quarrata che se ne va. SI È SPENTO MARCELLO SCUFFI, UNO DEI NOSTRI ARTISTI PIÙ CARI

Marcello mi disse: «Guida tu, Edoardo. Io non ce la faccio più». Aveva comprato il Maggiolone nero, fiammante, da appena una ventina di giorni…

 

Marcello Scuffi mentre lavora al bozzetto della bandiera di Mattarella per Quarrata

 

TRA UN TRECENTO SOGNATO

E UN NOVECENTO VISSUTO

 


Da un Giotto rivisto e corretto…

 

CI SONO AMICI per i quali scrivere un necrologio è più impegnativo di alzare una piramide. Le pietre da ammassare l’una sull’altra sono troppo pesanti per le nostre fragili braccia di anziani o di vecchi…

Per queste cose è molto bravo Andrea Balli, che gestisce le emozioni – almeno così sembra – molto meglio di me.

Stamattina, però, Andrea è al lavoro e non può dare degno séguito alla sua cronaca. Si è rivolto, perciò, a me chiedendo una mano. E io lo fo, ma lasciando a lui il compito di tornare sull’argomento con la sua scrittura che sarà molto più informata ed esauriente.

Marcello Scuffi, la cui ultima fatica civica è stata quella di disegnare il drappo bianco-rosso della bandiera di Mattarella (male affidata, purtroppo, alle mani di Mazzanti e di una giunta antifascista insulsa e inconcludente), è uno dei giovani pittori e artisti emergenti (giovani della mia gioventù, s’intende) che ho tirato su con le mie mani. Lo sento sempre presente: perciò è.

La coppia di giovani sono Magazzini da una parte e Scuffi dall’altra. Quanti pezzi, recensioni, interventi, ho scritto per Marcello, sono superati numericamente solo da quasi tutta la bibliografia di Magazzini.

Due ragazzi sgangherati come devono essere gli artisti: anarchici e confusionari. Ma vivi. Due giovani che ruotavano intorno a me, a La Nazione (per la quale allora lavoravo) e alla Bottega d’Arte di Domenico Ventura, allora in piazza del Comune; una fucina di idee, di cui parlerò presto, perché quest’anno ha compiuto 50 anni di onorevole artistica attività che deve essere rappresentata a chi non sa niente.

Ho un paio di ricordi molto belli di Marcello e di sua moglie Lia, una ragazza simpatica e vivace, semplice e schietta.

Una sera a cena con la Lia, da me, quando abitavo sulla Banca Toscana in via Galilei – ricordo ufficiale; una notte (indimenticabile) da Carrara a Quarrata – l’anno non lo rammento – ricordo ufficioso, con Salvatore Magazzini e tutta la nostra gioventù di allora.

Venivamo, dopo la mezzanotte, da Carrara, dove i due avevano ritirato un premio ciascuno dagli artisti carrarini, nostri amici, guidati dal confusionario Luciano Nicoli: una persona degna di memoria per la sua anarchica vita da ex-cavatore di marmo. Carattere rude ma genuino.

… a un Novecento vissuto

La fame notturna ci colse a Viareggio e ci fermammo in una pizzeria della Passeggiata. Un altro modo per ridere, scherzare e parlare d’arte e non solo. Anche cazzate.

Ai due campioni, più giovani di me, ma più artisticamente sgangherati, il sonno venne più presto del dovuto.

Marcello mi disse: «Guida tu, Edoardo. Io non ce la faccio più». Aveva comprato il Maggiolone nero, fiammante, da appena una ventina di giorni.

E per tutta l’autostrada, nel silenzio della notte fonda, portai la macchina di Marcello, mentre lui dormiva accanto e me e Salvatore Magazzini sul sedile posteriore.

Guidavo dormendo, dormivo guidando. Ed è con questa immagine che voglio ricordare Marcello. Che ora dormirà per sempre.

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]

 

Ma cosa volete che sappiano, di Quarrata, i bambocci di oggi, i politici inutili come la fu sindaca Sabrina, permalosa quanto inconcludente, ma “nell’occhio destro” della procura della repubblica?
Non sanno nulla, direbbe Luciano Michelozzi.


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