lettera aperta. “DALLE CONVENZIONI AI BANDI: I PROBLEMI DELLA SANITÀ TOSCANA”

L’allarme di Magni (Fondazione Turati): “Forse senza nemmeno volerlo, la Toscana sta dando una grossa mano al disegno del Governo Meloni di ampliare la parte privata della sanità

Fondazione Turati

PISTOIA. Il presidente della Fondazione Filippo Turati Onlus Giancarlo Magni ha scritto una lettera aperta ai consiglieri regionali e alle segreterie regionali delle organizzazioni sindacali:

Ai Consiglieri regionali della Toscana

Alle Segreterie regionali delle Organizzazioni Sindacali

Loro indirizzi mail

Oggetto: Lettera aperta “Dalle convenzioni ai bandi: i problemi della sanità toscana”. 

Nel disinteresse generale le tre ASL toscane stanno procedendo, per le strutture private, le Onlus e gli ETS che operano in sanità, alle manifestazioni di interesse per assegnare attraverso bandi quei servizi che attualmente vengono erogati in regime di convenzione.

La Toscana, per ora unica regione insieme alla Lombardia, sta in pratica applicando la norma del governo che recepisce la direttiva europea sulla concorrenza conosciuta come Bolkestein.

Da notare che la Bolkestein non estende la concorrenza alla sanità, estensione che invece è stata voluta dal governo Meloni in sede di applicazione. Si capisce quindi la fretta della Lombardia, meno quella della Toscana, a meno che attraverso questo provvedimento non si punti ad una riduzione del budget fino ad oggi riservato al settore (farebbe propendere per questa interpretazione il fatto che, ad esempio nell’ASL Toscana Centro, non viene dichiarato l’importo complessivo messo a gara).

A parte questo però le modalità con le quali si sta procedendo in Toscana presentano numerose anomalie:

  1. Le tre Asl hanno promosso manifestazioni di interesse una diversa dall’altra, come se fossero tre sub-regioni. Una misura che viola la parità di trattamento dei vari soggetti che operano sul territorio regionale;
  2. Giancarlo Magni

    Manca l’analisi e la quantificazione dei bisogni ai quali si vuole dare risposta. Ci si basa sulla spesa storica che per ammissione di tutti è largamente sottostimata rispetto alle necessità che derivano dall’invecchiamento della popolazione e dai cambiamenti demografici. In Lombardia invece si è fatta l’analisi delle prestazioni aggiuntive da erogare con relativo incremento delle risorse disponibili;

  3. Non si è fatto un percorso di condivisione con gli attori storici ma si sono comunicate le decisioni prese;
  4. Non si è fatto nessun piano con le organizzazioni sindacali per valutare le conseguenze che si avranno per i dipendenti del settore. È illusorio pensare che il cambiamento sia a somma zero per i livelli occupazionali. Se la struttura A perde budget a favore della struttura B che dista 50 o più km è pensabile che la struttura A si tenga tutti i dipendenti o che quella parte legata al budget faccia tutti i giorni avanti e indietro, turni compresi, con il nuovo luogo di lavoro?
  5. Viene adottato un criterio paritario per l’assegnazione dei servizi senza alcun riferimento a criteri oggettivi per valutare la qualità delle prestazioni offerte;
  6. Si mettono sullo stesso piano gli Enti profit e no-profit applicando in maniera selvaggia il principio della “concorrenza”. Ma la concorrenza per essere davvero tale, anche per il più incallito dei liberali, deve necessariamente avvenire fra “uguali”. È un pò come avviene ad esempio nel pugilato. Non si può mettere a combattere sul ring un peso massimo ed un peso piuma. Al primo colpo il peso piuma inevitabilmente finirà al tappeto. Formalmente l’incontro si sarà svolto secondo regole che l’arbitro avrà fatto rispettare ma in realtà non avendo ottemperato, inizialmente, al principio della divisione dei pugili in categorie si sarà predeterminato l’esito del confronto. Fra l’altro tutta la legislazione susseguente all’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore distingue espressamente gli enti profit da quelli no-profit stabilendo che i primi operano nel “mercato” e i secondi attraverso gli istituti della co-programmazione e co-progettazione con gli enti pubblici. Così la recente sentenza della Corte Costituzionale (131/2020) che afferma che Onlus ed ETS sono “rappresentativi della società solidale” e danno vita ad un sistema “che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della “società del bisogno”. Per questo la stessa sentenza stabilisce che “si instaura, in questi termini, tra i soggetti pubblici e gli ETS, in forza dell’art. 55 (del CTS), un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato”.

Le conseguenze di tutte queste anomalie saranno soprattutto due. Nel breve periodo, difficoltà di applicazione, ricorsi e disagi nella fruizione dei servizi, nel medio, la ristrutturazione selvaggia dell’assistenza che non viene erogata direttamente dal pubblico con la scomparsa di tutte quelle realtà che sono il frutto della ricca rete capillare di vicinanza e di solidarietà della Toscana a tutto vantaggio delle multinazionali private dell’assistenza che forse non a caso stanno investendo molto a livello regionale.

In pratica, forse senza nemmeno volerlo, la Toscana sta dando una grossa mano al disegno del Governo Meloni di ampliare la parte privata della sanità: da un lato, non sfruttando le potenzialità della legge sul Terzo Settore, disconosce e impedisce il ruolo che può svolgere il mondo del no-profit nel fornire alla popolazione tutta una serie di servizi, dall’altro, come diretta conseguenza di questa prima scelta, agevola le multinazionali dell’assistenza che, forti della loro potenza economica, faranno, nel settore, la parte del leone.

Il Presidente

Giancarlo Magni

[gonfiantini – fondazione turati]

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