PESCIA. In risposta all’articolo in data del 13/02/2015 su La Nazione.
Occorre a nostro avviso precisare cosa significa diritto all’immagine, facendo precisi riferimenti normativi e dottrinali. Nell’ordinamento italiano il diritto all’immagine rappresenta una delle espressioni del diritto alla riservatezza, che garantisce ad ogni individuo uno spazio di riserbo relativamente a tutte quelle caratteristiche della
propria personalità che non intende divulgare a terzi. All’art. 10 del codice civile e alla legge sul diritto d’autore va oggi affiancato il d.lg. 30 giugno 2003, n. 196 (c.d. Codice della privacy).
La legge si premura di individuare ipotesi all’interno delle quali, anche senza il consenso dell’avente diritto, la diffusione dell’immagine altrui, risulti comunque legittima per ragioni di interesse pubblico.
Così, ad esempio, lecita la divulgazione dell’immagine di un soggetto pubblico. Qui non è sufficiente la notorietà dell’effigiato, al fine di permettere la diffusione della sua immagine ma, a tale caratteristica soggettiva deve necessariamente aggiungersi quella oggettiva del perseguimento di un interesse pubblico.
A questo punto e dopo tali precisazioni tecniche, i Consiglieri Morini e Varanini si stupiscono di come la democrazia sia considerata un optional quando va a ledere, o meglio rende trasparente, le distorsioni di attività amministrative pubbliche.
Ci pregiamo di ricordare alla Giunta Pd, che, fortunatamente, ancora non ci troviamo in un regime coreano e che i Consiglieri, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno l’obbligo di informare la cittadinanza.
Le sottili intimidazioni, che ci sembra di leggere fra le righe dell’articolo apparso sulla Nazione in data 13 febbraio 2015, ci lasciano perplessi e rinforzano i nostri dubbi sul modus agendi della cosa pubblica.
[comunicato percorso comune pescia]