L’ALLUVIONE DI GENOVA E UN «POPOL CHE NOME NON HA»

Se avessimo un nome non ci inginocchieremmo dinanzi ai tedeschi
Se avessimo un nome non ci inginocchieremmo dinanzi ai tedeschi

CHE SIAMO un Paese di sbandati è cosa consolidata: i fatti di Genova, ove ce ne fosse ancora bisogno, sono là a testimoniare i frutti di un sistema politico e amministrativo impossibile da gestire, chiunque sia al timone.

Dopo tre anni dall’ultima alluvione si dà ancora colpa al Padreterno e alle mancate previsioni evitando di puntare il dito su quelle opere necessarie che non sono mai state fatte.

Tutto si muove, quando si muove, con lentezza e difficoltà tra grovigli di leggi, leggine, commi, organismi e commissioni, prodotti tutti di un meccanismo che non può essere modificato bensì eliminato, rimosso nella sua totalità.

In altro modo non è possibile né snellire né modificare. Si parte per togliere il Senato, che sia una buona o cattiva cosa non si sa, e alla fine a forza di aggiustamenti tutto rimane come prima – vedi Province, Ministero dell’Agricoltura ecc.

Chiunque comandi si trova a muoversi in una specie di palude dove, anche se hai preso una forte rincorsa, le gambe finiscono per impastoiarsi irrimediabilmente.

Tra un regime come quello di Putin, che propone e dispone decidendo in breve su qualsiasi questione, e il modello di governo svizzero, ci sono molte alternative, ma nessuno dei nostri amministratori nemmeno ci pensa, sostenuto dal silenzio completo di un “popolo” che purtroppo non esiste. Questo è il male più grave.

Per concludere con una nota di ulteriore pessimismo: vorrei sapere se qualcuno ha richiesto quali misure anti-ebola siano state adottate o si intenda adottare in quel caos di immigrati che quotidianamente raggiunge le nostre coste.

Ogni giorno si sente parlare di casi, anche europei, e di misure che Paesi ben più lontani di noi dall’Africa adottano con zelo, puntiglio e massima attenzione. Noi no.

Sembra che sulle nostre coste non arrivi alcun migrante proveniente dall’Africa occidentale. Questo è assolutamente incredibile quando si tratta di gente senza documenti e certificazioni sanitarie, che non parla la nostra lingua e per la cui identificazione bisogna affidarsi a quello che ci raccontano.

Non mi pare una gran tutela ma naturalmente i politici, tutti, si guardano bene da sollevare una questione che non sanno gestire e il “popolo” fedele alla teoria ormai divenuta vera e propria legge che “non vuole aver paura” aspetta in silenzio gli eventi che potrebbero essere più drammatici che in altri Stati ove invece proprio la paura ha portato a provvedimenti sanitari adeguati.

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One thought on “L’ALLUVIONE DI GENOVA E UN «POPOL CHE NOME NON HA»

  1. Caro Fiore, terrorizzato dall’ebola…

    In fondo morire è il male minore:
    c’è solo da rendere grazie al Signore.
    Ma immagina, insomma, che gran godimento
    vedere sparire, nel soffio del vento,
    nel gir d’una notte, nel giro d’un dì,
    sì tanti compagni targati Piddì!
    Ché l’ebola – pensa! – fa come fa Dio:
    non guarda a nessuno, fa sol spicinìo.
    Perfin dopo morti c’è sol da godére
    che non ciucceranno prebende e potere
    e più non faranno “il ben della gente”,
    in terra sepolti, tornati a esser… NIENTE!

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