorrà dire che ci rivedremo a Canossa.

Achtung, Herr Querela!
Attenzione, Signor Querela!

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Libertà, art. 21 Cost.
Fàtevelo spiegare dalla signora Grazia Razzino
e dall’avvocata Francesca Marini, assessorA alla Legalità.

Dovremo aprire il social dei “primati”

 

È un’intera vita che io compaio sul giornale. Mi firmo ogni giorno.
Voi vi scandalizzate se qualcuno racconta in pubblico ciò che fate agendo in nome della pubblicità degli atti?
Forse aprirò (come giornale, s’intende) il gruppo non ufficiale facebook «Quarrata. Non sei un cretino se…» non quereli per primo!


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