Cos’è l’uomo se tu lo abbandoni alla sola ragione fredda, calcolatrice? Scellerato, e scellerato bassamente […]. Odoardo […] mangia, legge, dorme, passeggia, e tutto con l’oriuolo alla mano.
U. Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis
PISTOIA. Nella molto pseudo democrazia ateniese che amano citare, fin troppo spesso e volentieri, molti pistoiesi acculturati, una scena come quella del Sindaco – che il 23 dicembre interviene in Consiglio e redarguisce i “bambini cattivi” che non hanno regole morali e che stanno a consigliare solo per un pugno di €uri o per qualche € in più (risenti qui dall’ora 4 e munti 40 e fino all’ora 4 e minuti 54 più 24 secondi) – sarebbe immediatamente finita, dritta come un fuso, in una simpatica commedia di Aristofane, ché di commedia politica si tratta.
I toni solenni, le auguste frustate guidate dal ‘pathos’ della e per la politica, e dal gusto del martirio; l’assoluta mancanza di un pizzico di humor ‘ad hoc’ e quell’insistere-insistere-insistere, perfino con preziosa citazione dall’Ortis di Foscolo (stupendo l’oriuolo alla mano: Bertinelli, mi pare, si lascia andare perfino all’anàfora, alla ripetizione, tanto per sottolineare l’immagine con un certo qual piacere di eufonica lussuria…), come avrebbe potuto non colpire un autore comico così zotico e politically un-correct come il più ganzo dei ganzi che, per mandare in culo la gente, ci metteva solo quanto uno sputare in terra?
E guardatevi bene dal sostenere che l’espressione “mandare in culo la gente” è rozza e volgare: essa è assolutamente congura, consona e appropriata alla molto pseudo democrazia ateniese che aggrada ai pistoiesi, e a un commediografo come Aristofane, che di remore ben poche se ne faceva nel chiamare le cose con il loro specifico nome naturale.
Visto di lontano (anche questa è una dotta citazione: d’altronde nella cultura classica l’allusione è il mezzo per arrivare a dama della verità e del sapere fra dotti…) questo episodio-scena – che vi consiglio vivamente di ascoltare chiudendo gli occhi e cercando di immaginarlo nei suoi fotogrammi in sequenza con annessi e connessi –, visto di lontano è di un comico micidiale, quasi da sbellicamento; da rana dell’Anchione che schianta per eccessiva gracidazione. E più è seria la scena, più diventa tragicamente comica.
Non è difficile potervi intravedere o immaginare, in tutto il suo sostrato etico-politico-filosofico, quasi la figura stessa del filosofo (Socrate, voglio dire) disegnata da Aristofane nelle Nuvole quando lo prende in giro con i suoi strali scoptici e ce lo mostra sospeso in un corbello, in aria, mentre aerobatèi, cioè “cammina fra le nuvole” (l’espressione comica è, però, di Platone, dall’Apologia) senza avvedersi che la vita è a terra, tra la gente comune che chiede soluzioni a problemi concreti: il che fa morire dal ridere il popolo seduto a teatro.
Già. Perché ogni esaltazione parossistica di un qualsiasi sentimento o stato d’animo, trapassa – irreversibilmente – nel suo esatto contrario. Ce lo dice anche Pirandello. E dal tragico-elevato/solenne, al comico-ridanciano/sguaiato il passo è più breve di un battito di ciglia.
Ben lo sapevano i comici antichi, poi seguìti da quel ganzone del Machiavelli con il suo Belfagor, ma ancor più con il suo serioso e accomodante fra’ Timoteo della Mandragola, non per nulla interpretato – nel film con la Rosanna Schiaffino – dal grande Totò. E poi, vi sembra poco una madre della sposa come Nilla Pizzi? Ma non divaghiamo…
Il Sindaco scende nell’arengo rimaso (citazione) del Consiglio come un Cid da poema epico-cavalleresco: e assesta botte e affondi a destra e a manca. Non “rispiarma” (metàtesi cara ai pistoiesi) nessuno. Tutti, secondo lui, stanno in Consiglio con l’oriuolo alla mano e pronti a scappar come Bianconigli ossessionati dal tempo in quel Paese delle meraviglie che è il Palazzo. Pensano solo alla scarsella (il borsellino) e gli scappa – al Sid (pardon, al Cid, pardon, al Sindaco!) – perfino un cenno al sofferto tema delle “cene”: puro caso o, invece, vero e proprio freudian lapsus dovuto alle sgamature dei Pd dissidenti per mano della coppia Ferretti-Ruganti (vedi)? Evidentemente c’è un tarlo che rode, sotto sotto: e che finisce con il far sentire i suoi denti da scavo-gallerie.
Così, giù giù, una filippica che dura ben 14 minuti e 24 secondi (la metà, quasi, di un esame universitario) per mitragliare a dovere gli ignavi con i mosconi e le vespe dell’etica, e far colare il loro sangue in una corsa folle dietro il vessillo infernale del Consiglio, ricordando a tutti che, in democrazia, i cittadini saranno i giudici: e il giudizio sarà – come quello bolscevico – popolare (magari opportunamente guidato da qualche commissario politico…).
Ma il massimo, il punctum dolens, è quel dito alzato contro chi, su facebook, ha scritto (sto andando a memoria, perdonatemi…) che “la produttività del Consiglio Comunale è pari a quella di un criceto nella ruota della gabbia”.
Lì il Sindaco tocca tragicomicamente l’acme dell’indignatio, il climax (che non è solo quello a cui pensano i pistoiesi dediti alle pilloline blu di sì largo uso in città, dicono…) su cui svetta la bandierina del comico: anche perché, com’è stato sottolineato maliziosamente durante la conferenza stampa in Sant’Agata, “finché il Sindaco fa perdere ore e ore di lavoro per i suoi enciclopedici interventi, è chiaro che le cose non vanno avanti: non è proprio possibile; manca il tempo”.
Ecco, allora. Dinanzi a tutto questo, forse il Sindaco meglio farebbe a tenerlo lui l’oriuolo alla mano. Per non finire poi criticato, a sua volta, seppure con diverso senso e differente finalità, come quel povero Odoardo, fidanzato della Teresa dell’Ortis, al cui oriuolo il primo cittadino si è (del tutto impropriamente) attaccato.
Salvis juribus, absit iniuria verbis.
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