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PISTOIA. È passata in sordina, nonostante sia stata pubblicata sulle pagine della Nazione Pistoia-Montecatini del 13 novembre scorso, la notizia di un nuovo caso di malasanità.
Il fatto riguarda una vicenda giudiziaria che coinvolge una famiglia pistoiese e il dramma di una bambina, affetta da retinoblastoma bioculare, a cui è stato rimosso il bulbo oculare a seguito di un “errore” dovuto probabilmente a una cura sperimentale basata sulla somministrazione locale di chemioterapici. Della vicenda si è occupato di recente anche il Di Bella Insieme, il blog forum ufficiale del metodo Di Bella.
Da una parte troviamo una bambina – che oggi ha cinque anni – e vive in un paese della provincia di Pistoia, costretta a vivere con un occhio “artificiale” dopo che le cure sperimentali prestategli nel 2009 presso il Centro retinoblastoma dell’U.O.C Oftalmologia del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena (ritenuto sicuramente tra i centri italiani di eccellenza) andarono a vuoto, e dall’altra un medico – dello stesso centro – che è stato iscritto – a quanto riferisce la stampa – nel registro degli indagati con l’accusa di “lesioni personali gravi”.
Alla bambina pistoiese, affetta sin dalla nascita da retinoblastoma bioculare e indirizzata dall’Ospedale di Careggi nella struttura ospedaliera senese, a seguito dell’inefficacia della cura, venne asportato infatti un occhio.
Secondo i familiari della piccola che hanno a suo tempo sporto una denuncia contro i medici di oculistica del policlinico senese, all’origine della gravissima lesione ci sarebbe stata la richiesta avanzata di abbandonare le cure e quindi la somministrazione dei farmaci precedentemente avviata sulla piccola subito dopo la sua nascita.
Siena negli ultimi anni ha ottenuto un primato nell’attuazione di un nuova tecnica grazie alla presenza, all’interno dell’Ospedale delle Scotte, di due reparti di alta specializzazione, ovvero quello oftalmologico e quello neurointerventistico, da anni punto di riferimento nazionali ed internazionali. E per questo scelto dalla famiglia pistoiese per curare la propria figlia.

Una tecnica – a quanto ci sembra avere capito – che messa a punto quale cura sperimentale contro il tumore dell’occhio più diffuso nei bambini, nel 2010 (circa un anno dopo la nascita della bambina pistoiese) risultava per certi aspetti funzionante con risultati molto promettenti avendo infatti in appena due anni salvato gli occhi dall’enucleazioni di circa il 60 per cento dei 38 bambini trattati. Ma a quanto pare tale tecnica di “chemioterapia selettiva in arteria oftalmica”, tra l’altro, approvata dal Comitato Etico non è stata efficace rispetto alle opportunità terapeutiche tradizionali a cui era stata sottoposta inizialmente la bambina. Secondo La Nazione il caso è stato affidato al sostituto procuratore della Repubblica Giuseppe Grosso. La famiglia ha nominato quale suo legale di fiducia l’avvocato Andrea Niccolai del foro di Pistoia.
Secondo la ricostruzione fatta a seguito della denuncia dei genitori della bambina hanno avuto inizio una serie di accertamenti, tra cui il sequestro della cartella clinica e sono stati nominati i i consulenti. Il Pubblico Ministero avrebbe poi chiesto un incidente probatorio per capire attraverso gli specialisti se c’era stato un errore. È durante l’udienza che a un certo momento è emersa “che non era giustificato l’abbandono del protocollo adottato fino a quel momento per curare la piccina”.
Le indagini sarebbero vicine ad una conclusione e quindi sarebbe imminente l’udienza preliminare nel corso della quale il giudice delle indagini preliminari dovrà decidere “se del fatto se ne debbano, o meno, occupare i colleghi del dibattimento o meno”.
A proposito di questa notizia sul blog Di Bella si trova scritto: “Senza voler entrare nel merito della vicenda giudiziaria, nè poterlo fare nel dettaglio del merito clinico, ci limitiamo ad osservare che un fatto di questa gravità sia stato letteralmente “insabbiato” dal mondo dell’informazione. Perchè? È cosa lecita? È uno stato civile quello nel quale vengono taciuti scempi e violenze simili? Stato libero quello nel quale medici che fanno il loro dovere debbono difendersi dal giornaliero assalto dell’informazione farmaceutica, ed obbedire, obtorto collo, a linee guida fissate da incompetenti (o peggio), e, viceversa, mentre camici bianchi (non li riteniamo degni dell’appellativo di “medico”) che hanno commesso errori gravi o abusi godano troppe volte di una protetta e imposta impunità?”.
E sempre a proposito di tale notizia ci è giunta in redazione una lunga email da parte di un medico (che sceglie l’anonimato) molto esemplificativa sulle cure e lo stato dell’arte nella cura del retinoblastoma.
A seguito dell’articolo uscito sul quotidiano La Nazione il 13 novembre, desidero inviare qui di seguito in maniera molto sintetica, la storia, le cure e lo stato dell’arte nella cura del retinoblastoma. Se vorrete pubblicare qualcosa sul vostro blog, credo fareste utile divulgazione al grande pubblico.
Cordialmente,
Un medico senese
IL RETINOBLASTOMA

Il retinoblastoma è una patologia che colpisce la retina dell’occhio. Si tratta più esattamente del cancro della retina, e colpisce circa un bambino ogni 15.000/20.000 nati vivi; è il tumore primitivo intraoculare più comune nell’infanzia. In Italia, si stima che ogni anno nascono circa 40/50 bimbi affetti da questa patologia. Trattandosi di un tumore che colpisce la retina, una diagnosi precoce è fondamentale per ottenere percentuali di guarigioni più elevate. Il retinoblastoma può colpire un solo occhio, in tal caso si definisce monolaterale. Quando invece vengono colpiti entrambi gli occhi, parliamo di tumore bilaterale.
Nei paesi industrializzati, la percentuale di guarigione si aggira attorno al 95/100 per cento circa, ma ad inizio secolo scorso, la mortalità era pressoché del cento per cento. Fino agli anni sessanta/70, sia per la mancanza di strumenti diagnostici adeguati, sia per mancanza di protocolli sperimentati, quasi sempre la guarigione si otteneva enucleando l’occhio, vale a dire, asportando il bulbo oculare. Le terapie che in quegli anni erano maggiormente utilizzate, era la chemioterapia; i trattamenti focali, (laser) muovevano allora i primi passi, mentre veniva largamente utilizzata la radioterapia, che purtroppo aveva effetti collaterali molto gravi sia per l’estetica del paziente, ma soprattutto, per il rischio di secondi tumori radio indotti.
Successivamente, la tecnologia medica, ha messo a disposizione vari tipi di laser, miscele chemioterapiche sempre più mirate, e strumenti diagnostici in grado di rilevare focolai tumorali anche di piccolissime dimensioni, anche sotto il mm. Sostanzialmente, trattandosi di un tumore che attacca la retina, non può essere trattato chirurgicamente, poiché ciò equivale a far perdere l’occhio, quindi di conseguenza la vista. Ad oggi, per tale patologia, le percentuali maggiori di guarigione si ottengono combinando trattamenti chemioterapici, i quali hanno la funzione di ridurre la massa tumorale, e trattamenti focali, che sostanzialmente utilizzando un termine volgare ma che rende l’idea, bruciano il focolaio tumorale. Anche oggi, in casi selezionati, viene ancora praticata la radioterapia, in 2 forme. Il primo tipo di radioterapia è la radioterapia esterna, costituita da fasci a raggi x, che vengono indirizzati tramite l’utilizzo di computer e sistemi di puntamento, oltre che maschere protettive, al fine di colpire con la massima precisione il focolaio tumorale, cercando di non toccare i tessuti sani. Nonostante questa tecnologia molto raffinata, il rischio di tumore radio indotto, anche se di molto diminuito rispetto agli anni 70/80, rimane comunque. Il secondo tipo di radioterapia, consiste in piccole placche radioemittenti, che vengono poste a contatto diretto con il focolaio, provocandone la sterilizzazione delle cellule maligne. Questa tecnica, rispetto a quella prima citata, pur avvalendosi di sorgenti radioattive, offre margini di sicurezza molto più alti in riferimento alla possibilità di indurre tumori radio-indotti prima citati.
Riguardo i moderni trattamenti focali, si possono riassumere come segue.
ARGON-LASER. Tale laser, grazie ad un particolare tipo di luce ad elevata energia, provoca un intenso calore nella zona di tumore da trattare e determina la morte delle cellule neoplastiche. Tale pratica rispetto agli anni passati viene sempre menoutilizzata, e comunque è consigliata per piccoli focolai, localizzati nelle zone periferiche della retina.
diodo laser. Questo trattamento, inducendo un innalzamento della temperatura nella zona trattata che può variare da 45 a 60 gradi., determina una necrosi non coagulativa delle cellule malate. Questa tecnica, trova grandi vantaggi sia quando utilizzata da sola semplicemente come trattamento focale (termoterapia transpupillare Ttt), sia quando viene impiegata contemporaneamente all’infusione di farmaci chemioterapici. Tale combinazione denominata termochemioterapia, (Tct), permette di ottenere risultati davvero eccellenti. La termoterapia transpupillare induce effetti citotossici diretti sulle cellule maligne inducendo una alterazione del microambiente tumorale, inoltre determinando una vasodilatazione dei vasi sanguigni determina una maggiore affluenza dei farmaci chemioterapici infusi per via endovenosa nella termochemioterapia.
CRIOTERAPIA. Tale tecnica, contrariamente alla precedente, induce una necrosi del focolaio trattato grazie ad una particolare sonda che crea, sulla sua sommità, temperatura di meno 80 gradi circa, provocando così la morte delle cellule maligne.
Da qualche anno, accanto alla chemioterapia tradizionale, si utilizzano anche trattamenti chemioterapici locali. Lo scopo di questa modalità di somministrazione dei farmaci, è quello di ottenere una netta riduzione degli effetti collaterali tipici della chemioterapia sistemica. Tale modalità prevede vari modi di applicazione. Tramite iniezioni che usano la via sottotenoniena o quella sottocongiuntivale si possono somministrare farmaci direttamente nell’occhio. Questo approccio è usato spesso in sinergia con la chemioterapia sistemica. Un’altra modalità, è quella di far passare un sottilissimo microcatetere che dalla vena femorale giunge alla arteria oftalmica, dopo di che, con un particolare sistema, viene rilasciato il farmaco che anche in questo caso giunge direttamente a contatto col tumore. Tuttavia, tali tecniche locali, sono ancora in fase sperimentale, e i risultati pubblicati sulle riviste mediche sono assolutamente contrastanti tra loro per vari motivi che adesso sarebbero troppo complessi da esporre.

Allo stato dell’arte il retinoblastoma si cura con 3 armi fondamentali.
- 1) rapidità nella diagnosi.
- 2) rivolgersi a centri altamente specializzati, in grado di offrire personale in grado di applicare correttamente tutte le tecniche sopraccitate.
- 3) i centri seriamente avanzati nella cura di tale patologia non sono molti al mondo. Possiamo approssimativamente affermare che in Europa vi sono 2 o 3 centri di eccellenza. Uno con sede in Olanda, un secondo in Francia, ma senza dubbio quello di gran lunga più avanzato è il Jules Gonin presso Losanna (Svizzera). Altri 2 o 3 centri di grande esperienza si trovano negli Stati Uniti, e uno in Canada, che per esperienza e personale altamente preparato, è a livello del centro svizzero. Ovviamente gli ospedali che trattano tale patologia sono molto di più, ma dobbiamo dire in tutta onestà, che i risultati sono molto scarsi, e quasi sempre il finale per il piccolo paziente è l’enucleazione, con tutti i drammi e complicazioni che questo estremo ratio comporta.
- 4) Il retinoblastoma come scritto all’inizio del presente scritto, può essere mono o bilaterale. Inoltre, può presentarsi con un solo focolaio nella retina, ma anche con più focolai, in tal caso parliamo di retinoblastoma multifocale.
- 5) Riguardo le dimensioni del tumore in questione, fino a 3 mm, si considera piccolo. Da 3 a 6 mm media grandezza, da 6 mm in su, (possiamo arrivare anche a 15 mm, parliamo di grande dimensione. E in questo ultimo caso che la necessità di ricorrere all’enucleazione è maggiore.
- 6) Un ultimo dato assolutamente fondamentale che spesso il grande pubblico non conosce, è il termine guarigione. Qui è d’obbligo specificare due tipi di guarigione. La prima riguarda la vita. Purtroppo di Rtb si può anche morire, poiché come tutti gli altri cancri, se non curato, o curato male, è destinato a metastatizzare. In questo caso, il rischio vita diviene molto alto.
- 7) Il secondo tipo di guarigione, è quello di portare a remissione completa la patologia, e salvare al tempo stesso l’occhio e quanta più vista possibile.
- 8) Ciò detto, quando leggiamo genericamente che la percentuale di guarigione è del 98 per cento, tale percentuale si riferisce alla vita, mentre la salvaguardia dell’occhio e conseguentemente della vista, ha percentuali minori, che variano in base a molti fattori prima citati: diagnosi precoce, grandezza del o dei focolai, trattamenti adeguati, la combinazione chemioterapia, trattamenti focali, e nei casi più resistenti radioterapia, sono le strategie che offrono
- 9) Le maggiori percentuali di successo. Ma non finiremo mai di ripetere che non basta trattare con farmaci chemioterapici, trattare con laser o radioterapia. La differenza la fa l’esperienza dell’oculista e del pediatra oncologo i quali seguono il piccolo paziente, e che di volta in volta decidono come intervenire.
One thought on “AFFETTA DA RETINOBLASTOMA PERDE UN OCCHIO ‘PER ERRORE’”
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