Come Sandokan nei mari della Malesia, il Mazza ha navigato e naviga nel mare del malaffare del Montalbano: ma anche della Casa di Zela, della Laghina e della Màgia. Questo almeno dal 1995 in poj
S’È MONTATO, AHIMÈ, LA TESTA
MA PATRIARCA ’GLI ERA E RESTA
I “Dialoghi sull’òmo” di Pistoja nel 2025 dovranno prevedere l’incontro con un altro filosofo cresciuto nel clima culturale piddino e oggi docente emerito all’Università del Caciocavallo “Emilio Salgari”.
L’organizzazione dei kurturali pistojesi ex-Benigni dovrà prevedere una lezz[i]o maestralis di un patriarca della politica quarratina, area in cui il Mazza ha mandato tutto a rotoli per cui il Montalbano, come dice il Mearelli (camiciaio-vicesindaco-assessore ai lavori pubblici), per questo «ci casca addosso».
Come Sandokan nei mari della Malesia, il Mazza ha navigato e naviga nel mare del malaffare del Montalbano: ma anche della Casa di Zela, della Laghina e della Màgia. Questo almeno dal 1995 in poj.
È il classico esempio, questo okkio magico delle vecchie radio di un tempo, di chi si sintonizza – di volta in volta – su tutte le zolle di terra che gli càpitano dinanzi ai piedi, riuscendo a rimanere ritto e perfino a cascare in piedi anche su un filo d’erba citrulla.
È sopravvissuto a tutto e soppravvivrà anche all’anatema dello sfarinamento del Pd della koppia Schlein-Furfaro, perché, come tutti i patriarchi – compreso quello famoso di Gabriel Garcia Márquez, ormai in autunno – sa adattarsi alle situazioni, cambiando pelle di volta in volta.
Ha passato la giunta dei ragazzi di Stefano Marini. È riuscito a sfangarla con il decennius infamis della S.S. Gori l’inutile incazzosa.
Nel suo decennio senza para-goni (non meno infamis), ma con infiniti para-culi intorno (penso a gente come il Marco Bai, Oliviero Billi, Franco Fabbri e gli altri geometri dei lavori pubblici, tipo Giorgio Innocenti e Fiorello Gori, il babbo dell’Irene di FdI, che vive grazie alle opre per Vannino Vannucci & C.), l’antipatriarca di Lucciano si poteva anche chiamare se non “sindaco Guazza-loca” come quello di Bologna, almeno “sindaco Sgrana-loca”, voglio dire quella in umido con i maccheroni al Parco Verde, sua seconda patria dopo La Pineta, dove il patriarchicida antipatriarca Mazzanti giocava, almeno tre o quattro ore al dì, a burraco, sua terza passione dopo 1. la politica e 2. le letture di Salgari.
Appartiene, questo inaffondabile, a quella pericolosa categoria degli immortali che – vedrete, finirà così – passerà da Sandokan e dai romanzi di Salgari, di cui è cultore, direttamente alla pellicola della Mummia in La tomba dell’Imperatore Dragone.
Tra altri 30 anni, quando Marco ne avrà 99, con un salto quantico si trasformerà nel pessimo imperatore della favola cinese, che continua a patriarcare anche da morto redivivo.
E con le donne del Pd tutte felici e contente che prepareranno ancora barattolini di marmellata Zuegg con dentro i bigliettini dei numeri telefonici attivati per prenderle meglio per le mele, dato che – se andiamo a vedere fino in fondo – alla fine non servono a molto.
Infatti è vero che il patriarcato è una piaga d’Egitto, ma è anche vero che quelli che vi si scagliano contro, sono i peggiori “finti” del mondo. Finti come dicono a Lucciano, a Casa Mazzanti, da dove la sua razza patriarcata partì per trasferirsi a Quarrata ove l’Okkióne visse e vegetò e continua a spandere le sue ciance di fintone salvatore, coi suoi scagnozzi corrotti.
Salvatore – lo ripeto anche per Coletta, cieco, sordo e muto – di un corrotto come Simone Niccolai, l’assessore all’edilizia abusiva, per i suoi capannoni dietro casa a Valenzatico, Via del Casone 31.
Ma ai bischeri e alle bischere, che amano esser presi per il culo dall’antipatriarca luccianese di comodo, va bene così.
Edoardo Bianchini
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