Il problema della verità dei fatti, se per ragioni politiche si deve silurare Ottobre Rosso (in arte Linea Libera), non sfiora neppure la capa di chi ha messo mano o contribuito in qualche modo a sparare contro noi e il nostro giornale. Ma la colpa non è nostra se il sindaco di Agliana mente sapendo di mentire e rumina…
Non basta Striscia. A Pistoia occorre una sanificazione radicale
DIVIDERE LE CARRIERE
E IMPEDIRE LE CONSORTERIE
È bastato che Luca Benesperi si rendesse conto della propria vergognosa inadeguatezza come sindaco in mano alla Aveta; e che, per porvi rimedio, qualcuno gli suggerisse di scaricare la colpa della propria inettitudine sugli altri, e al sostituto al Claudio Curreli – il pubblico dipendente pagato dalle nostre tasse, che non sembra onorare a dovere l’art. 54 della Costituzione, perché in contemporanea fa il giudice e l’anti-giudice nel silenzio di tutti –; e al sostituto Claudio Curreli non è parso il vero di prendere per buone le frignate/fregnacce cucite da chi doveva rivoluzionare il mondo ed è invece finito rivoluzionato e opportunamente piddizzato a dovere.
Il maxi-processo politico contro Linea Libera, il suo direttore e Alessandro Romiti (e poi, a strascico, perfino contro la comandante dei vigili aglianesi agli arresti, Lara Turelli), è così partito come un Etr 1000 fino a diventare una specie di mostro mitologico con una cinquantina di querele, una più vergognosa e lercia dell’altra.
Chi dice la verità, non solo sta sull’anima, ma fa talmente paura che il ritornello non può che essere uno, quello di Isoroku Yamamoto a cui venne attribuito il famoso tora tora tora!
Ma poiché Linea Libera è anche giornale di satira, preferisco scherzare sulla storia e dire, nel caso delle indagini della procura pistoiese (quali?) e delle conclusioni (quali?) del processo politico: bufala, bufala, bufala!
Di bufale (ma meglio calunnie sane e forti), infatti, ne sono state dette, nelle roboanti “qverelae bugiardorum omnium”, quante ne hanno volute i sostituti dell’accusa Curreli e Grieco, e quante ne ha avallate il giudice Gaspari.
Fra queste una delle più belle è, e resta senz’altro, l’invenzione della malattia di Luca Benesperi, una «epigastralgìa con riflessi di scarichi forzosi di diarrea, inquietudini varie e ruminazioni notturne», siccome accertata da certificati di illustri medici per i quali, se fossi nei seguaci di Ippocrate che li hanno rilasciati e sottoscritti, personalmente inizierei a grattarmi in testa, nisi in altera parte…
In testa, nisi in altera parte…, comunque, inizierei a grattarmi anche se fossi il duo Curreli-Grieco, l’avvocata Elena Augustin e, in ultimo, Luca Gaspari stesso in persona.
I primi due perché non hanno verificato un corno le affermazioni del Benesperi; l’avvocata perché s’è fidata a babbo morto di un mentitore seriale con seri problemi suoi da sempre; l’ultimo perché ha bevuto le balle-liquame messe insieme dalla procura ad abbattendum truncandumque Bianchinum Lineamque Liberam.
Questo latino maccheronico lo intende perfino la digiuna di tale lingua Elena Giunti, avvocata del Perrozzi, Ctu prezioso e apprezzato per il tribunale di Pistoia. La quale, favorita dall’evidente volontà persecutoria dell’accusa contro la mia persona (sono sempre più convinto che la Lega Anseatica Curreli-Grieco gioca anche sull’onda emotivo-pancista del fatto che io, unico fra tutti i cosiddetti giornalisti pistoiesi, raccontai passo-passo l’osceno processo ai danni di Sandro Mancini), non ha dovuto durare molta fatica nel farsi ascoltare. Cosa che non le invidio affatto, se solo penso alla falsità totale delle stra-famose fregnacce di Pescina all’orso marsicano sciorinate in infinite doglianze ipocrite dal non-dottore di via di Lecceto 1 che si fingeva laureato (non però alla Federico II di Napoli, ma come il Trota…).
Se il giudice Gaspari avesse solo potuto prefigurarsi a cosa sarebbe andato incontro il giorno in cui, in aula, decise di fare estrarre copia forense dal mio cellulare, avrebbe, credo, preferito non procedere oltre sulla via dell’uso del potere e avrebbe concluso la massima parte delle sue motivazioni di sentenza, in maniera opposta a come ha fatto. Su questo non ho assolutamente dubbi.
Da quella copia forense, estratta per decisione gaspariana e perciò incontestabile, ecco che salta fuori una verità vera di cui nessuno volle occuparsi prima perché non faceva comodo e non era funzionale all’opra, dato che si era fatto di tutto per giungere a una condanna annunciata a priori, ovviamente in un’ottica ipocrita di giudizio equo, terzo e imparziale da perfetto fascismo giudiziario qual è previsto dal nostro amato Codice Rocco, mai realmente modificato in termini di vera democrazia.
La verità è una bella conversazione telefonica (una delle tante, sia chiaro) fra me e quell’altrettanto inaffidabile mentitore seriale di Maurizio Ciottoli (difeso dall’avvocata Cristina Meoni).
tanto amati
Ecco cosa diceva il Ciottoli delle condizioni di salute del Benesperi assai prima delle sue calunniose denunce mai verificate
Una conversazione di gran lunga antecedente al famigerato momento delle minacce, delle violenze private, dei tentativi di estorsione e di tutta la cacca che io e Romiti avremmo riservato ai due “fiorellini di serra” (Luca-Pedrito e Agnellone del Facile Cazzotto) fino a farli impazzire. Poverini!
Lo ascoltino attentamente anche i magistrati e il giudice Gaspari. Impareranno molto e avranno il tempo di pentérsi (cito il Petrarca) per il loro vaneggiar di cui vergogna è ’l frutto riconoscendo chiaramente che quanto piace al mondo è breve sogno – specie quando si è voluto fare di testa propria per pura “ragione di stato”.
Vi si parla anche di certi contatti con l’avvocato Nesi, del quale l’Agnellone-Ciottoli dichiarò (ovviamente con falsa testimonianza, peraltro benevolmente sfuggita, mi pare, a Gaspari…), che non lo conosceva e niente sapeva e amen.
Ascoltate bene questa telefonata incontestabile che smentisce Curreli, Grieco, Gaspari, accusatori e loro avvocate. Questa è la giustizia di Pistoia.
E i 5 parlamentari locali inutili (Bini, Carrara, Masini, La Pietra, Vescovi) che hanno sculettato in giro per anni quasi 5, di cosa si sono occupati? Di mangiare, bere e riscuotere senza fare una minchia per i problemi reali del popolo reale perculato in nome del popolo italiano?
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]
FASCISMO GIUDIZIARIO?
Per dimostrare la tesi proposta, basta solo riflettere sul modo in cui escono le sentenze nel nostro paese democratico, dotato, per giunta, di una democratica magistratura.
In pratica si adotta il metodo che una professoressa di tanti anni fa seguiva per giudicare i temi dei suoi ragazzi.
Di questo metodo ho una interessante videoregistrazione “abusiva” realizzata in classe durante la comunicazione/valutazione degli scritti.
Si sente e si vede la docente che legge nomi e voti già scritti sui fogli-protocollo e, lodate dio onnipotente!, questa meravigliosa frase conclusiva: «I temi ve li rendo martedì, perché non ho ancora finito di correggerli». Minchia!
La scuola fascista anni 50-60 che io ho avuto la fortuna di frequentare, mi insegnò a pensare che una casa si inizia a costruirla dalle fondamenta, non dal tetto.
In aula, però, il giudice arriva imparato e sussiegoso legge il dispositivo aggiungendo seccamente: motivazioni entro 90 giorni.
A me pare che, così facendo, si parta dal tetto, poi fate vobis…