PISTOIA. Sarebbe molto interessante sapere di più sui migranti clandestini che annualmente vengono accolti in Italia e parcheggiati nei vari Comuni sul territorio nazionale, tra cui quello pistoiese.
Per fare ciò è necessario porre domande alle associazioni e alle cooperative che si rendono disponibili all’accoglienza. Non senza incontrare resistenza, Linee Future ha portato a termine la missione, come ci era stato chiesto.
La Cooperativa “Arkè” è la responsabile dell’accoglienza dei clandestini residenti all’hotel Arcobaleno a Sammommè. La prima curiosità, difatti, ha riguardato la protesta che i migranti hanno inscenato qualche tempo fa davanti alla prefettura di Pistoia lamentando scarsa qualità del cibo, dell’acqua e della connessione wi-fi. Ebbene, prestate attenzione, si trattava si qualche susina marcia all’interno della cassetta della frutta e del sapore di cloro che aveva l’acqua. Tutte catastrofi che colpiscono anche noi autoctoni. Il pocket money di Renzi, però, noi non ce lo abbiamo.
La parte importante riguarda l’assenza di documenti e l’impiego dei clandestini in attività almeno produttive di qualcosa. Giulia Anichini ci dice che, per quanto riguarda il primo aspetto, la questione è spinosa: i signori si presentarono senza documenti (per questo si chiamano clandestini: il razzismo non c’entra affatto), dunque non è semplice risalire alla loro identità reale. Mentre per quanto riguarda le attività in cui vengono impiegati ci è stato detto che partecipano a un corso di italiano e a un altro di giardinaggio.
Ma per il futuro? La buona volontà si nota: ma con quale fine, con quale progetto?
Della cooperativa “Gli Altri” già avevamo parlato, benché sotto un altro aspetto. Anch’essa si prodiga nell’accoglienza dei clandestini, termine non troppo apprezzato da Roberto Niccolai, uno dei responsabili dell’area interculturale.
Lui ci rende edotti del fatto che “Gli Altri” ha adottato un modello di secondo livello per l’accoglienza dei migranti clandestini, basato sul mantenimento di questi ultimi in appartamenti dove essi devono organizzarsi da soli per fare la spesa e per mettere insieme il pranzo con la cena.
Giustamente, ci ricorda il signor Niccolai, in questo modo loro sono responsabili per ciò che fanno e vengono annullati i rischi di eventuali e sciocche proteste. Il problema, come è noto, riguarda il numero crescente degli arrivi e la scarsa quantità di commissioni che devono accettare la richiesta di protezione internazionale.
Chi sbarca rimane sempre più tempo sul suolo italiano, senza per altro un progetto di inglobamento nella società, anche e soprattutto per il loro status di clandestini e le eventuali qualifiche scolastiche che qui, ovviamente, non vengono loro riconosciute.
Don Biancalani, invece, ci risponde col tono affabile e gioviale tipico degli uomini di chiesa, quelli che ripongono in Dio molta fiducia e dunque non conoscono il solito pessimismo che caratterizza il nostro mondo profano.
L’associazione “Virgilio-Città Futura” è stata riadattata per effettuare l’accoglienza, e agiscono al suo interno le parrocchie di Vicofaro (sei ospitati), di Ramini (nove) e di Marliana (otto).
Il motivo che spinge i parroci ad accogliere queste persone è di valore ovviamente ideale, credendo che potranno un giorno inserire gli accolti nel tessuto sociale italiano. Il progetto orto biologico a Ramini è un tentativo per arrivare a tal fine. Apprezzabile, ma sufficiente?
Come negli altri casi, dei trentacinque euro al giorno stanziati dallo Stato per ogni migrante, due e cinquanta sono nella disponibilità di ognuno dei migranti.
Don Biancalani ci assicura che eventuali proventi o rimanenze verranno investiti per progetti di questo genere. E non da poco è la presenza di quattro musulmani sui sei accolti, che, a detta del parroco, non hanno problemi con gli autoctoni in quanto la convivenza tra islamici e cristiani non incontra difficoltà. Sull’altra sponda del Mediterraneo potrebbero dirci il contrario, ma non abbiamo voglia di riparlare delle Crociate.
Altre associazioni e cooperative ci hanno dato un due di picche. Meritano di esser menzionate. Vedi la cooperativa “Mille Servizi”, che addirittura non dà segnali di vita nonostante il telefono squilli regolarmente; o la “Pantagruel” che, di giorno in giorno, ha rimandato il nostro appuntamento telefonico dichiarando, alla fine, che si faranno vivi loro. Resta il consorzio “Opere di misericordia”, che non riesce ad andare oltre la canzone che ti propinano durante l’attesa al telefono.
Un aspetto finale. È una tautologia parlare di “accoglienza dei richiedenti di protezione internazionale”, e come tale è perfettamente inutile.
È ovvio che chi arriva qui illegalmente richieda tale accoglienza per poter usufruire di tutti i benefici connessi; ed è altrettanto ovvio che chiunque debba essere qualificato per ciò che è nel presente: quando sbarcano sulle nostre coste senza documenti, non devono essere qualificati come clandestini?
[Lorenzo Zuppini]
Non entro, almeno per adesso, nella diatriba clandestino-non clandestino, ritenendo comunque che il più delle volte la discussione su questo aspetto sia abbastanza marginale e tale da farci perdere di vista aspetti ben più sostanziali, gravi e dolorosi legati a tutti coloro che si sobbarcano comunque rischi enormi prima di arrivare da noi.
Do comunque atto volentieri a Lorenzo Zuppini di essere andato avanti con il suo excursus e di avere affrontato il problema migranti interpellando anche le cooperative.
Fermo restando i dubbi e le perplessità su alcune delle risposte (o non risposte) raccolte.
Piero Giovannelli