ACQUA TOSCANA: PIONIERI O REDUCI DI POLITICHE FALLIMENTARI?

Alessandro Mazzei, Emilio Bonifazi e Anna Rita Bramerini
Alessandro Mazzei, Emilio Bonifazi e Anna Rita Bramerini

FIRENZE. «Bisogna che la comunità scientifica si metta d’accordo e supporti la pubblica amministrazione nella programmazione degli interventi» ha affermato l’assessore regionale all’ambiente Anna Rita Bramerini, in maniera piuttosto politesca, per usare un neologismo formato da politichese e pilatesco, intendendo con quest’ultimo termine il pragmatismo cinico del lavarsi le mani e dello scaricare il barile tipico della pubblica amministrazione italiana.

Gli organizzatori della mobilitazione “No amianto Publiacqua”, spinn off del Forum toscano dell’acqua, per sollecitare soluzioni al problema, avevano infatti richiamato, oltre al principio di precauzione, pareri e studi scientifici sulla pericolosità per la salute pubblica delle tubazioni in cemento amianto del servizio idrico che porta l’acqua potabile nelle case. In Toscana su 32mila e rotti km di tubazioni quasi 2mila sono realizzati con il materiale in grado di rilasciare le fibre pericolose per il sistema gastrointestinale.

La risoluzione 3/2013 del Parlamento Europeo, al punto 37 esplicita la necessità di inserire i tumori all’apparato digerente tra le malattie dovute a criticità ambientali: vedi qui. Il direttore ed il presidente dell’Autorità idrica toscana, A.I.T., Alessandro Mazzei ed Emilio Bonifazi (il sindaco di Grosseto che si è prestato a subentrare alla carica spettante de iure al sindaco di Livorno Filippo Nogarin), hanno voluto chiarire che il pericolo non deve essere sottovalutato ma anche che l’eccessivo allarmismo è prematuro. Hanno anche indirettamente lanciato una campagna sulla soppressione delle istituzioni europee, accusandole appunto di contraddittorietà e di poca incisività: se il parlamento europeo intendeva davvero legiferare sulle tubazioni in amianto avrebbe dovuto accelerare su una direttiva sulla potabilità delle acque da far tradurre agli stati membri.

Bonifazi e Mazzei hanno poi rivendicato il ruolo pioniere dell’Ait e della Regione Toscana che a gennaio faranno partire un programma di campionamento e monitoraggio in 400 punti interessati da serbatoi o tubazioni in amianto. L’elemento di rilievo è che la metodologia di misurazione sarà unica e stabilita dall’Istituto Superiore della Sanità: fino ad oggi, infatti, non esistono in Italia linee guida o parametri di riferimento per le misure delle fibre d’amianto disciolte in acqua. L’E.P.A., l’agenzia di protezione dell’ambiente americana, fissa un valore limite di 7 milioni di fibre per litro mentre, ma ancora la notizia è ufficiosa, in Italia verrà stabilito il valore di un milione di fibre per litro. Tuttavia, ma la questione, non emersa in conferenza stampa, emergerà prossimamente da altri ambienti, il problema è che le misure americane prevedono il bombardamento e conseguente frammentazione delle fibre per renderne omogenea la densità nelle acque. In quest’ottica i valori delle tubazioni toscane monitorate da Arpat negli anni passati, valori massimi di circa 30 mila fibre per litro, non dovrebbero far dormire alla popolazione sonni troppo tranquilli …

Beviamo acqua che passa da qui...?
Beviamo acqua che passa da qui…?

Mazzei e Bonifazi hanno comunque più o meno direttamente riconosciuto l’assurdità dei precedenti piani d’investimento di alcune aziende del servizio idrico, in particolare di Publiacqua, dimostrando così la ragionevolezza delle ripetute denunce provenienti da più ambiti in merito all’esosità (se non proprio idiozia) di certe voci di costo, basti rileggere qui1, qui2 e qui3. In presenza di ingenti perdite dell’infrastruttura idrica, nonché della comunque non rassicurante presenza d’amianto – hanno convenuto – le risorse non possono perdersi in arredamenti, automobili o costosissimi sistemi informativi: l’Ait garantirà perciò anche la serietà dei piani d’ambito delle sette aziende idriche toscane.

In chiusura si è dibattuto del servizio idrico in generale ed il presidente Bonifazi, per smorzare i toni, ha ricordato che quando si parla di investimenti i due terzi dei finanziamenti servono per l’adeguamento fognario e che quindi il tema della ripubblicizzazione deve tener conto dell’esigenza di “ripubblicizzare anche la cacca”. L’assessore Bramerini ha invece puntualizzato, cosa che ha scritto anche ai comitati, che la Regione Toscana non ha titolo per intervenire nelle scelte (manifestamente fallimentari, come quelle di Publiacqua e Gaia ad esempio) aziendali delle utility, né in termini di controllo né di indirizzo: ma allora le Regioni a che servono, se non possono occuparsi delle infrastrutture e dei servizi essenziali?

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