MODIGLIANI A PISA

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Modigliani, nudo femminile

PISA. Alcuni burloni livornesi, per rendere omaggio ad uno dei loro più famosi e celebri conterranei, Amedeo Modigliani, trent’anni fa dissero di aver ritrovato tre sue sculture: i saggi e i critici fecero a gara per stabilirne provenienza, date, periodo di ideazione e costruzione, salvo poi essere ignobilmente smentiti dagli smascherati goliardici autori.

A Pisa, invece, sui Lungarni, al Palazzo Blu, per l’esattezza, hanno voluto rendere il giusto omaggio a Modì e trent’anni dopo il ritrovamento delle false teste nei fossi della città labronica, hanno organizzato una mostra straordinaria, Amedeo Modigliani et ses amis, che resterà aperta al pubblico fino al prossimo 15 febbraio.

Nei due piani espositivi infatti, oltre ad alcune sculture e quadri dell’indimenticabile Medo (questo il nomignolo di Modigliani da ragazzo, fino a quando rimase a Livorno), trovano spazio e giusto risalto lavori di alcuni suoi amici appunto, quelli con i quali spartì la sua breve, ma intensa, esistenza parigina, tra le catapecchie di Montmartre e i viali di Montparnasse: ci sono Chagall, Brancusi, Picasso, Léger, Soutine, Utrillo, Ghiglia, la scuola cubista francese che raccolse, agli inizi del XX secolo, il gotha artistico di buona parte dell’Europa.

Modigliani in mostra a Pisa
Modigliani in mostra a Pisa

A prestare al Palazzo Blu dei Lungarni pisani alcune delle opere dell’artista livornese ci hanno pensato il Centro Pompidou, in massima parte, ma anche alcune collezioni, pubbliche e private, italiane e straniere, come il Musée de l’Orangerie sempre di Parigi, che ha accordato il prestito di tutti i suoi Modì.

Il dato straordinario, che acquista valore e forza, non solo commerciali, di questa mostra e dell’intera vita di Modigliani sono l’ostinata fedeltà dell’artista alla propria idea di pittura e scultura: essenziali, scarne, elementari, scevre da qualsiasi orpello, nude, profondissime, una ricerca originaria delle specie umana, tratteggiata nei suoi elementi primordiali, senza mai lasciarsi sedurre, corrompere o tentare dalle sirene della moda, che già a quell’epoca riuscivano a pilotare gusti, tendenze e stili.

Affascinato dai tratti africani, Amedeo Modigliani regalò alle sensazioni, agli sguardi, agli umori, le vere grandi differenziazioni dei suoi ritratti maschili e femminili, privilegiando l’asimmetria degli occhi e quei colli lunghi e affusolati così cari alle collezioni degli stilisti di fine millennio.

Sono le tracce umorali, i dettagli, l’assoluta mancanza di prospettiva pittorica ad imporre, al visitatore, l’attenzione, tutta l’attenzione, sul colore e sul calore umano. E anche quando la tubercolosi, che lo perseguitò sin dai primi anni di vita, si fece ancor più dolorosa e tragica, Modigliani decise di non accettare compromessi alcuni, perseverando il cammino artistico lungo la propria strada intransigente dell’umiltà del tratto.

Erano gli anni ermetici, cubisti, inesplosi, gli anni che aprirono il sipario sulla prima delle due guerre mondiali; le floride condizioni economiche familiari si erano improvvisamente debilitate e solo grazie alla superbia della mamma marsigliese che Amedeo Modigliani riuscì a coronare i propri sogni riuscendo a trasferirsi a Parigi, dove poté approfondire e svolgere i suoi studi e dare così vita alla sua creatività artistica, che gli fu riconosciuta solo postuma.

Modigliani, Testa femminile
Modigliani, testa femminile

Appena fuori dal Palazzo Blu, per rimodellare la miriade di sensazioni ricevute dalla vista dei capolavori della mostra, ci siamo accesi una sigaretta, gustata lungo la via del ritorno, verso il parcheggio sotterraneo posto nella piazza antistante la stazione ferroviaria, dove termina o finisce il viale che conduce sui Lungarni, dove sono posizionati piccoli ma funzionali cestini di rifiuti: tre vaschette distinte e separate da una diversa colorazione dei contenitori (carta, plastica e organici) e un posacenere.

Semplice, molto semplice, assai più facile che organizzare la mostra su Modigliani!

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