sinagra&cuffaro 54. CAMILLERI AVEVA RAGIONE. CURRELI NON SOLO NASCONDE I FASCICOLI, MA SALTA TRANQUILLAMENTE LE INDAGINI E FA CONDANNARE GLI INNOCENTI PIGIANDO SUI SUOI VPO PERCHÉ A LORO VOLTA PIGINO SUI GIUDICI


Anche stamattina, per i lettori, un’incredibile e triste storia del come, a Pistoia-Terzo Piano, il sostituto scout che opera al di fuori della legalità, intende la giustizia fai-da-te aldilà del rispetto delle norme e delle regole


È un obbligo costituzionale che il popolo debba essere lasciato comunque nelle mani di magistrati che, a causa dei loro comportamenti, non hanno alcuna autorevolezza sotto il profilo della terzietà, dell’imparzialità, dell’indipendenza e del rispetto della legalità? Se è così, che sia scritto anche nella Carta!

ET NE NOS INDUCAS IN TENTATIONEM

SED LIBERA NOS A MALO


Curreli e Grieco sono convinti che il male assoluto sia Linea Libera. Gli piace la Verità montanelliana, a loro…

 

Nel florilegio (= antologia) delle chicche dello scout-Agesci Claudio Curreli, scrivi ancor questo: allégrati che più superba altezza al disonor togàtico giammai non si chinò.

Per rassicurare a Giuseppe Grieco, il facente funzione anziano, che siamo nel campo della sàtira (che lui non riesce ad afferrare), chiarisco che ho iniziato con una parodia del 5 Maggio del Manzoni, quando lo scrittore si rivolge alla Fede, bella, immortal, benefica e ai trionfi avvezza.

I trionfi di un Curreli che, se giocassimo a poker, finirebbe “sparato” (secondo Tonino Di Pietro), in quanto provatamente baro. Lui, don Claudio, vince di solito così: fra spinte, suggerimenti agli amici, entrate a gamba tesa contro chi non deve esistere, e colpi bassi d’ogni genere. Può, Claudio. Come ci ha detto Maurizio Barbarisi, infatti, lui è un protetto dai caporioni di Roma (e di Genova, aggiungo).

STORIA DI UNA COLONNA INFAME

Resto in Manzoni, adatto all’uopo, per illustrare il pianeta procura pistoiese: una sorta di Nibiru che passa e ripassa e tutto fracassa.

Torno a qualche anno fa, quando il sindaco di Montale, Ferdinando Betti (poi lavato con Perlana da Leonardo De Gaudio), tolse permessi di costruzione nell’area dell’ex-carbonizzo Tempesti, perché – disse – non servivano. Ma la stessa quantità del lì tolto, la aggiunse a 300 metri di distanza su un’area, spuntata come un fungo porcino, risultante da una serie di operazioni di patchwork-compravendite e finita in mano alla Misericordia di Pistoia. Un vero miracolo da fedeli di Dio.

Di mezzo c’erano diverse personcine particolari: evidentemente più o meno intoccabili. C’era anche un tal notaio Mario Muscariello di Montemurlo, detentore – nelle sue arche segrete delle alleanze – di una famosa lettera scarlatta, di cui non vi rinnovo la storia per religiosa pietà.

Vi ricordo solo che in essa si trovava un accordo sulla compravendita (di un orto di pochi metri quadrati) a carissimissimo prezzo. Un orto che serviva a far massa sulle future proprietà della Misericordia: quelle su cui Betti avrebbe fatto scendere la manna della cubatura edilizia realizzabile tolta al carbonizzo.

Quell’orto apparteneva ai genitori di un allora consigliere comunale di maggioranza: sicuramente e solo un caso, vero, De Gaudio?

À prise de cul, definii quella lettera una «lettera scarlatta», un simbolo di disonore. Immaginatevi la reazione della “società dei perbene”, che non tollerano di essere disturbati nei loro affari e traffici opachi e non di rado poco puliti.

Il notaio Muscariello si incazzò come una belva. E querelò. Il grande Curreli, salvatore delle prostitute nere di Agliana; fervente catto-scout; inquisitore di cappuccini (Fedele Bisceglia a Cosenza); incompatibile su Pistoia, ma protetto a livello romano (teste Barbarisi) e genovese; favoreggiatore dei neri irregolari in arrivo a prescindere, pur contro alle leggi dello stato; titolare dell’indagine (mai esperita) sugli illeciti in capo al suo presumibile amico falso-dottor Romolo Perrozzi, favoreggiato dagli uffici tecnici del corrotto Comune di Quarrata; e in carico alla famiglia dell’ex-Vpo Andrea Alessandro Nesti e signora, si adoperò, in ipotesi, acciocché la Gip Patrizia Martucci provvedesse a emettere decreto penale di condanna per quello che avevo scritto.

Scrivere è un reato: la magistratura ce lo ha insegnato.

VERSO IL PATIBOLO

Due sono le vie per la Colonna Infame a Pistoia: 1. il rinvio a giudizio; 2. il decreto penale. Le indagini non importa che ci siano: di solito si dice che sono state espletate anche se non è vero una beata minchia. Ed è dimostrato.

Posso pensare che Curreli dovrebbe dare le dimissioni visto come si comporta nel sacro tempio del Terzo Piano?

Per tale motivo feci opposizione al decreto penale emesso contro di me (quando scrivo, prima ho letto e mi sono munito di prove: non come Curreli & C.); indi chiesi di andare a giudizio.

Come ho sempre dichiarato in aula (ascoltato solo da pochissimi magistrati degni di tal nome [qui parlo, almeno per ora, di Pasquale Cerrone e Paolo Fontana]), contrariamente ai perfetti Pm e sostituti pistoiesi, di solito per prima cosa mi informo e solo dopo, con le carte in mano, oso scrivere: e solo la verità.

Così fui rinviato a giudizio, affidato alle cure della non-togata avvocata Daniela Bizzarri.

I non togati, nel nostro indegno ordinamento giudiziario, rappresentano un’anomalia macroscopica di un’evidenza che solo la politica marcia d’Italia riesce a non vedere perché non vuole vedere.

Il non-togato, infatti, sfruttato dalla giustizia degli intoccabili (i togati, appunto), è la pars debilior che è, solitamente e ontologicamente (come direbbe il Coletta) soggetto assoggettato, assoggettabile e comprimibile sotto gli scarponi chiodati dei magistrati che hanno avuto il culo di vincere un concorso in magistratura.

L’EPILOGO

Le cose, in aula, stavano andando per il verso giusto, finché si giunse vicini alla decisione. Il giorno della sentenza, la signora avvocata Daniela Bizzarri ricevette tutte le pressioni del caso da parte della Vpo di turno, Angela Pasqua, a cui il dominus et deus Claudio Curreli aveva rivolto il caldo invito, su una chat WhatsApp sputtanifera, di farmi condannare per l’offesa all’onore e al decoro del notaio Muscariello: personaggio che – a mio parere – di onore e decoro ne ha il giusto, vista la storia di partecipazione ai traffici dell’ex-carbonizzo del Tempesti a Fognano.

La lettera scarlatta era custodita qui? Nessuno ha fatto indagini: ma sulla copia forense del mio cellulare ordinata da Gaspari c’è tutta la storia in  audio. E io non ho diffamato proprio nessuno, mentre la procura e Curreli hanno protetto il signor notaio…

Così quella mattina le “campane della Pasqua” suonarono non a resurrezione, ma a morto. E ad esse si aggiunsero quelle della non-togata Bizzarri, che decise (nonostante fosse evidente che la stava pensando diversamente) di recitare la parte di un Garibaldi da obbedisco.

Né poteva essere diversamente: partes debiliores (Pasqua e Bizzarri), partes deteriores. Traduco per l’avvocata Elena Giunti che non sa il latino: le parti deboli sono le meno sicure. Perché sono sempre costrette a stridere, come si dice fra la gente del popolo contadino – nessun potere, ma più onore e lealtà di molti potenti.

È una giustizia accettabile quella in cui ad accusarti c’è un avvocato che funge da Curreli (che cammina su fil di lama e se sbaglia, rischia di non venire riconfermato Vpo) e, al posto del giudice, c’è un altro avvocato, che rischia di fare la stessa fine, se non soddisfa le brame di chi vuol essere il più bello del reame?

La giustizia italiana è, in una metafora realistica che sarebbe degna di un Seneca, una friggitoria di fiori di zucca, dove lo chef non si presenta quasi mai in cucina, ma influenza il friggitore (= giudice) con un suo sostituto (Vpo, appunto) foriero di minacce mascherate da celiosi suggerimenti.

E lo chef dov’è? Non di rado a coordinare i flussi dei clandestini; a fare lo scout; a piantare alberini in giro in nome di Falcone e Caponnetto; a controllare etichette sulle bottiglie di vino delle Cantine Bonacchi.

VERRÀ LA MORTE E AVRÀ I VOSTRI OCCHI

L’avvocato Massimiliano Tesi è uno dei Vpo fan di Curreli. Sarebbe meglio che parlasse meno e che si dedicasse con più impegno all’arte della chitarra, di cui è cultore…

La citazione di Pavese è azzeccatissima. E la morte si chiama verità. La verità che il Curreli odia, come odia chi sta scrivendo, tanto da mandare in aula (dalla dottoressa Barbara Floris, anche lei non-togata e quindi influenzabile e comprimibile) uno dei suoi più affezionati Vpo, l’avvocato Massimiliano Tesi, musico-chitarrista, a imbastire emerite cazzate circa il nostro modo di fare giornalismo montanelliano.

Anche qui, Tesi-Floirs, due partes debiliores da manipolare a dovere.

Dicevo: la morte si chiama verità. Perché dell’esistenza della lettera scarlatta (e di questo l’avvocata Bizzarri era a perfetta conoscenza) avevo in mano le prove: e che prove!

Le certezze venivano da una chiara, limpida, esplicita telefonata registrata sul cellulare che Curreli e la Martucci mi avevano fatto sequestrare nel dicembre del 2020 per difendere il falso-dottor Perrozzi, e che il genio sottile di Luca Gaspari (il giudice che non legge una riga di ciò su cui giudica, ma si limita a obbedire alle richieste illecite dei Pm che lo opprimono) aveva sottoposto a copia forense: documento, quindi, assolutamente incontestabile. Ascoltatela bene la storia del Muscariello il diffamato.

E ora non crederete mica che, dati questi presupposti, chi mi ha fatto condannare ingiustamente, possa presumere di passarsela liscia, vero don Claudio?

Edoardo Bianchini
[direttore@linealibera.info]
© LineaLibera Periodico di Area Metropolitana


Pensavo fosse giustizia…
invece era un calesse

 

Dentro alla copia forense, ordinata dal giudice Luca Gaspari su questo mio cellulare, quando Curreli, per difendere il Perrozzi, mi fece finire perfino agli arresti domiciliari, c’è una bellissima telefonata (incontestabile) con la quale si narra, per filo e per segno, con nomi, cognomi e indirizzi, tutta la storia della famosa «lettera scarlatta» di Curreli.

In verità, purtroppo per tutti, è rimasta intrappolata nel cellulare che mi fu sequestrato e poi sottoposto a copia forense…

Peccato che in procura a Pistoia non usa né fare indagini per come si deve, né cercare la verità, ma solo e soltanto la convenienza dei vari addetti ai lavori e degli amici degli amici e dei loro amici.

In altre parole: a Pistoia la giustizia è amministrata solo a parole “in nome del popolo italiano”. Per tutto il resto ci sono le violazioni dell’art. 358 cpp; il silenzio degli avvocati e della Camera Penale; l’ossequio supino e mafioso al potere di gente che ogni giorno si alza per violare l’art. 54 della Costituzione.

Vi piacerebbe ascoltare il vocale della verità? Io non ho niente in contrario a pubblicarlo. Ma solo dopo che Curreli, così ferreo e determinato, così uomo tutto di un pezzo, irriducibile e invitto, si deciderà a trascinarmi in tribunale denunciandomi col sostenere che nei miei scritti ne offendo la specchiata virtù.

Se lo farà (come dovrebbe, nel caso fosse onesto con sé e con gli altri), io porterò il vocale in aula: lo farò ascoltare e lo pubblicherò per i pavidi agnelloni del gregge pistoiese.

Ma Curreli non lo fa. E sapete perché? Perché – come disse improvvidamente Massimiliano Tesi, suo Vpo fan, dinanzi alla giudice non-togata Floris, perderà la possibilità di schiacciare i magistrati di aula per costringerli a condannarmi.

Sarebbe infatti quello che è in realtà: incompatibile con Pistoia e le sue assurde persecuzioni costruite in questi anni contro di me, dal 2020 ad oggi. Ma già confezionate, vergognosamente, anche per il futuro, con l’aiuto, stavolta, di madonna Chiara Contesini.

e.b.


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