
PESCIA. Sono una cittadina residente nel comune di Pescia dove ci saranno le elezioni amministrative a maggio. Sto cercando di tenermi informata, di districarmi e tentare di scegliere chi mi rappresenterà in Comune per i prossimi cinque anni. In attesa che si presentino i candidati di tutti gli schieramenti, per il momento il dibattito è fra i due candidati Pd alle primarie del centro-sinistra: Oreste Giurlani ed il renziano Andrea Giuntoli.
È di questi giorni il comunicato stampa di Giurlani sul rilancio dell’ospedale di Pescia. L’argomento mi sta particolarmente a cuore, come penso alla maggioranza delle persone, tanto che mi permetto di intervenire, da libera cittadina preoccupata per lo stato di salute del sistema sanitario in provincia.
Il programma relativo alla salvaguardia dell’ospedale di Pescia di Andrea Giuntoli è lineare, ambizioso, per alcuni utopistico, ma chiaro.
Il programma che ho letto sullo stesso argomento di Oreste Giurlani può sembrare “il nulla” e “tutto e il contrario di tutto” come è stato scritto in un commento, ma io vorrei approfondire. Per approfondire bisogna partire dai concetti chiave di quel comunicato, che sono gli stessi presenti nei documenti della ASL 3 e nella delibera della Giunta Regione Toscana n. 1235 del 28.12.2012 che ha “riordinato” il sistema sanitario toscano.
Il primo concetto caro a Regione e ASL e ripreso dal candidato Oreste Giurlani è quello di “sanità diffusa”. Se ne parla ma non si spiega cosa sia. Esiste, ne siamo circondati eppure io non me ne sono accorta. Dipende forse dal fatto che non ho ancora cambiato mentalità. Tutti dobbiamo farlo. Lo ha ricordato l’Assessore alla sanità Marroni ad ottobre, in risposta alla mia lettera di protesta quando mio figlio è stato ricoverato al San Jacopo dopo la chiusura del reparto di Pediatria a Pescia: “Non si può fare tutto ovunque. Non possiamo più permetterci di avere specializzazioni ovunque”. La pediatria è una specializzazione. Lo so. La prossima volta andrò direttamente al Meyer: lì sì si può parlare di specializzazione. Fuga dalla ASL 3.
Tornando al punto, io e mio marito, genitori di due bambini, siamo circondati da servizi sanitari efficienti e soprattutto diffusi. Abbiamo a disposizione un reparto pediatrico a 40 km. da casa. Un pediatra (o un medico di famiglia) 12 ore al giorno e non con orari fissi e stabiliti. Nei notturni e nei festivi è disponibile una guardia medica pediatrica. I medici pediatri all’ospedale di Pescia sono in grado di prendersi responsabilità senza avere un reparto alle spalle, basta la stanzetta dell’Osservazione Breve Intensiva. È così, no?
Mi sto limitando ad un aspetto specifico, che conosco meglio, ma potremmo parlare anche della Cardiologia. C’è da chiedersi: in questa situazione di sanità diffusa, cosa si desidera di più a Pescia e in Valdinievole?
Il secondo concetto è quella della “presa in carico”. Carico: quanto siamo pesanti noi cittadini! Se l’ospedale di Pescia non ha posti letto (es. cardiologia) o reparti (es. pediatria), il paziente da Pescia viene caricato su un’ambulanza e trasportato a Pistoia al San Jacopo (spirito di cooperazione), sperando che lì il posto letto ci sia. E il sistema funziona, lo posso assicurare, l’ho provato. Il presidente Rossi ha ragione: dal pronto soccorso di Pescia mio figlio di 4 anni, come tanti altri bambini prima e dopo di lui, sono stati trasportati in ambulanza o in auto dai genitori a Pistoia, come pacchi, anzi pacchettini perché sono piccoli, e presi in carico correttamente. Cosa c’è da lamentarsi?
La “presa in carico” mi fa pensare anche alle famiglie che hanno persone disabili, loro sì a carico, e sono lasciate troppo sole ad affrontare disagi e malattie gravi, facendo sacrifici enormi per garantire al proprio caro un’esistenza dignitosa. Da sole, appunto.
Sempre dal comunicato cito il terzo concetto: “Welfare di comunità, nel quale il cittadino, l’associazionismo, le Istituzioni concorrono ognuno per la propria parte, in egual misura alla crescita della collettività”. Mi chiedo ancora, cosa significa? Io come cittadino, come posso contribuire al Welfare oltre che pagando onestamente le tasse? Pagando di tasca mia autostrada e benzina per arrivare al San Jacopo (con i mezzi pubblici dalla Valdinievole o dalla Valleriana non ci arriverei in tempi utili)? Oppure tirando fuori soldi e ancora benzina e autostrada per trovare Cliniche o laboratori dove posso fare un esame privatamente, perché le liste di attesa nel pubblico sono troppo lunghe?

Altro concetto, e questo mi preoccupa davvero, è un modello di “assistenza sanitaria e sociale non più universalistiche”. Io credo nella Costituzione Italiana. Credo nell’articolo 32 che recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.” Questo significa che l’assistenza sanitaria è un diritto universale e deve essere garantita a tutti i cittadini in ugual modo e non debbono esistere cittadini di serie A e cittadini di serie B (coloro che vivono in zone marginali o periferiche private di servizi). Questo è il punto.
Giurlani rassicura che “l’ospedale c’è e rimarrà senza depauperamento di personale e di tecnologia: la garanzia dell’impegno aziendale e regionale nell’acquisire risorse umane e tecnologiche è stata più volte asserita e sancita con atti scritti (condivisi alla conferenza dei sindaci). È agli atti che noi guardiamo, non al facile populismo”.
Anche a me piace guardare ai fatti e agli atti. Vediamoli.
Giurlani condivide l’impostazione della Giunta regionale e si fida. Si fida della ASL 3 (e Regione Toscana) che ha chiuso un reparto di pediatria senza aver organizzato immediatamente dopo il servizio alternativo, che inaugura Case della Salute, scatole vuote (quando verranno riempite seriamente?), che smentisce continuamente disservizi, cha ha trasformato l’ospedale di San Marcello in un P.I.O.T. (Presidio Integrato Ospedale territorio la cui “mission” e “vision” sembra non piacere agli abitanti della Montagna Pistoiese) continuando a dire che è stato un potenziamento.
Il significato intrinseco di “ospedale autoctono” nel documento di Giurlani mi sfugge, ma per il resto è chiarissimo. Giurlani condivide a pieno la politica sanitaria della Regione Toscana. Questo ho capito dall’analisi del suo comunicato stampa. E d’altra parta avendo Giurlani avallato come Presidente dell’Uncem della Toscana (Unione Comuni ed Enti Montani) i Patti Territoriali che hanno riorganizzato il sistema sanitario, come poteva essere altrimenti?
Qui però mi devo interrompere, perché guardando agli atti, tanto importanti per lui quanto per tutti, c’è qualcosa che non torna. Infatti, quella famosa delibera n. 1235 è una delibera di Giunta, il Consiglio Regionale (il nostro parlamento) non l’ha discussa però è stata attuata. Allo stesso modo non è stato ancora approvato il Piano Sanitario regionale scaduto nel 2010 e a detta del presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci (Pd), pare sia un atto necessario a ricostituire la legalità delle politiche sanitarie! Vi sembra poco? Inoltre, sempre a proposito di atti, i “Patti Territoriali” sono stati firmati dalla Conferenza dei Sindaci della Provincia di Pistoia nel giugno 2013 ma pubblicati dal Comune di Pistoia a novembre, con un ingiustificato ritardo che non ha dato modo ai cittadini di conoscere atti amministrativi rilevanti.
Lascio qui il comunicato di Giurlani e vado oltre.
Io spero davvero che l’ospedale di Pescia entri in rete con il San Jacopo di Pistoia. Spero che venga organizzata una buona Casa della Salute, spero che l’assistenza territoriale venga finalmente messa in piedi, spero che le famiglie con disabili o con malati gravi siano realmente e concretamente prese in carico, spero che si riveda il sistema di assistenza sanitaria all’infanzia che così non funziona, spero, spero, spero…
Quello che vedo e leggo dalla stampa per il momento è diminuzione di posti letto, liste di attesa, mancanza di personale, medici sotto pressione che attraverso l’Intersindacale medica preannunciano proteste eclatanti, le operatrici della cooperativa che si occupa delle pulizie dell’ospedale San Jacopo che protestano perché sono in cassa integrazione e non hanno abbastanza tempo per sanificare ambulatori, sala d’aspetto e ingresso dell’ospedale. La mensa dell’ospedale di San Marcello chiusa. La gestione dei servizi ausiliari, dalla cucina, alle pulizie, alla manutenzione degli impianti e delle attrezzature mediche, comprese le sale operatorie data alla ditta costruttrice dell’ospedale per 20 anni a costi sembra per niente convenienti.
Quello che mi preoccupa di più è il continuo tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto senza voler affrontare apertamente i problemi, perché un tale atteggiamento, soprattutto quando si parla di sanità pubblica, non solo è poco trasparente, ma può essere pericoloso.
Vorrei che il mio futuro sindaco avesse la forza e la volontà di contrastare questo modo di far politica. Nei fatti e con gli atti.
[*] – Lettrice
Brava Eva,
hai fatto un’analisi chiara e compentente sulle proposte del Cavaliere Oreste Giurlani. Sei una persona di degno rispetto e da stimare, è evidente quanto ti stanno a cuore i diritti dei pesciatini che sono i diritti di tutti noi (io sono pesciatina da poco ma ho avuto modo di vedere e sentire e di leggere).
Cari pesciatini siate fieri di avere fra di voi una persona così. E svegliatevi! Andate a votare il candidato giusto. Quello che non promette perchè sa di non poterlo fare ma che ha buone idee, magari poche ma vere e soprattutto nell’interesse di noi cittadini.
Barbara