PISTOIA. 25 giugno 1995-25 giugno 2015. Sono passati vent’anni. Già, sono volati 20 anni da quel Pistoiese – Fiorenzuola, finale dei playoff di serie C allo stadio Renato Dall’Ara di Bologna, da quel tripudio arancione per la B ritrovata dopo addirittura un fallimento sportivo. C’era entusiasmo alla vigilia di quella stagione, nata con Roberto Maltinti presidente – e che presidente trascinatore! – e Roberto Clagluna allenatore. Oggi tutti ne parlano e scrivono, specie chi non c’era – come sempre accade in Italia –, tutti sanno tutto (o credono di saperlo, immaginandoselo). Ognuno dei presenti a quell’ultimo atto di C, invece, il ricordo se lo porta nel cuore: indelebile.
E se ne parla, lo fa con dolcezza, con quella dolcezza delle memorie migliori, quelle che non ti abbandoneranno neppure dopo la vita, dove andremo non è dato sapere ma la memoria no, non la perderemo. Non quei frammenti, almeno. Era un caldo infernale, quella domenica: e pure si giocava alle 17.30 a Bologna, e quindi – teoricamente – in un orario migliore per i calciatori (e di conseguenza per gli operatori dei mass media e gli spettatori). La contemporaneità di una manifestazione di nuoto, aveva fatto spostare il calcio d’inizio. All’epoca, ero seconda voce delle telecronache di calcio, per Tvl Pistoia. Opinionista, che si divertiva un mondo a riportare tutto all’ordine. Il telecronista era Giancarlo Innocenti e il nome già dice molto: aveva un modo tutto suo di raccontare la partita, tra un “va per le terre” e un “fuori laterale”, una narrazione naif fra “la palla finisce nel canneto” o laddove “fa rosa” e via discorrendo, tant’è che si potrebbe scriverne un libro. Di invenzioni letterarie, per dirne bene.
Giancarlo era (adesso non so) un tipo leggermente apprensivo: aveva sempre paura di non arrivare in tempo agli appuntamenti. Per questo, per giungere in orario, alle 17.30, ergo un’oretta, un’oretta e mezza prima per preparare a puntino il servizio, aveva stabilito di partire alle 10 del mattino. Sì, alle 10, avete letto bene. Ora tutti sanno che tra Pistoia e Bologna, anche passando per la Porrettana, il tempo di percorrenza è un’ora, massimo un’ora e dieci se si trova traffico. Fatto sta che alle 11 eravamo già a Casalecchio, intenti a trovare un gestore di ristorante di buon cuore, che facesse cucinare per noi a quell’ora. Mangiammo in fretta e furia (perché?) e poi, invece, di recarci a fare un giro per la Dotta, città bellissima e accogliente, subito allo stadio, blindato blindatissimo. Eravamo in anticipo di 5 ore, 5 ore e mezza sull’evento.
Come ingannare il tempo? Con chiacchiere inutili e un marchingegno in voga all’epoca, un calcola pressione arteriosa. Non vi svelo massima e minima del signor Innocenti, per questioni di privacy. Certo è, che voleva essere il primo, dopo i giocatori, a entrare allo stadio. Riuscì nell’impresa, tanto che dalla piccionaia della tribuna, dov’eravamo stati relegati per la telecronaca, chiamò come un invasato Andrea Bellini, il capitano, uno dei primissimi a entrare sul terreno da gioco ore prima, per saggiarlo. Ecco, questo per lui era il must: farsi vedere, farsi riconoscere. Quel che accadde dopo è un fumetto.
Da una partita messasi subito male per l’espulsione di Gutili, dal Pagotto paratutto a un Fiorenzuola che stava disputando “la partita della vita” (e col senno di poi avrebbe meritato quella promozione, più di noi, almeno in quella gara. Per la stagione complessiva, regolare e playoff, la Pistoiese si era strameritata il ruolo di vice dello strepitoso Bologna) a una sofferenza indicibile, passando per tempi regolamentari e supplementari. Emozioni su emozioni: da infarto. Poi quei rigori, che il nostro, nella concitazione del momento, ribattezzò “tiri dalla bandierina” (e io pensai davvero a come fosse arduo segnare tirando dal corner: l’avevo visto fare solo a Vito Chimenti, in un allenamento, ai tempi della A).
Infine, Andrea Bottazzi sul dischetto e a me che viene naturale, si direbbe oggi, “gufarlo”: “è un mancino… è nervoso…” o qualcosa di simile. L’errore, l’esplosione di gioia. Il trionfo. Il Clag lanciato in aria dai suoi uomini. I tifosi della Pistoiese felici. Le lacrime, la voce rotta dalla commozione. I battiti accelerati del cuore. Ebbene che cosa successe a quel punto? Che eravamo già attorno alle 20, 20.15 e che il “mitico” volle che intervistassimo tutti (se patron Egidio avesse dovuto pagare gli straordinari, sarebbe andato in rovina). Ricordo che fummo gli ultimi a uscire dallo stadio, per la contentezza, immensa, degli addetti allo stadio felsineo. Rientrammo a Pistoia a mezzanotte e oltre. Un giro per le piazze cittadine… pur sapendo che il lunedì pomeriggio avremmo fatto 5 ore consecutive di diretta televisiva. Per far sentire la voce di tutti. Roba da matti. Pazzi d’arancione, sì.