Due mozioni, tanto dibattito tra richieste chiare, vaghe e contraddittorie: la sanità della montagna resta un nodo irrisolto
SAN MARCELLO-PITEGLIO – Un ospedale smantellato e un’area disagiata mai attuata. È questa la sintesi delle due mozioni sulla sanità della montagna presentate e votate a maggioranza nell’ultimo consiglio comunale di San Marcello Piteglio, tenutosi lunedì 23 dicembre. Due atti, un profluvio di parole durato due consigli comunali, e una richiesta ripetuta a Regione Toscana e Azienda USL Toscana Centro di intervenire su una questione che da più di un decennio non ha trovato risposte concrete, anzi è continuamente peggiorata.
Lo smantellamento
Il Pacini perse il suo status di ospedale nel 2012, quando nottetempo venne smantellata la chirurgia e il pronto soccorso venne declassato a mero punto di primo soccorso. Seguirono proteste, nascita di associazioni e comitati, raccolte firme, manifestazioni, e pressioni sugli amministratori per attivarsi nei confronti di Asl e Regione per il ripristino dei servizi sanitari inopinatamente tolti ai cittadini della montagna.
Il decreto Balduzzi e le aree disagiate
La strategia adottata fu quella di fare riferimento al Decreto Ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, punto 9.2.2, noto come decreto Balduzzi. Questa normativa, pur essendo concepita per ottimizzare le risorse nel settore sanitario, tiene conto delle peculiarità morfologiche dell’Italia, caratterizzate da zone montuose e insulari con una popolazione diffusa e infrastrutture di comunicazione spesso problematiche, identificate come “aree disagiate”. Proprio in considerazione di queste specificità, il decreto prevede per queste aree il mantenimento anche dei piccoli ospedali e dei servizi di pronto soccorso.
Una classificazione rimasta sulla carta
Con delibera n. 886 del 13 luglio 2020, la giunta regionale toscana, ormai a fine mandato, classificò l’ex ospedale “Lorenzo Pacini” di San Marcello come presidio ospedaliero in zona particolarmente disagiata, riconoscendo le peculiarità del territorio montano e le difficoltà specifiche nel garantire servizi sanitari efficaci.
Obiettivo quindi raggiunto? Secondo il consigliere Marco Niccolai, sì: con toni enfatici e con le nuove elezioni regionali alle porte, dichiarò:
“L’impegno che il consiglio regionale aveva chiesto alla giunta regionale con due mozioni è stato mantenuto: l’ospedale Pacini è classificato, ai sensi del decreto Balduzzi, come sito in ‘area disagiata’. Questo significa l’applicazione degli standard previsti dal punto 9.2.2. del decreto stesso. È questo quello che ci hanno chiesto, con una raccolta di firme, migliaia di cittadini della montagna pistoiese”.
Tuttavia, l’attuazione delle misure previste non si è mai concretizzata. L’impegno della giunta non si è mai tradotto in un decreto attuativo, e anche il precedente “Accordo per il Potenziamento dei Servizi Sanitari in Montagna”, firmato nel 2019 con l’obiettivo di rafforzare il presidio sanitario e migliorare l’efficienza del sistema d’emergenza-urgenza, è rimasto per lo più disatteso.
Le due mozioni a confronto
Cosa ha quindi chiesto il consiglio comunale con le due mozioni presentate dai gruppi consiliari “Insieme”, maggioranza, e “Prospettiva Futuro”, minoranza?
- La mozione congiunta di maggioranza e opposizione chiede alla Regione Toscana il riconoscimento di area disagiata e un presidio ospedaliero come previsto dal decreto Balduzzi, sostanzialmente quello che c’era fino al 2012, anno dei primi “potenziamenti”.
- Con la seconda mozione, quella presentata dal gruppo di maggioranza “Insieme” e votata anche dalla minoranza, invece di insistere sul riottenimento dell’Ospedale come richiesto dalla mozione congiunta, avanza richieste più generiche, come un impegno temporale per l’attuazione dell’“Accordo per il Potenziamento dei Servizi Sanitari in Montagna” – un cronoprogramma già redatto e successivamente disatteso. Cosa garantisce che questa volta sarà diverso?
Compromesso politico o strategia?
La mozione congiunta punta al ripristino di un vero ospedale, anche se di dimensioni ridotte, sul modello di quelli presenti in molte zone della Toscana. Al contrario, quella proposta dalla sola maggioranza si limita al “ripristino delle funzioni del Piot” e a una generica riprogettazione complessiva del sistema socio-sanitario della montagna, accompagnata da un impegno a completare il tutto entro una data così ravvicinata, gennaio 2025, da sembrare irrealistica.
Un termine preciso, ma obiettivi vaghi
Una richiesta che, pur mantenendosi vaga e aperta a qualsiasi soluzione, inserisce un termine temporale preciso che appare in netta contraddizione con l’indeterminatezza degli obiettivi. Questo dettaglio lascia spazio a interrogativi: perché l’amministrazione si espone con una scadenza così stretta? Cosa sa e non comunica apertamente?
L’impressione è che dietro questa apparente urgenza possano celarsi interventi già predefiniti, i soliti “potenziamenti” di facciata, privi di una reale volontà di risolvere le criticità che affliggono da anni la sanità della montagna. Una situazione che appare tanto strana quanto preoccupante.
Contraddizioni di fondo
Le due mozioni evidenziano una contraddizione di fondo: da un lato si invoca il recupero di quanto è stato tolto, dall’altro si delineano obiettivi più ampi ma vaghi, privi di una chiara strategia di attuazione, con il rischio concreto che restino solo sulla carta.
Una narrativa duplice che sembra rivelare più un compromesso politico che una reale e risolutiva volontà di affrontare una questione sanitaria divenuta ormai cronica.
Marco Ferrari
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