PISTOIA. Sabato 24 gennaio Iliv Teatro Spazio Teatrale Allincontro presenta La cura del tempo per congiunzioni, tratto dalle raccolte poetiche ”La cura del tempo” e “Congiunzione carnale, astrale, relativa” di Danilo Breschi, con Andrea Anastasio, Tommaso Carovani, Silvia Stacchini. Movimenti coreografici Martina Belloni. Regia Massimo Bonechi.
Le poesie…
Uno, due, tre corpi… Un uomo, una donna, un uomo… La loro età è imprecisa. Non sono vecchi, assolutamente. Sono giovani, sì. Ma di quella giovinezza che ha appena appena ingoiato il tempo, anzi: il sentimento del Tempo. Quel tanto che basta. Quel Tempo che un tale diceva, sì, essere un gran maestro, peccato solo che uccida i suoi allievi.
Quando fai tale scoperta, e prima o poi la fai, la giovinezza si trasforma da corpo a condizione della mente. È nostalgia, è speranza. Passato, ma anche futuro. Qualcosa che inchioda, qualcosa che schioda. E lui, lei, lui, i tre corpi sono ora tre anime, che cercano un percorso nella notte del Tempo sperando, sapendo che c’è luce lungo il cammino. Bagliori nella notte del Tempo potranno essere i loro incontri, le loro congiunzioni, ora carnali, ora astrali, ora relative. Perché tutto è in relazione, a lui, a lei, a lui. Amori cercati, sognati, negati, donati e poi ancora tolti.
Amicizie perdute per sempre, o per poche ore. Sono tutte le forme con cui lui, lei e lui si prendono cura del Tempo. Seguiamo tutti insieme questa loro intensa, appassionata cura del tempo per congiunzioni.
Danilo Breschi
“E con impeto scrivo e racconto perché niente si perda”.
La paura del tempo inarrestabile, la necessità di fermare il momento. In un secondo, però, tutto si è già trasformato in passato. Il presente ha portato cambiamenti, niente sarà mai uguale a prima. Così l’arte del movimento incarna perfettamente questo tema.
Corpi che s’intrecciano, mani che s’incontrano e poi ancora baci, carezze, abbracci: accudirsi vicendevolmente. Ma tutto è effimero. Esiste un presente, che in un attimo svanisce.
Si trasforma continuamente in qualcosa d’altro, come i corpi che non assumono forme riconoscibili, ma acquisiscono una qualità di movimento liquida, fluida e inarrestabile, lasciando dietro di sé ciò che è stato. Ecco perché la necessità di scattare freneticamente selfie, secondo la moda del momento; di tracciare segni su un foglio bianco per immortalare espressioni, emozioni, atteggiamenti.
Per ricordare. Dunque i contrasti, i disequilibri, la “vertigine nella stasi”, la necessità di riempire spazi nei corpi altrui, per colmare i vuoti dati dal trascorrere del tempo e da rapporti amorosi fallimentari.
Martina Belloni
La poesia non racconta, non rappresenta, non dice; non comunica, non mostra. La poesia ci conduce, ci getta in un vortice di emozioni, di suggestioni, di impulsi. Ci riguarda tutti, è dentro di noi. Per questo la scena si presenta come un ventre materno: il pubblico e gli attori ne fanno parte, ci sono immersi.
È la loro origine e la loro destinazione. La poesia è il più profondo e sincero collegamento con l’animo umano; è la nostra essenza allo stato puro. Ci ricorda quello che siamo, quello che vorremmo essere, i nostri fallimenti e la nostra libertà; ci rende coscienti che siamo carne e sangue, cuore e cervello. I tre attori seguono un percorso che viene scandito dal tempo, lottano per il proprio benessere, per soddisfare i propri desideri, cercano l’uno l’altro, fanno delle scelte, rinunciano, si uniscono per poi lasciarsi.
Vivono solo di attimi, eppure sperano che sia per sempre. Sognano l’immortalità ma si augurano che tutto abbia una fine. Un fine. Soffrono e gioiscono. Semplicemente nascono e vivono, per poi morire. È la poesia che ci rende umani. È la nostra umanità che vive attraverso la poesia.
Massimo Bonechi
Per informazioni, Email: spazioteatraleallincontro@gmail.com