col senno di poi 2. QUANDO LA POLIZIA GIUDIZIARIA CI METTE LO ZAMPINO E IL PROCESSO PRENDE UNA CERTA DIREZIONE

L’incontro con il già procuratore Piero Tony è stato purtroppo confermativo dell’ipotesi della politicizzazione della magistratura, con la complicità coordinata anche degli organi di polizia giudiziaria


 

PISTOIA-AGLIANA. Scrive il Dott. Piero Tony nel suo saggio “Io non posso tacere”:…alcuni sospetti mi opprimono da anni e non riesco a scrollarmeli di dosso. Il primo: è stata una invasione di campo della magistratura o una più o meno tacita delega data dalla politica? Il secondo: come possono i politici accettare di essere suppliti da un sistema giudiziario che ben sanno essere inefficiente? L’ultimo: non è che il “gattopardo” confidi in codesta inefficienza per far sì che nulla cambi? Nessun veleno, sono “insinuazioni” dettate dalla speranza che, prima o dopo, si torni nei ranghi. Lo dico con amore per la magistratura, forte dell’esperienza che vivere un’equilibrata terzietà può essere noioso, ma è fondamentale per svolgere un mestiere come il nostro, che non è un mestiere come tutti gli altri e che soprattutto, è vitale per la società.

L’avvocato Gaetano Berni è stato purtroppo molto chiaro: la malagiustizia è una prassi dovuta alla politicizzazione dei magistrati

Il periodo è stato ripetuto con forza e convincimento nel recente incontro tenuto ad Agliana dall’ex magistrato nel confronto con l’avvocato Gaetano Berni (vedetevi anche la sua intervista quì): hanno richiamato frequenti  episodi di malagiustizia nutriti di atti scorretti – se non pilotati in malafede – anche grazie agli uomini della polizia piudiziaria, che dovrebbe, insieme ai magistrati, operare in rispetto all’articolo 54 della Costituzione, cioè con disciplina e onore. Ma non è affatto così.

Vediamo adesso un caso particolare che è stato preliminare all’istruttoria delle indagini svolte su incarico della sostituta Linda Gambassi per la qualificazione dei contenuti della querela che il mai-comandante Nesti depositò oltre un lustro fa: la data è importante, perché nell’estate del 2018, il Nesti era già stato deposto dal Consiglio di Stato da ben tre anni, ma si proponeva – facendo un clamoroso errore – come un perseguitato dall’amministrazione di Agliana; cioè vittima di errore dello svolgimento del concorso fatto 19 anni fa, diretto dalla compagna Rosanna Madrussan (allora segretaria comunale) a sua volta mal consigliata con i fallaci pizzini volanti dall’avv. Cecilia Turco che, sull’argomento, non ha mai fatto cenno di smentita.

La sostituta Gambassi, disponeva che la polizia giudiziaria dei carabinieri provvedesse a “…fare le indagini e partire dalla vicenda dell’annullamento della procedura concorsuale… se necessario sentendo a sommarie informazioni le persone che risulteranno in grado di riferire sui fatti…” (vedi il riquadro sotto).

La richiesta della sostituta Gambassi sembrava ben formulata, ma è stata disattesa con delle indagini superficiali e incomplete, in violazione dell’articolo 358 cpp e del 54 della Costituzione

Nel 2018, il Nesti si sentiva ancora “garantito” dai collegamenti presenti in Procura (la moglie era amica di Alessandra Casseri, ex-segretaria di Grieco) e con i CC aveva laborato per almeno un lustro

I due sottufficiali dei carabinieri, Placido Panarello e Alessandro Ugolini, non faranno “sit” (tecnicamente: sommarie informazione di terzi); non chiederanno informazioni al secondo classificato in graduatoria, il dott. Mauro Goduto; non chiederanno alle segretarie comunali Madrussan e D’Amico (la Fata Smemorina poi verrà a dire l’indicibile in aula lo scorso 24 marzo: il Nesti era, ed è, un dipendente protetto dal Pd); non sentiranno i sindaci passati, Paolo Magnanensi e l’Eleanna Ciampolini (quest’ultima sodale della moglie del Nesti, la sedicente Blimunda). E nemmeno interrogheranno i consiglieri di opposizione Massimo Baccolini o Gerardo Modesto. Di fatto staranno a sentire solo il Nesti. Vi sembra giusto e serio?

Ma neppure sentiranno i giornalisti oggetto della querela, Romiti e Bianchini, che verranno rinviati a giudizio per avere raccontato i fatti con millimetrica preisione, e avere aperto l’inchiesta che si rivelerà corretta e profetica per la verità dei degli eventi e per l’interesse pubblico.

Tutte queste situazioni si vedranno dall’esito del processo del lavoro di primo grado e quello d’appello, che ambedue conclusi con un Nesti parte indiscutibilmente soccombente. Sembra che il mai-comandante abbia fatto ricorso in Cassazione. Sarà interessante aspettiare gli sviluppi, per noi costretti a combattere “contro la giustizia”, per avere Giustizia.

Intanto è da sottolineeare che la documentazione davvero utile alle indagini è stata ignorata. Spiave dirlo, ma in modo compiacente rispetto alle convenienze, anche quelle offerte dalle “prossimità sociali” di Tom Col: Nesti medesimo è stato loro superiore dal 2003 al 2006 quando sostituiva Pm e sostituti in aula. Tale documentazione è però poi giunta in aula portatavi dai nostri avvocati e correttamente acquisita dal giudice Pasquale Cerrone.

SI vedono le “prossimità sociali” care al Tom Col?

Il tandem dei sottufficiali dei carabinieri ha fornito, sì, una corposa serie di documenti che appesantiscono il fascicolo, ma inutilmente estratti – ed ecco, il “copia-incolla” usato nelle indagini e pesantemente stigmatizzato dall’autorevole Tony per denunciare una superficiale e approssimativa gestione delle indagini.

Dalla lettura del saggio Panarello-Ugolini si capisce, perché proposto da un tecnico esperto qual è Tony, che i sostituti e la Pg lavorano con il copia-incolla, facendo abusi sistematici; calpestando l’articolo 358 cpp e operando a capocchia: cioè applicando le regole in senso giustizialista per i “non socio-prossimi”.È questa la condotta richiamata dall’articolo 54 della Costituzione?

Piero Tony con il suo saggio (*) è stato dunque profetico: ha centrato il bersaglio del malaffare che inquina la giustizia e non solo nella città di Cino, per la quale siamo doppiamente testimoni, quali vittime dirette e giornalisti “tecnicamente informati” dagli altri cittadini perseguitati.

Ma questa è Pistoia…

(*) – Un altro passaggio drammaticamente attuale (e vero, per come disapplicato a Pistoia!) recita: nelle richieste al GIP di misura cautelare, il pm deve presentare “gli elementi su cui la richiesta si fonda nonché tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate”.

Alessandro Romiti
[alessandroromiti@linealibera.it]


MA QUANTO È FALLACE

L’ONORATO SPIRITO FARISAICO!

 

«Io voglio del ver la mea donna laudare»… perché le bugie hanno le gambe corte

 

È semplicemente impressionante vedere e rilevare come a Pistoia la procura si muova disinvoltamente in mezzo alle incompatibilità.

Aldilà dei rapporti familiari di molti (sarebbe interessante indagare quanti consanguinei e affini vi siano all’interno del palazzo; e non solo fra i magistrati, ma fra gli impiegati medesimi e fra gli impiegati e i magistrati), è bello vedere che le indagini su alcuni personaggi (e adopero il Nesti come emblema della malagiustizia locale) vengono affidate, senza problemi, a persone a loro ben note e che – nel caso del mai-comandante – lo conoscevano fin troppo bene per avere egli svolto almeno un quinquennio di vice procuratore onorario in aula.

In uno dei mille esposti all’ordine dei giornalisti – se non erro – il mai-comandante si lamentava dei nostri articoli perché lo avevano depotenziato e delegittimato (è lui stesso a dirlo) dinanzi agli occhi dei CC che in precedenza (è sempre lui a sottolinearlo) gli conferivano ammirazione e rispetto.

Ecco. Avete letto questo riepilogo di Romiti. Ora, tanto per essere chiari, riflettiamo un istante.

Il malloppone Panarello-Ugolini non è che dimostri che i CC non lo rispettassero più, visto che il raffazzonamento dei copia-incolla era stato confezionato su misura per lui come un abito di Principe di Galles da un famoso sarto londinese.

Ma Nesti è sempre stato abituato a mentire. E a tal proposito basta ricordare quando, con un certificato di 30 giorni staccàtogli dal suo psichiatra Augusto Iossa Fasano (elogiato dal giudice Gaspari, perché neppure Gaspari è esente dal vizio di non leggere le carte), interruppe la malattia e se ne andò, tranquillo e beato, a farsene un concorso da comandante dei vigili (ovviamente non vinse) a Cassino.

C’è da chiedersi come debbano essere chiamati certi ufficiali di polizia giudiziaria che svolgono le indagini in questo modo: fedeli o infedeli servi dello stato e dei cittadini nel cui nome si amministra la giustizia e non di rado come fosse un insulto?

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.it]


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