Amico di Giorgio La Pira, priore del convento di San Marco di Firenze Adimaro Ricotti nacque nel 1916 a Vignole e morì nel 1989 a Firenze. Nel 1972 ottenne il riconoscimento dalla apposita commissione per avere salvato la vita a numerosi ebrei. Domenica 27 giugno lo storico Andrea Lottini ne parlerà presentando a Montemagno il libro “Vite sospese. Memorie e storie della Shoah nel Pistoiese” e lancerà una proposta all’Amministrazione comunale
QUARRATA. Era originario di Vignole, all’epoca parte del comune di Tizzana (oggi Quarrata) padre Cipriano Ricotti. Dichiarato “Giusto tra le Nazioni” dal museo “Yad Vashem” di Gerusalemme il 10 dicembre 1972, scomparso nel 1989 è stato priore del Convento di San Marco di Firenze e a Firenze, pur giovanissimo, fu uno dei principali e infaticabili collaboratori dell’organizzazione istituita dal Cardinale Elia Dalla Costa per mettere in salvo dalla deportazione e dalla morte gli ebrei ricercati dai nazisti, nascondendoli nei conventi e in vari luoghi della città e della campagna.
A far riemergere dal dimenticatoi questa “grande figura di guida spirituale nel periodo di rinnovamento conciliare” soprattutto nel ruolo fondamentale nella salvezza di tanti perseguitati è lo storico Andrea Lottini, autore del saggio “Vite sospese. Memorie e storie della Shoah nel Pistoiese” (Settegiorni Editore).
Il volume sarà presentato domenica 27 giugno a Montemagno in una iniziativa “Notti d’Estate. Parole e Note” organizzata dalla associazione Agorà – circolo di cultura politica di Quarrata. Sarà questa l’occasione per lanciare all’amministrazione comunale una proposta per l’intitolazione di una strada o l’apposizione di una targa commemorativa in memoria di questo prete “impegnato”.
«Quarrata – ha dichiarato Andrea Lottini — ha una forte tradizione in materia di preti “impegnati”. Oltre a Dario Flori, fra i fondatori del locale credito cooperativo e famoso anche con il soprannome di “Sbarra” per essersi rifiutato di piegare la testa davanti al fascismo, la cittadina vanta anche un prete “Giusto fra le Nazioni”, don Cipriano Ricotti».
Cipriano Ricotti (il suo nome di battesimo era Adimaro) nacque il 22 novembre del 1916 a Vignole all’epoca parte del comune di Tizzana (oggi Quarrata). Fu sua madre, donna molto religiosa ad istillare nel figlio “un senso religioso profondo e solido”. A 12 anni Adimaro entro nel collegio di San’Antonino presso il Convento di San Domenico di Fiesole e iniziò dli studi ginnasiali. Nel 1934 quando aveva 16 anni emise la professione semplice e nel 1937 i voti solenni. Nel 1938 venne ordinato diacono e il 23 luglio 1939 sacerdote. Fedele all’ideale domenicano di cui è stato sempre testimone fedele e speciale, nonché zelante propugnatore, accanto all’attività di predicazione ed evangelizzazione, ha portato avanti l’impegno nello studio. Per tal motivo si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Firenze (1944) conseguendo, dopo il normale ciclo accademico, la laurea in Lettere. Per le sue doti di equilibrio e di grande umanità più volte ricoprì il ruolo di Priore o Superiore nei vari conventi in cui è vissuto: San Marco in Firenze, San Domenico di Fiesole, Santa Maria Maddalena a Caldine. Per molti anni svolse il compito di Direttore della fraternita del Terz’Ordine di San Marco.
Fu contattato nel 1943 dal vescovo Elia Dalla Costa per organizzare il Comitato di assistenza agli ebrei nato su iniziativa della locale comunità ebraica e della diocesi. Grazie all’attività del comitato centinaia di ebrei trovarono rifugio in conventi e in case private”.
«Ricotti stesso – continua Lottini — una volta la settimana, si recava in visita presso le abitazioni dove gli ebrei erano rifugiati per verificare la situazione. In seguito ad uno di questi “viaggi” il sacerdote rischiò di essere arrestato dal questore di Firenze. Si salvò solo per l’intervento del vescovo della sua città. Quando ad una donna facente parte del comitato, Anna Maria Enriquez Agnoletti, fu trovata un’agendina con più volte citato il suo nome, rischiò ancora di più. Per sua fortuna un membro della questura riuscì a far sparire l’agenda e a non far passare ulteriori guai al frate. L’attività del comitato fiorentino si bloccò quando, in seguito alla delazione di un “infiltrato”, tal Felice Ischio, i nazifascisti catturarono la maggior parte dei suoi membri».
In vita padre Ricotti non amava parlare di quelle vicende. Padre Ricotti era stato convocato il 20 settembre 1943 dall’Arcivescovo di Firenze, il quale si era assicurato la sua disponibilità per aiutare i profughi ebrei in difficoltà. Ricotti era stato a sua volta contattato da Matilde Cassin, collaboratrice di Raffaele Cantoni e poi del rabbino capo di Firenze Nathan Cassuto, su suggerimento del professor La Pira, al quale la Cassin si era rivolta in cerca di aiuto per i profughi. Nacque così una sorta di comitato di soccorso clandestino che contava tra i propri membri (oltre alla Cassin e a Cassuto) le sorelle Lascar, Josef Ziegler ed il parroco di Varlungo don Leto Casini.
Costoro riuscirono in pochissimo tempo a trovare una ventina di istituti religiosi che nel complesso ospitarono centinaia di persone, lavorando febbrilmente sino allo scioglimento del gruppo con la retata del 26 novembre 1943, avvenuta in seguito a delazione per opera del finto interprete di Ziegler – un certo Ischio, all’apparenza molto rispettabile, a causa del quale Cassuto fu deportato e morì, mentre il delatore fu poi processato nel dopoguerra solo in contumacia».
«Per gli ebrei di allora – ha scritto l’ingegnere Zeev Matar, a proposito del libro “I Giusti d’Italia”, Edizioni Yad Vashem & Mondador —padre Cipriano Ricotti era il nobile eroe della loro salvezza dal peggior destino ovvero andarsene dalla vita terrestre per salire come cenere verso il cielo..”.
Nel «Giardino dei Giusti» che sorge a Gerusalemme per ricordare tutte quelle persone non ebree che in tutto il mondo si sono prodigate per salvare la vita agli ebrei perseguitati, c’è un albero e una targa che ricordano Padre Cipriano Ricotti.
L’albero lo piantò lui stesso quando dopo che il 10 dicembre del 1972 fu dichiarato “Giusto tra le nazioni” dalla commissione incaricata, fu invitato dalle autorità israeliane a partecipare alla cerimonia prevista per chi riceveva tale titolo, che prevedeva l’assegnazione di una medaglia e il conferimento di un diploma d’onore e dava diritto a piantare un albero lungo il viale dei Giusti, per ricordo imperituro di quanto aveva operato durante la seconda guerra mondiale, nei giorni drammatici della persecuzione antigiudaica.
Per un approfondimento: https://www.dominicanes.it/predicazione/meditazioni/1615-un-uomo-di-dio-nella-citta-degli-uomini.html
Andrea Balli