Certi magistrati, animati da eroici furori per le autorità costituite, arrivano perfino ad accecarsi come Edipo pur di non toccare la casta che, una volta al potere, favorisce chi vuole e danneggia chi le pare
SE LA LEGGE NON FA QUELLO CHE DEVE
Quanti farisei della legalità e quanti negazionisti della ragione ci sono all’interno della nostra meravigliosa pubblica amministrazione? Si dovrebbe adoperare, a tal fine, il simbolo dell’infinito (∞) perché sono talmente tanti da costituire un’entità indefinita.
Annoveriamo, fra questi, almeno tre o quattro campioni locali, in una gradazione che va dal limite inferiore (due sindaci e i loro augusti tecnici falso-fasulli-falsari), a quello più alto della nostrale procura della repubblica (un paio di sostituti che svettano).
Per comodità procediamo per immagini, sempre più immediate e in grado di far comprendere le cose anche ai più testoni, come quando alle elementari si insegnava l’aritmetica con i famosi bastoncini dei numeri in colore, tanto per cretinificare i ragazzi e farne uscire la gente di oggi che crede al Covid, ai vaccini e agli allarmi gretini del clima.
Basta, a questo proposito, un’ordinanza del Mazzanti Okkióne, a cui si richiama anche il suo sub-sindaco quarratino, il Romitino della “fascia in spalla”: Definizione di misure regolative per l’esecuzione da parte dei cittadini di attività quali taglio erba e ripulitura dei terreni, ricavatura e spurgo di fossi e/o canali di scolo (numero 143 del 16-06-2016 – si scarica da qui).
In tale ordinanza il sor Okkióne imponeva ai cittadini privati di eseguire lavori sulle loro proprietà private e senza mezzi termini privati.
Il sindaco, fra i suoi poteri, può entrare, eccome, anche in questioni che riguardano i privati: e se può farlo per gli sfalci, figuriamoci se non avrebbe potuto – e soprattutto dovuto – farlo nel caso in cui un privato fosse stato favorito da provvedimenti emanati dalle autorità comunali contro norme di legge e regolamentari.
Chiarisco. Se un legge (quella sulle strade interpoderali/vicinali) prevede che certi percorsi devono rimanere aperti a prescindere; e se due regolamenti comunali prevedono che un cittadino di Quarrata sulla collina del Montalbano non può chiudere con cancelli e passi carrabili gli spazi censiti sulle mappe d’impianto del Comune di Tizzana/Quarrata risalenti all’anno 1954, mi si spieghi come abbia potuto fare il ragionier non-dottor Romolo Perrozzi a realizzare la chiusura di tre vicinali/interpoderali e l’installazione due passi carrabili su piazzòle a parcheggio della Via Vicinale di Lecceto gravate da pubblica servitù in carico ai fondi serventi di altri fondi interclusi adiacenti.
È questo che non hanno voluto capire da ormai quasi quattro anni: i sindaci Marco Mazzanti e lo staff tecnico-amministrativo (si fa per dire) del Comune di Quarrata; il luogotenente Salvatore Maricchiolo; i sostituti Claudio Curreli e Giuseppe Grieco, pur con l’aiuto della Gip Patrizia Martucci, del Pm capo Tommaso Coletta e del giudice Luca Gaspari. Tutti assolutamente e abbondantemente informati della situazione per tabulas e non per chiacchieras.
Per cui delle due l’una:
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O c’è stato un errore da parte degli uffici tecnici rozzi e incompetenti: e il tutto va corretto in autotutela, senza farla troppo lunga (e ormai sono quattro anni che lo sto ripetendo, ma evidentemente sono tutti troppo stupidi per non capire).
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O ciò che è stato illecitamente consentito al ragionier non-dottor Romolo Perrozzi, altro non è che un favore riservato a lui, ma dannoso per altri (non solo me).
In ambedue i casi, che vogliano o non vogliano la procura e il tribunale di Pistoia, siamo, evidentemente, fuori dei binari della legalità. Così il dovere di tutti era uno solo: ripristinare lo stato della collina senza arrivare a giungere alla condanna di innocenti per favorire mafiosamente dei privilegiati.
Mazzanti e Romitino, sindaci del nulla peraltro malamente preceduti dalla sindaca inutile Sabrina Sergio Gori, hanno fatto, invece, finta di nulla e si sono rivelati delle nullità sotto ogni profilo: umano, politico e pseudo-ipocrita-garantista.
Per loro – come disse Okkióne – “non era possibile entrare in questioni private…” Ma erano davvero questioni solo private, le violazioni delle norme di legge e regolamentari avallate da una sequela di autorizzazioni illecite rilasciate da uno staff tecnico (vertici: geometra Franco Fabbri e architetta Nadia Bellomo) a dir poco indecente?
E questo è lo strame del limite basso che oggi entra a gamba tesa nelle questioni private dei privati che privatamente devo rispondere di sfalci e pulizie in nome dell’interesse pubblico e pubblicistico della materia.
Quanto al limite alto spuntano un Claudio Curreli e un Giuseppe Grieco, anch’essi “negazionisti” della verità effettuale, della legge e dei regolamenti.
Lo ricordo perfettamente, Grieco, mentre sostiene in aula, contro di me, che le storie dei favori al Perrozzi non hanno una configurazione di natura pubblicistica: quindi era giusto, con Curreli, accusarmi di stalking contro chi, dal Comune, aveva ricevuto non pochi grossi indebiti benefici.
E ricordo anche l’avvocata del Perrozzi, Elena Giunti, scagliarsi contro di me in aula, nel tentativo (goffo come una traduzione dal latino di uno che il latino non lo mastica), nel tentativo di scagionare il suo super-cliente amato, rispettato e favorito da tutti.
Strillò: «Come fa, il Bianchini, a dire che il mio cliente è un favorito dal Comune di Quarrata, visto che ha avuto anche un provvedimento per abusivismo edilizio?».
Sì, avvocata Giunti, digiuna di latino! Il provvedimento lo aveva avuto, il non-dottore; ma non grazie al Comune: grazie al fatto che, con la mia illimitata pazienza, avevo riletto la situazione reale delle proprietà del Perrozzi benevolmente sfuggite al Comune. E sì, avvocata Giunti, il Comune lo colpì: ma solo perché, dopo la prima frustata, il suo ragionier non-dottore aveva ritirato su l’abuso contestatogli, ricostruendo capanni che poi si sono rivelati ancora abusivi, fino alla decisione del Tar di farli demolire e – se non sbaglio – con l’irrogazione, anche, di una molta da 20 mila euro.
Tutto questo per Curreli, Martucci, Grieco e poi Gaspari giudice monocratico, non aveva e non ha avuto alcun valore: fatto che mostra con quanta accuratezza si opera in tribunale a Pistoia. Perché il ragionier non-dottore, evidentemente, contava e conta, per la democratica amministrazione di Quarrata, assai più di chi sta scrivendo.
La verità è e rimane un’altra. Che anche qui, nel territorio pistoiese, non tutti i cittadini sono uguali. Anche qui, come in altre parti d’Italia, la procura è doppiopesista. Anche qui, come spesso leggiamo sulle cronache nazionali, chi conta di più, conta di più di chi conta di meno. Ed è immondo dover constatare che la legge non vede perché non vuole vedere; che è cieca perché vuole essere cieca. E che è corrotta e corruttrice.
È troppo l’arbitrio dei pubblici ministeri e dei sostituti che, se pur svolgono indagini, per alcuni esse vengono svolte a favore di chi accusa, per altri, invece, violando l’art. 358 cpp e solo a danno dell’indagato.
Dinanzi a una giustizia così palesemente inceppata, non fa impressione l’errore giudiziario, che può essere anche umano; ma la frequenza con cui esso qui, da noi, è rilevabile, visibile, palpabile e perfino puteolente.
Poi Coletta va a Tvl, al Canto al Balì, da don Manone, a parlare di “perfezione pistoiese”…
Edoardo Bianchini
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