Sono sempre stato e resto un animo libero. Non intendo affatto essere uno scrittore di «vite dei santi», ma pretendo di svolgere il ruolo del cronista che dice e scrive ciò che vede e pensa. A prescindere dall’arroganza del potere e dalla persecuzione di certi signori che offendono i diritti umani…
O VAI IN PENSIONE O MUORI
SEMPRE SANTO N’ESCI FUORI
Fare giornalismo a Pistoia è, in qualche modo, come scrivere I Promessi Sposi.
Il buon Manzoni, pecora nera di tutti i professori asini dell’oggi voluto dalla sinistra egualitaria, divideva gli eventi in «vero storico» e «vero poetico». E a un certo punto estrapolò la verità sulla Colonna Infame, facendone un reportage analitico dei processi agli untori.
A Pistoia i giornalisti veri – quelli che finiscono agli arresti e condannati per stalking giornalistico, invenzione di gente come un Curreli qualsiasi – si contano sulle dita di una mano. Montanelliani perseguitati da pseudo-montanelliani alla greppia, che hanno le loro punte massime in magistrati come Giuseppe Grieco, il Curreli medesimo, Gip plasmabili quali Patrizia Martucci, e giudici del taglio di Luca Gaspari, che non legge una riga di ciò che ha in fascicolo…
Per la narrazione poetica della cronaca a Pistoia ci sono Il Tirreno (assai favorito in procura e sempre primo di un passo nelle notizie che contano di più), La Nazione, Tvl etc.. Qui nascono, solitamente, le agiografie delle nostre scadenti «autorità costituite», che tutti odiano con sentimento profondo, ma che tutti leccano con musi di cane (cito di nuovo Omero) farisei e sorridenti.
Mi viene in mente la caposervizio della Nazione, Valentina Conte, che dedica una doppia padella alla prefetta Licia Donatella Messina, obiettivamente “assente” sul nostro territorio, se non per miracolose comparsate dinanzi agli occhi di vetro delle telecamere di Tvl: una sorta di divina provvidenza dell’etere che santifica chiunque, basta che abbia una carica, anche di dinamite, magari.
Mi rinfresca/affresca la memoria, stamattina, 5 settembre, Martina Vacca, con il suo murale sulla vita di san Maurizio Barbarisi, presidente del tribunale di Pistoia, che se ne va dopo 5 anni (posso dirlo, liberamente, ex art. 21?) di niente in buen retiro ante-pensione.
A Pistoia ci arrivano quelli che devono lasciare il servizio (anche Coletta, per esempio) che, fosse nei marines degli Usa, verrebbe chiuso di netto con un congedo «disonorevole».
Ma poiché siamo in Italia e qui Sangiuliano scopa come un gatto, piangendo, ma poi si pente e chiede perdono alla moglie cornuta; e siccome questo è il paese del cattolicesimo universale pro tutti, soprattutto se illegali, clandestini e delinquenti; il perdono e l’abbraccio rinsantante di papa Francesco Gargoil accompagna anche i peggiori ignavi che comunque – quando infine scendono all’Ade e smettono di nuocere agli umani normali, loro vittime – acquisiscono l’aureola di Cavalieri della luce di Chiara Amirante.
Dalla agiografia di Martina Vacca spunta lampeggiante un San Maurizio stella polare che, sorta dalle terre del Montefeltro, nel ducato di Urbino, ha portato la luce nel mondo. Lasciatemi dire, però, che non è questa la verità storica.
Noi di Linea Libera e del Comitato Perseguitati e Vittime del Tribunale di Pistoia, lo ricorderemo solo come colui che, piegatosi acriticamente alle distorte visioni del mondo e della legge coltivate e fatte crescere dalla procura di Coletta, ci ha assicurato per ben due volte, per iscritto (il che non si cancella) che l’incompatibilità ambientale del poco onorevole Claudio Curreli e di sua moglie Nicoletta Maria Caterina Curci a Pistoia, è tollerata a Roma in alto loco.
Basta solo questo – e perfino a dei «normodotati» microcefali come noi ribelli, che non capiamo che a dire il vero si finisce male – per dedurre a colpo d’occhio che la gestione della giustizia è di stampo indiscutibilmente mafioso.
Fugienti hosti, munienda via: al nemico che fugge ponti d’oro, avvocata Elena Giunti!
I fatti, però, parlano da sé.
Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
© LineaLibera Periodico di Area Metropolitana
SU QUESTO GIORNALE POSSONO SCRIVERE
INDISTINTAMENTE TUTTI: E TUTTI LO SANNO.
LA CENSURA NON FA PARTE DEL NOSTRO LIBERO PENSIERO
MA DELLA PSEUDO-LEGALITÀ DEL POTERE COSTITUITO
Sono giornalista dal 1967 e tale resto perché a ottobre 1995 (quasi trent’anni fa) ho superato brillantemente l’esame di stato per la libera professione. Semel sacerdos, semper sacerdos.
Ma questa professione non è affatto libera (come niente è libero in Italia) perché è schiavizzata e assoggettata, come tutto il resto, alle mafie degli ordini professionali e del potere di una magistratura che ha mangiato, digerito e infine miseramente “escreato” la Costituzione da un bel po’.
Per tali motivi ho chiesto la disiscrizione (non le dimissioni come affermano falsamente i commissari del partito comunista sovietico di Vicolo Malespini 1 – Firenze) dall’ordine di Carlo Bartoli e Giampaolo Marchini, assenzienti al pensiero unico, conformato e conformista, e sostenitori del potere senza regole, purché rosso o rosé.