È allarme per ciò che avviene a Santa Maria Maggiore. I cittadini italiani sono gli ultimi a stare a cuore a chi dovrebbe vigilare sulla corretta applicazione della legge. D’altronde in una città in cui procuratori della repubblica e altri giudici vengono spediti come in un carcere di massima sicurezza, una Caienna punitiva, non fa meraviglia che possano succedere continui episodi di questo genere
NON TOMASI E I TOMASIANI
MA COLETTA E I COLETTIANI
Ieri sera, dopo le 19:30, mi sono arrivate queste segnalazioni:
Il proseguimento di questa notte. Polizia con giubbotti antiproiettile!!! E noi possiamo uscire tranquilli!!! Qui tutti inveleniti con sindaco e vescovo.
La polizia ha confermato che ci sono elementi pericolosi e facili al coltello… Forse se il sindaco si fosse interessato di più, lo avrebbe saputo.
Qui non c’entra più l’igiene, qui c’entra riportare la pelle a casa…
Ti avrei fatto sentire come vengono difesi dal Questore… La responsabilità maggiore è del sindaco.Mi fermo a considerare di nuovo la situazione lamentata dagli italiani di Vicofaro, che vivono sul suolo d’Italia. Italiani che pagano, con le loro tasse estorte direttamente dagli stipendi e dalle pensioni, i lauti emolumenti di quei signori che, ex art. 54 della Costituzione, sono tenuti a svolgere le loro funzioni «con disciplina ed onore», ma che invece tradiscono spudoratamente il dovere di essere, loro per primi, «soggetti soltanto alla legge» (Cost. 101, comma 2).
E torno a parlare della procura, a mio avviso super censuranda, di Pistoja. I motivi sono ultra-noti e ultra-chiari a tutti.
Li ho spiegati almeno un migliaio di volte dal 2020 ad oggi: 5 anni 5 di denunce pubbliche e giudiziarie, tutte vanificate dal Terzo Piano, dal Csm, dalla procura di Genova, a cui ho fatto vedere, per tabulas (con documenti) e non per chiacchiere, che Biancaneve e i suoi sette nani (allora in corso legale c’erano anche Linda Gambassi e Luisa Serranti, in tutto sette) ne hanno combinate più d’una, equivocando e interscambiando il giusto con l’arbitrio; inventandosi reati che non esistevano; favorendo alcuni a danno dell’interesse comune, solo per dare libera attuazione alle loro idee bislacche ove se non anche fondate su «prossimità sociali» le quali, secondo Coletta che non intercetta la sorella di Luca Turco, a lui non fanno nemmeno un baffo.
Ripeto chiaramente la mia posizione su Vicofaro, acciocché i posteri ne prendano piena e compiuta coscienza:
- don Massimo Biancalani fa il suo e se ne assume le responsabilità: niente da dire;
- il vescovo Fausto Tardelli fa il suo e se ne assume la responsabilità: niente da dire;
- il sindaco Alessandro Tomasi, se non erro, ha fatto il suo con le sue ordinanze: ma non ha un corpo di lanzichenecchi armati, come i coreani di Putin, autorizzati a entrare a Vicofaro con mitragliatori e ruspe per radere al suolo ogni cosa e sanificare l’area.
Vediamo ora chi resta da osservare al microscopio:
- la prefetta Licia Donatella Messina è una pura e semplice agnizione, in tutto simile alle anime del terzo canto del Paradiso di Dante. Diafana, trasparente e fallace, si limita a leggere poesie a fine anno e a invitare alla inclusione perché… il viaggio deve continuare (così com’è) e lei possa vivere in assoluta pace;
- il questore difende – come lamentano i maltrattati italiani vicofarini – perché, evidentemente, altro non può fare, vista la fila di generali del niente che ha alle spalle, seduti, come tutti i generali di tutti i tempi, alle loro scrivanie e senza rischi di essere inviati in prima linea;
- il procuratore è quello che tutti sappiamo essere, anche se spedito (promosso capo) a Pistoja da un Csm che è ostaggio dell’Anm;
- e il sostituto terrapertista Claudio Curreli – lui le porte le vuole tutte aperte: tranne quelle di casa sua, ovviamente – se di qualche cosa ha da interessarsi, mostra di avere queste priorità assolute:
a) arrestare e sopprimere i giornalisti che mettono a fuoco le sue carenze operative, e chiuderne le testate onde evitare che si parli della sua discutibile persona (tanto è protetto a Roma e altrove: parola dell’ex-presidente Maurizio Barbarisi);
b) dirigere i traffici dei clandestini illegali con Terra Aperta da lui coordinata e in rotta di collisione con le leggi;
c) esercitare lo scoutismo catto-inclusivo redentore delle prostitute sulle rotonde di Agliana;
d) passare il tempo a piantumare alber[T]ini di Falcone e gelsi-moro di Caponnetto.
Il lavoro serio – quello che si fa obbedendo, senza svicolare, all’art. 358 cpp, e non nascondendo fascicoli di padre Fedele; non inventando reati inesistenti; non favorendo le sue «prossimità sociali»; non ingannando il popolo italiano con dei vergognosi rinvii a giudizio fatti solo di scorie sudice in copia-incolla da cui si evince che non legge, non riflette e non opera «con disciplina ed onore» – il lavoro serio, dicevo, non fa parte del suo Dna giudiziario, di pubblico dipendente e di indefettibile difensore delle leggi.
Riflettano su questo, gli amici di Vicofaro che mi scrivano. E si battano il petto per la loro sorta di caghetta di fifa che inficia qualsiasi loro richiesta di restaurazione della legalità.
È inutile che strillino contro Alessandro Tomasi, che, fra l’altro, mi ha anche molto deluso e non pr un solo motivo.
Possono urlare quanto vogliono, perché:
- Tommaso Coletta è fiorentino e se ne catafotte. E degli avvocati pistojesi e della Camera Penale – tutti tremanti dinanzi a lui come pulcini bagnati – se la ride;
- Giuseppe Grieco ha da pensare a proteggere i suoi amici dell’Asl Toscana Centro, che non sfiora mai;
-
Claudio Curreli quanto a protezioni è sistemato a dovere e, se una sera esce di casa perché gli danno la libera uscita, va a cantare al karaoke del Tempio con un bel grembiulino da servi-a-tavola, che ci fa pure una bella figura;
- Luigi Boccia, Leonardo de Gaudio e Chiara Contesini: non pervenuti.
Pòera Pistoja e pòera Italia. Se FdI fosse un partito serio, non terrebbe, a far comparsate minchiòniche, gente come il senator Patrizio La Pietra-Plastilina della Zappa Viendallabure, più adatto all’agricoltura sul campo di vera terra, anche con la vanga in mano, che non ai salotti della Licia Donatella Messina, che recita versi di Josè Saramago e tàcita così la sua indigeribile, imbarazzante inerzia…
We must start the journey again:
the show must go on…
Guardate bene. C’erano proprio tutti. La Pietra compreso…
Edoardo Bianchini
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