Cari fratelli di Crozza, checché ne possiate dire e o pensare, il mondo non si salva né accogliendo, come don Biancalani, tutti quelli che passano il mare per venire a fare gli schiavi neri agli schivi bianchi del politicamente corretto…
AD ASCIUGAR LE LACRIME A CHI PIANGE
È FACILE, MA IL VERO NON SI TANGE
È STUPEFACENTE, il Manzoni, quando ci descrive l’arresto di Renzo e la confusione che ne segue. Si sofferma su una riflessione che suona pressappoco così: uno che avesse visto il povero pesce lesso di Lucia in manette che strillava, ribellandosi ai birri e al notaio criminale (la figura ante litteram del moderno Pm) che lo portavano in galera, avrebbe pensato che si trattava di un malvivente giustamente acchiappato. E invece, sottolinea don Lisander (cioè, a Milano, Alessandro), era proprio lui l’offeso e i poliziotti che se lo portavano via erano gli offensori. Dipende sempre da che prospettiva si guarda il fatto: e le prospettive sono tre, non due come di solito crede la gente normale.
La prima guarda il fatto dalla parte destra, la seconda lo guarda dalla sinistra: e finalmente, la terza prospettiva, quella che sfugge ai testoni, alle zucche, alle capre e alle rape, che un tempo finivano nel trinciato per i buoi, è quella dello spettatore in tribuna che guarda la partita dall’alto. Uno spettatore che osserva con occhi, più o meno disincantati, da storico e non da partigiano portami via e da bella ciao.
Nella vicenda che mi ha investito e di cui torno qui a parlare, è come con Renzo: sembra che il malvagio, l’aggressore, il violentatore privato, il persecutore di Gesù, sia io in persona; una personaccia, un diavolo che va punito perché – riflettete – ha fatto di tutto a dei poveri innocenti “afflitti e piangenti”, che però da 25 anni a questa parte non lasciano vivere in casa loro due persone che hanno deciso di vivere, a Lecceto e che non hanno intenzione di fare né da mezzadri né da servi della gleba a nessun ricco cialtrone arrivato sul Montalbano per chiudere strade e loro pertinenze, rintanandosi in casa con ciocche di telecamere per spiare i vicini o tenere lontani i veri malintenzionati (non certo chi scrive).
Cari fratelli di Crozza, checché ne possiate dire e o pensare, il mondo non si salva né accogliendo, come don Biancalani, tutti quelli che passano il mare per venire a fare gli schiavi neri agli schivi bianchi del politicamente corretto; né ad andare di notte sulle rotonde stradali per convincere le prostitute a smettere di vendersi, quando la loro unica e vera salvezza sarebbe levarle dai campi, dalle viottole, dalle redole, e dare loro una confortevole stanza, certo in un bordello, ma al di fuori della portata di papponi, spacciatori, zotici, violenti, guardoni e quel che volete.
Quando dico che i comunisti non hanno cervello (sul significato che personalmente attribuisco al termine comunista ho scritto più e più volte: scartabellate Linea Libera e studiate), affermo una vera verità logica. I comunisti non si pongono mai il problema di mettersi in un punto di prospettiva centrale, perché, possedendo la verità per divino volere e godendo della scienza infusa, sono l’immagine speculare dei cattolici, sempre infallibili come il papa, se il papa è un Bergoglio. Immaginate cosa possono essere i catto-comunisti alla Franceschini, al tempo stesso corpo e immagine speculare di sé!
Giustizialisti come sono, i comunisti preferiscono, come del resto tutta l’umanità senza qualità, le soluzioni da asporto come la pizza, le cose precotte. Lo diceva già lo storico Tucidide: i più si rivolgono alle opinioni correnti; in greco si legge pròs tà ètoima, alle cose bell’e pronte e che non fanno durare fatica. Ma il mestiere dello storico – di cui il cronista dovrebbe essere l’umile, infimo servo – è altro: prima di muoversi deve riflettere. E in tutta questa mia incredibile vicenda kafkiana, che non esito a definire una vergogna senza pari, qualcuno mi ha fatto recitare la parte della bestia, mi ha messo l’abito del cretino come Guglielmo negli Esami non finiscono mai. E sùbito certa sinistra è stata scossa da orgasmi divini. Ma capiamoci: ne sono felice. Perché se certuni non godono che così, è pur sempre giusto che un qualche piacere lo provino, poverini!
Mi spiace, lettrici & lettori (saprei anch’io usare il politicamente corretto, ma non me ne importa un accidente), ma per vedere l’epilogo della vicenda, dovrete avere pazienza e aspettare l’aula. Io preferisco il pubblico al privato, perché di solito chi è pieno di virtù in pubblico ha un privato piuttosto discutibile. Vedremo nei fatti chi è il tormentatore e chi sono i tormentati. “Che problema c’è ad aspettare tanto o tantissimo”, disse una delle contessine del Santonuovo quando doveva affrontare una causa civile che il suo geometra, con molta preoccupazione, insisteva a definire interminabile.
Eppure lei era ultranovantenne: io ho appena superato i 70. Non temo la morte e non ho da fare altro che chiudere una vergogna sul Montalbano che va avanti da un quarto di secolo, con amministratori e sindaci che si sono allegramente seduti a tavola con i cementificatori, impipandosene dei problemi dei cittadini: anzi, creandone loro una montagna più grande e più pesante del Montalbano stesso.
Rifletto su ciò che mi è capitato. E cerco di ragionare per analogia. Ammesso, per assurdo (e non concesso) che io avessi investito e ucciso una persona con la mia bicicletta (diciamo, ma solo in ipotesi), ciò che nel comunicato diffuso è stato definito più o meno “numerosi atti persecutori accertati”, non è che mi sia stata sequestrata la bicicletta come corpo del reato: no. Sono state mandate le forze dell’ordine a sequestrarmi anche le quattro Ferrari (computer), la Mercedes (tablet) e una Fiat 500 (cellulare) che mi servivano per svolgere la mia professione.
Se, insieme ai familiani, ho sopportato soprusi e scocciature per 25 anni, sono anche certamente capace di rispettare tutto. Ma l’illogicità manifesta, no: specie se metto a fuoco che qualcuno aveva perfino pensato di chiedere per me gli arresti domiciliari (ma davvero sono così pericoloso? O quand’è che ho cavato un occhio a qualcuno?) e di far chiudere Linea Libera facendola oscurare e cancellare dal web. Attenzione: Linea Libera è una testata giornalistica come tutti i quotidiani di carta, compresi quelli comunisti che vanno di moda. Ce lo vedete un provvedimento di questi impegno&rilevanza solo perché un Travaglio, un Bechis, un Senaldi o un Belpietro hanno “sparato” a qualcuno?
Di cosa dovrei preoccuparmi, allora? Io credo di una sola cosa: dell’umana stupidità che s’allinea non ai fatti, ma alle parole precotte. Di questo parleremo in aula e con le porte aperte, Covid o no. Nel frattempo ricordo a tutti un paio di episodi significativi di questi giorni post-sequestro: gente che urla, da via di Lecceto 1, ai quattro venti che, «quando le proprietà dei civici 10-12-14 saranno confiscate, qualcuno farà baldoria con spumante, fuochi d’artificio e mortaretti»; gente che sbraita, sull’aia a comune, che «un poliziotto è stato messo alle spalle dei proprietari dei beni di via Lecceto 10-12-14». Cosa sono queste, caramelline Rossana-Sperlari o torroncini-Condorelli?
Io urlo solo una cosa, su questo giornale e a tutti: è una vera punizione divina che Basaglia e Pirella, strafatti di sinistrismo, abbiamo fatto chiudere i manicomi. Erano istituzioni utili, quei cosi là: se non altro perché quando la gente dava segni di evidente squilibrio mentale, arrivava l’ambulanza con la camicia di forza e risolveva il problema in poco tempo.
Attenti, ragassòli di buona volontà! Quando si cominciano a vedere di queste vicende da Notte delle matite spezzate, nessuno può sentirsi al sicuro. Nemmeno i servi e i sostenitori del regime. Studiate bene la storia russa dal 1917 alla morte di Stalin. Non limitatevi ad andare a lezione alle Case del Popolo (oggi Circoli Arci) o a giocare a burraco alla Pineta o chissaddóve.
Chiedo scusa ad amici e conoscenti che vorrebbero raggiungermi per cellulare. Ma sono rimasto con una vecchia carriola, come quelle che i contadini adoperavano per lavorare intorno alla concimaia…
Pace e bene a tutti, disturbati compresi!
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
Art. 21. I sequestri sono una cosa seria. Serissima.
Come i permessi e le concessioni del Comune di Quarrata