Il peso del ridicolo. Dietro i filari delle viti lungo la redola c’erano gli altri scherzaioli stronzi i quali, mentre lo scemo passava con i panni a fagotto tenuto con la cinghia e mezzo gnudo, lo rifinivano dalle cignate sul groppone e non solo…
SE DI NULLA V’IMPORTA, O BENESPERI,
SOLO VUOL DIR CHE ’UN VU SIETE SERI!
In illo tempore, quando nessuno dei pisquani, che oggi scrivono sui giornali locali dandosi un sacco d’arie (che il più delle volte escono dal loro vucl-ano…), era ancor nato, mentre io ero già vecchio in cronaca, andava di moda una leggenda metropolitana della Bassa quarratina e della Piana agrumiése: la famosa storia dell’Uga.
Costei, dicevano, era una stratopa, «una puttana ottimista e di sinistra» (Lucio Dalla) che abitava nella zona umida della Laghina di Quarrata o, massimo, dei campi allagabili dell’Ombrone, più o meno nei bassifondi a Est rispetto alla casa dell’assessore fascio-squadrista del Benesperi, il famoso Ciottoli tubatore, oggi s-fucilato per le sue prodezze: strizzare il collo di Silvio Buono; cianchettare il Romiti, che sta sulle palle a don Tofani; e tubare qualche babbo che gli rompe i cabbasisi mentre aspetta il figliolo alla scuola elementare di Vignole…
L’Uga (da qui la prise de cul l’Uga/Luca Benesperi) era procace, mordace e salace; bella e vivace, che metteva i maschi alla brace.
Un gruppo di giovinastri che non si drogavano, non avevano l’amante e a cui, perciò, piacevano, in quanto maschi, le donne, ossia quelle creature che di recente s’è scoperto che nascono senza il pisello, metteva in giro la vociaccia – tra case del popolo e barràcci di paese, da qui a Iolo e a Vergaio del Benigni – che l’Uga-stratopa la dava volentieri a chi c’andava.
I gallettini amburghesi Vallespluga dell’epoca (ma, ripeto, è una leggenda metropolitana non confermata né confermabile), infiammati dal fascino dell’avventura piccante, venivano attratti in una casa da contadini, mezza diroccata, dove – dicevano – l’Uga abitava.
Ma ci abitava con un fratello pericolosamente iperprotettivo. Guai a farsi beccare da lui, sennò… addìo, mondo crudele!
I gallettini Vallespluga andavano nelle notti di luna estiva alla casa dell’Uga. La vedevano a una finestra poco illuminata con una fluente capigliatura bionda; avanzavano in punta di piedi tra i filari delle viti, lungo una redola; entravano nella diroccata dimora dell’Uga.
Nella qual bicocca, due o tre organizzatori della leggenda metropolitana, facevano crollare a terra una delle porte scassate del piano superiore e scatenavano il pànico nel «bischerìn de turno» che, terrorizzato dall’arrivo di un ferocissimo Shrek, fratello dell’Uga, prendeva il via, panni in mano, come un missile per levarsi di lì al più presto.
Solo che, dietro i filari delle viti lungo la redola della casa dell’Uga, c’erano gli altri scherzaioli stronzi i quali, mentre lo scemo passava coi vestiti a fagotto tenuto con la cintura dei pantaloni, e mezzo gnudo, lo rifinivano dalle cignate sul groppone.
E allora, chiederete voi?
Allora, cari lettori, l’Uga Benesperi, per il suo comportamento stercoreo del cinque maledett’anni di malgoverno ad Agliana, non crederà mica di tornare a sedersi sulla sua sedia di pelle umana con una comoda ciambella sotto il culo?
Bimbominkia deve per forza rendersi conto che un’amministrazione immonda come la sua chiede per forza un trattamento-Uga: cignate sul suo groppone e più in basso, mentre passa a corsa per vedere di ripotare il popà a casa!
Ugate, allora, fratres! Perché ben gli farà.
Edoardo Bianchini
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