Da cinque anni sto combattendo contro il muro di gomma delle «autorità costituite» e della procura. E all’improvviso scopro, in maniera ufficiale, che il Terzo Piano del tribunale è un vero e proprio carcere punitivo di massima sicurezza per il personale che non dà affidamento dopo essersi coperto di gravissime colpe
SE NON COLTIVAN DISCIPLINA E ONORE
SI MANDANO DA VANNI IL “RUBATORE”?
Se a Pistoja la giustizia funzionasse, non avremmo, come cittadini, nessun privilegio: ci toccherebbe semplicemente ciò che ci spetta per legge; ossia un servizio in cui i magistrati, perfettamente in linea con l’articolo 54 della Costituzione, si comporterebbero «con disciplina ed onore». Il che non è.
E non è così anche se una schiera di personaggi, altezzosi quanto approssimativi, pretendono, da noi cittadini, ciò che loro stessi non vogliono darci: il rigore comportamentale, la certezza del diritto e l’onestà intellettuale.
Ieri mattina, 18 novembre 2024, sia io che Alessandro Romiti eravamo a San Mercuriale, ore 10, nell’aula della dottoressa Barbara Floris, a rispondere per un mucchio di stupidaggini fascicolate – in maniera arruffata e “favoristicamente” orientata – dalla mente illuminata del magistrato-scout/Agesci, il terrapertista e quant’altro Claudio Curreli.
Ho spiegato, alla corte e al pubblico presente in aula, la vicenda che ci sta riguardando – come cittadini e giornalisti – da ben cinque anni per l’esercizio, continuo ed eccedente i poteri concessi, caratteristico del comportamento del Pm sopra citato.
Il 14 novembre scorso – ho riferito – sono stato invitato presso la caserma della compagnia della Guardia di Finanza di Pistoja dal luogotenente Oliviero perché la procura di Genova, deputata a monitorare Pistoja e i suoi “magistrati”, voleva spiegazioni dettagliate su fatti legati al modus operandi del Terzo Piano.
Ho riferito sul 14 novembre in Guardia di Finanza perché, in pratica, la materia di cui avevo parlato con il luogotenente Oliviero, era la stessa (o comunque strettamente legata) sulla quale ero stato rinviato a giudizio nel processo affidato alla dottoressa Floris.
Ho parlato con chiarezza e dovizia di particolari, citando nomi, cognomi e indirizzi. Ma a un certo punto mi ha sconvolto una domanda che è balzata fuori all’improvviso. Mi è stato, infatti, chiesto «perché io ce l’ho tanto con il Pm Curreli, così scrupoloso…» – è stato aggiunto e sottolineato.
È bene chiarire sùbito: non è questione di avercela o meno con Curreli. È questione di vedere o non vedere, di tollerare e subire oppure no (ho risposto), la prevaricante tendenza di Curreli a operare al di fuori della legalità in una continua violazione dell’art. 358 cpp e non solo.
Ho perciò chiesto, a chi mi aveva posto la domanda: «Ma lei… è a conoscenza di come questo magistrato si comportò con Padre Fedele Bisceglia, quando operava in procura a Cosenza?».
E la risposta che mi ha fulminato è stata questa: «Sì… Ma è proprio per questo che Curreli è stato mandato in punizione a Pistoja».
Allora mi chiedo – e chiedo a tutti –: vi sembra che trattare i pistojesi come dei cani da gabbia, mandando ad accudirli i peggiori accalappiacani, sia la giusta strada per dare a Cesare quello che è di Cesare?
Anche se i pistojesi fossero tutti ladri in cattedrale come Vanni Fucci; mafiosi, pidduisti, massoni, falsi, ingannatori, truffatori, bugiardi, infingardi e chi più ne ha più ne metta: è una ragione di giustizia usare il Terzo Piano come il bugliolo in cui devono finire gli avanzi organici dei magistrati che, più giustamente, quando nascondono, come Curreli, faldoni a discarico degli indagati, e fanno condannare ingiustamente la gente a più di 9 anni di carcere, andrebbero messi a spazzare i corridoi dei palazzi di giustizia e non mandati a far danni altrove e a seminare la malerba?
Pensateci bene, tutori della legalità istituzionale che a Pistoja, tanto per usare un’espressione cara a Claudio Curreli, «fate strame», ogni giorno, dei giusti solo per mostrare che siete capaci di tutto il possibile mal agire!
Edoardo Bianchini
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