A PROPOSITO DI MULINI IDRAULICI E BOTTACCI

La copertina del libro
La copertina del libro

PISTOIA. Il libro di Rolando Nesti, Osservazioni sui molini ad acqua situati nei territori di Piteglio, Prattaccio e Prunetta, costituisce una delle più preziose testimonianze della storia tecnologica del territorio montano pistoiese.

Raccoglie infatti la descrizione dei mezzi di produzione della filiera alimentare, che ha rappresentato per secoli la principale attività economica di tante popolazioni racchiuse nella forzata autonomia zonale delle valli: i mulini idraulici.

Il volume, disponibile, oltre che nelle biblioteche cittadine, anche all’edicola cartolibreria Mugnai di Piazza San Francesco, raccoglie dei disegni illustrativi, tracciati a mano libera, perfettamente esplicativi dei componenti e dei congegni del mulino.

Quest’ultimo è costituito sostanzialmente da quattro sezioni funzionali distinte: l’impianto idrico, con le opere di presa dal torrente, la gora ed il bottaccio; l’impianto meccanico, cioè la ruota idraulica ad asse verticale – chiamata ritrecine –  che trasformava l’energia cinetica dell’acqua in moto rotatorio da trasmettere alla macina soprastante; l’impianto di macinazione con tutti gli accessori per la regolazione e dosatura ed infine la struttura edilizia, con la tipica divisione tra piano inferiore  – che ospitava il ritrecine ed il getto d’acqua –  e il superiore, dove trovava alloggio l’apparato di macinazione.

Abbiamo parlato già altre volte dei mulini ad acqua e dei bottacci: in particolare in riferimento alle gore pistoiesi, che nel contesto cittadino assolvevano a due funzioni distinte, quella irrigua per i tanti orti monastici all’interno delle mura e quella energetica come forza motrice per l’azionamento di molini prima ed opifici poi (a partire soprattutto dalle riforme leopoldine).

Disegno di uno schema di molino
Disegno di uno schema di molino

Non a caso abbiamo raccontato della gloriosa storia di via del Bottaccio e del bottaccio eponimo che raccoglieva le gore di Gora e di Scornio, quest’ultima dopo aver attraversato l’orto monastico di San Bartolomeo sul retro della chiesa.

Dai documenti dell’Archivio di Stato risulta (vedi) che fino al 1962 il bottaccio in questione era attivo e asservito ad un’officina meccanica, erogando una portata di quasi mezzo metro cubo (sic!), cosa quasi incredibile, ma comunque sempre meno sorprendente del fatto che il dislivello tra ruota e bottaccio doveva raggiungere, per le leggi della meccanica, un valore trai 3,5 ed i 4 metri. Sì, proprio nell’area tra l’ex campino di San Bartolomeo e via del Bottaccio!

Prossimamente, parlando dell’andamento della Goricina di Candeglia in campagna, riporteremo le immagini del mulino da grano di Mario Ghelardini, che è stato l’ultimo mugnaio cittadino e che ha continuato a produrre, fino allo scorso anno, la farina esattamente come per secoli si produceva.

Ne è rimasta una debole memoria in un progetto didattico  – coordinato da Andrea Ottanelli –  di qualche anno fa della scuola elementare Galileo Galilei, che in una mini pubblicazione, Dal chicco al pane … attraverso il mulino (vedi qui), ha condensato su carta le impressioni e le ricerche sul campo dei ragazzi.

Altro disegno con la ruota del ritrecine
Altro disegno con la ruota del ritrecine

La grande amarezza è che né l’amministrazione comunale, né altre figure, istituzioni o enti della cultura ufficiale cittadina abbiano mai pensato e proposto di inserire il mulino funzionante e azionato dalla gora di Candeglia all’interno della rete ecomuseale o comunque in un meccanismo di tutela e valorizzazione, per conservare appunto il forte significato sociale e la memoria storica di ciò che siamo stati.

Adesso il mulino in questione non è più attivo e probabilmente, in mancanza di un formale interesse istituzionale, subirà un’indegna dismissione nel silenzio e nell’oblio. Nel Comune di Pistoia si ammira invece il molino di Giamba, a Orsigna, inserito nell’ecomuseo della montagna pistoiese e perfetta testimonianza di quella civiltà del castagno su cui molta letteratura, ancorché poco nota, è stata prodotta.

Due particolari contributi, di Rolando Nesti e Franco Silvestri meritano di essere ricordati: Là dove finisce il pane. Il castagno da frutto sulla montagna pistoiese. Usi, luoghi e tradizioni e La civiltà del castagno nella montagna pistoiese. Basti solo considerare che da un rilevamento effettuato sotto il governo napoleonico nel 1812 risulta che nell’allora Comune di Piteglio esistevano 1.400 ettari di castagneto che permettevano una produzione annua di 5600 ettolitri (560 metri cubi!) di farina.

Calcolo della potenza di un molino
Calcolo della potenza di un molino

In ogni caso la pubblicazione sui mulini di Rolando Nesti passa in rassegna, con una restituzione visiva eccellente, tutti i componenti funzionali, indipendentemente dalla materia prima caricata nella tramoggia: segale, orzo, grano, granoturco o castagne.

La distanza tra le macine determinava la finezza del macinato e si poteva regolare con appositi congegni; un dispositivo avvisatore segnalava, grazie ad un sapiente congegno acustico automatico – eppure chi l’avrebbe mai immaginata tanta “modernità” per un mezzo che oggi riteniamo primitivo? –  lo svuotamento della tramoggia e la necessità di ricaricarla di grani per evitare lo sfregamento delle macine.

La formula del calcolo della potenza fornita dal ritrecine, con schema del bottaccio e della tromba, permette poi di comparare con una semplice calcolatrice le prestazioni dei vari mulini a partire dai differenti dislivelli o salti H tra livello del pelo libero nel bottaccio e ruota.

Ricordiamo infine che una tromba di bottaccio, il condotto inclinato a forma tronco-conica di adduzione dell’acqua dal bottaccio al ritrecine, è ancora oggi osservabile in via Gora e Barbatole, a ridosso dell’ex bottaccio della struttura che oggi ospita l’asilo nido e di cui già abbiamo pubblicato delle immagini (negli allegati qui presenti).

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