A VOLTE, PER FORTUNA, RITORNANO

Carlos Santana
Carlos Santana

PISTOIA. Una delle sue più grandi fortune è di essere un indio. Lo si capì da subito, da quando iniziò a suonare, che Carlos Santana fosse un meticcio, un sanguemisto, un musicista senza fissa dimora.

Perché da sempre, anche prima di incidere Supernatural, nel 1999 – l’album che lo consacrò su tutto il pianeta dopo un periodo non proprio fulgido –, la sua musica è sempre stata un crocevia di culture, suoni, esperienze. E domani sera, 21 luglio, ventiquattrore dopo i festeggiamenti per il suo 68esimo compleanno, il chitarrista che la rivista specializzata Rolling Stone ha piazzato al 20° posto tra tutti i suonatori di sei corde ne darà, al pubblico di Pistoia, il terzo esempio.

Con il concerto dell’artista messicano, naturalizzato statunitense in giovanissima età, il 36esimo Festival di Pistoia entra nell’ultimo strappo, che è poi quello spettacolarmente più atteso, con le ultime due rappresentazioni in programma: domani Carlos Santana, appunto e Sting, venerdì 24 luglio, nono e ultimo show in programma.

E non ce ne vogliano, per questa affermazione, le quasi diecimila donzelle che si sono accalcate in piazza, il 1° luglio, alla prima serata del Festival con i Mumford & Sons; né i rocchettari, puri e duri, seguaci dei Darkness, che hanno dato un bel colpo d’occhio all’anfiteatro pistoiese nella prima delle due serate dedicate all’haevy.

Carlos Santana, anche prima della conversione alla meditazione scaturita dall’essere uno dei seguaci più accorti e convinti della Mahavishnu Orchestra, la band di uno dei suoi modelli, John McLaughlin, frequentazione che gli valse l’appellativo Devadip (lanterna e occhio di Dio), è veramente un musicista universale, che seppe non farsi sedurre dal successo iniziale raccolto con la sua omonima band nei paraggi dell’hard rock, ma volle e seppe sperimentare tutta un serie di frontiere sonore che da Woodstock in poi gli condizionarono l’esistenza artistica.

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