Premesso che il mercato immobiliare offre case perlopiù irregolari, non condonate e ancora abusive (che spesso vengono comunque trattate come regolari dal notariato locale) e che il tribunale non ci fa quasi mai caso, forse perché più comodo è essere ciechi; l’acquisto di una casa è il banco di prova con cui uno “straniero” – e stranieri a Pistoia sono tutti coloro che sono nati al di fuori della prima cerchia di mura… – misura, come direbbe Vittorio Feltri, quanto culo ha in vita sua: se ce la fa senza intoppi, è un unto di Jaweh…
COSA PUÒ ESSERCI di peggio, per uno che non è di Pistoia, che abitare a Pistoia? Una volta una signora di Arezzo mi confessò: «Vede? Sono quarant’anni che abito in questa città con la famiglia, e ancora non ho capito cosa e come siano i pistoiesi».
I pistoiesi sono, in buona sostanza, dei geni. Anche del male. E la cosa peggiore che possa capitare, a un non-pistoiese che deve abitare a Pistoia, è il dover acquistare una casa a Pistoia. Con l’acquisto di una casa, tocchi il fondo e ti rendi conto che il furto di Vanni Fucci in cattedrale è, per Pistoia, una prassi quasi normale.
Premesso che il mercato immobiliare offre case perlopiù irregolari, non condonate e ancora abusive (che spesso vengono comunque trattate come regolari dal notariato locale) e che il tribunale non ci fa quasi mai caso, forse perché più comodo è essere ciechi; l’acquisto di una casa è il banco di prova con cui uno “straniero” – e stranieri a Pistoia sono tutti coloro che sono nati al di fuori della prima cerchia di mura… – misura, come direbbe Vittorio Feltri, quanto culo ha in vita sua: se ce la fa senza intoppi, è un unto di Jaweh; altrimenti perde banco e chicchi, ranno e sapone (come amava ripetere don Renato Gargini ai liceali del Forteguerri anni 60), baracca e burattini. Com’è capitato a un signore di cui, stamattina, vi racconto la storia.
Avellinese, trapiantato a Pistoia due mesi dopo la nascita, idraulico di mestiere, solvibile, onorato e ammogliato e con tre figli (due femmine e un maschio: 22,16 e 13 anni), abita in una strada di periferia con la famiglia. Cinque in casa sono troppi, non c’entrano più: è arrivato il momento di cambiare abitazione.
E ora seguite il calvario di questo onesto lavoratore tranquillamente preso per il culo a suon di legge adoperata sul filo del rasoio e al limite della corretta e onesta legalità.
Siamo nel 2012, appena alle spalle dello s-governo Monti (Mario il furbo giura il 16 novembre 2011) e lo straniero a Pistoia (così lo chiameremo d’ora in poi) trova che un distinto signore, dipendente pubblico, ha messo in vendita una casa: si tratta di una costruzione che fa al caso dello straniero.
La casa è in via Bonellina o giù di lì. Così inizia una trattativa informale, poi l’accordo si stringe: lo straniero cerca un geometrO e lo assume per scrivere il compromesso e seguire l’iter completo dell’affare della sua vita. È evidente che si fida del suo geometrO: ma i geometri di Pistoia e provincia sono davvero affidabili? Personalmente ne ho molti dubbi. Vediamo…
Primo incontro e firma-compromesso: lo straniero versa direttamente nelle mani del dipendente pubblico venditore, un assegno da 35mila euro, tipo caparra confirmatoria e acconto prezzo, per la casa il cui valore è fissato in 165mila euro.
Lo straniero ha un problema: deve prima vendere la casa che sta abitando e ottiene, dal venditore, due anni di tempo per poterlo fare. Entro tale termine, deve versare al venditore la differenza di prezzo dopo avere alienato il proprio appartamento.
In fase di firma di compromesso, schizza fuori un piccolo problema: con il dipendente pubblico venditore, sono presenti anche due sue figlie, a cui la casa promessa in vendita è stata già trasferita in donazione.
«Nessun problema – assicura il geometrO dello straniero –. Di queste cose ne ho fatte un sacco: al momento della firma del rogito notarile, vengono anche le figlie, firmano e la cosa è fatta!». Come un ghe pensi mi berlusconiano. Messa così, la cosa va bene a tutti. Tutti sono tranquilli. Il venditore (che ha fatto dono della casa alle figlie) si becca 35mila euro in assegno e il tempo inizia a scorrere.
Siano già al 2014. Stanno per scadere i due anni concessi per la vendita della casa dello straniero, e le cose non vanno nel migliore dei modi. Fra quella faccia d’angelo di Monti e quella cartapecora della Fornero, hanno fatto più danni della grandine, d’accordo con quel bravo signore di Napolitano. Il mercato immobiliare si è – lo sa anche il can di Betto – fermato, bloccato, impietrito.
Allora lo straniero telefona al venditore della nuova casa e gli spiega le difficoltà del fermo-mercato. Risposta: «E io che c’entro? Gli accordi sono accordi e li devi rispettare!». Sia chiaro che questa frase è la sostanza della risposta, non le parole esattamente pronunciate.
Lo straniero, in stato confusionale e di completa disperazione, parla con un amico sindacalista della Cisl, che lo indirizza da un avvocato. Lo straniero si rivolge all’avvocato indicatogli e quest’ultimo gli consiglia di scrivere personalmente una lettera chiedendo sei mesi di proroga dei termini, con proposta di pagare 400 euro al mese, tipo-affitto, al venditore, per i disagi conseguenti al problema che è sorto.
A questo punto, però, non interviene più il padre-venditore, ma lo fanno direttamente le figlie che ne hanno ricevuto la donazione: «Nessuna dilazione – scrivono –. L’accordo salta per tua inadempienza. E tieni a nche presente che, nel biennio passato, noi due sorelle, destinatarie del dono paterno, siamo andate quasi in analisi per depressione». Non si riesce a capir bene perché la depressione, ma questo è il sunt, in soldoni, delle parole di risposta.
Ora immaginate, per un istante, la prostrazione dello straniero, accusato di essere inadempiente perché lo s-governo Monti ha messo tutti col culo per terra – in maniera sempre molto cattolica e pia, però; perché il senatore a vita va a messa con la moglie tutte le domeniche che dio mette in terra.
A questo punto una nuova lettera, stavolta ufficiale e legale, la scrive l’avvocato dello straniero. Segue un nuovo incontro fra straniero-venditori-avvocati e geometrO “facilone” dello straniero. Ne esce un accordo rinnovato: il venditore e le sue due figlie si impegnano a prendere in permuta la vecchia casa dello straniero (valutata in circa 100mila euro). Sembrerebbe fatta. Lo straniero chiede le chiavi della nuova casa di via Bonellina, per andarci a fare lavori di adattamento in vista di un trasloco. Risposta: «No, niente chiavi. Veniamo noi a aprire e a chiudere».
Intanto una banca locale di Pistoia, contattata e visitata da straniero e suo avvocato, assicura che non ci sono problemi per un mutuo da erogare al fine di concludere tutto l’affare.
E lo straniero, felice, contatta perfino Mondo Convenienza per i mobili della nuova abitazione. Lo straniero ha perfino firmato un accordo-capestro con i venditori: 100 euro giornalieri di penale per ogni giorno che passerà i 6 mesi concessi: insomma, non vi pare un vero e proprio strozzinaggio?
Il mutuo richiesto viene promesso in una quindicina di giorni: ma, guarda caso, non arriva. E non arriverà neppure: perché la banca locale pistoiese ha visto che il bene promesso in vendita allo straniero è oggetto di donazione alle due figlie del pio dipendente pubblico, cosa che comporta rischi seri di veder spuntare, a sorpresa, anche – chissà – qualche figlio illegittimo.
Proposta dello straniero ai venditori: «Rinunciate alla donazione e la cosa è fatta». Risposta del padre pio venditore: «Io sono un buon cristiano, che va anche al family day e mia moglie è perfino catechista. La donazione è un atto d’amore e non si rinnegano gli atti d’amore». In sostanza: «Attàccati, straniero!».
Lo straniero, al di là di ogni ragionevole dubbio, si offre di fare di tutto e di più: «Chiedo – dice – un mutuo con 10mila euro in più e pago io, personalmente, tutte le spese per la cancellazione della donazione». E di nuovo i buoni cristiani rispondono con un bel no.
Poco dopo lo straniero riceve una gentilissima telefonata: «Vieni a riprendere gli attrezzi che hai nella nostra casa, perché se non vieni sùbito, te li buttiamo in mezzo alla strada». Sembra, quasi, di sentir parlare Gesù del Vangelo…
Cosa resta da tentare, se non una causa civile? Ma a Pistoia anche il tribunale sembra funzionare in controtendenza e con logiche del tutto sue. 2014, prima udienza. E sùbito un rinvio al 2017 – e avanti popolo! 2017: e il giudice, in udienza, è estremamente chiaro: «Sto per andarmene a Firenze e, quindi, lascio qui così le carte di questo faldone. Ci penserà chi, nel 2020, verrà al mio posto!», arrivederci e grazie! Si può aggiungere salutamassòreta o tanti saluti al cazzo? Credi di sì.
Il 2020 è arrivato ed è arrivata anche la sentenza tanto attesa dallo straniero. Salomone si è espresso con tutta la “prudenza” giuridica del caso: lo straniero ha fatto tutto quel che poteva per dare séguito alla compravendita e onorare i patti, ma nella nuova casa ha anche fatto dei lavori alla carlona.
In buona sostanza? Lo straniero si becca il torto e la beffa. Regala 35mila euro al buon cristiano pio con figlie sull’orlo di una crisi di nervi per depressione non-certificata, e ora, in più, deve pagare anche 9mila euro di spese e danni, pignorati a 250 euro al mese sullo stipendio, e per 36 mesi consecutivi. La messa è finita, andate in pace!
Quest’anno, anche in séguito al comprensibile stress, la moglie dello straniero è scoppiata e se n’è andata, lasciandolo solo e con i tre figli. Volete una soluzione finale migliore di questa? Credo che certe cose non succedano neppure nel Benin.
La guerra, comunque, non è finita. Continua. Perché lo straniero ha il dente avvelenatissimo (e a buon diritto) con i bravi pistoiesi, cattolici, amorosi e rispettosi del prossimo; e con la giustizia di Pistoia, che farebbe invidia perfino a Salomone. Magari, tra un po’, vi scriviamo anche i nomi degli attori di questa commedia da Eduardo De Filippo!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Art. 21, critica cronaca, satira e voltastomaco
Dio ci scampi dai cattolici,
quando fanno gli apostolici!
Pensan solo al portafoglio
e lo stringon con orgoglio.
E il sor giudice che fa?
«Iatevénne, paisà!».